Autore: Clara Geraci

Sudan, calamità umanitaria ormai sparita dai radar internazionali

Sono ormai oltre 200 i giorni di sangue nel Sudan che non fa più notizia. Mentre altri, altrettanto drammatici teatri di guerra s’impongono al centro dell’attenzione mediatica (e quindi politica) globale, nel cuore del continente africano “una catastrofica crisi dei diritti umani” va in scena a riflettori spenti. Almeno 10 mila morti e quella che per Unicef è la più grave crisi di sfollamento infantile del Pianeta sono il risultato di sette mesi di un conflitto brutale che si combatte senza quartiere e senza regole. Nel Darfur, a vent’anni dal genocidio, infuria la violenza etnica. L’UNHCR: “il mondo deve prestare attenzione”.

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Il “miracolo Ruanda” sarebbe frutto della repressione del dissenso

Human Rights Watch accusa il Ruanda a guida Kagame e Fronte patriottico ruandese di dare la caccia alle voci dissenzienti anche oltre confine. Proteggere l’immagine internazionale del Paese varrebbe ogni abuso. Omicidi, rapimenti, sparizioni forzate, aggressioni. I parenti rimasti in patria che diventano bersaglio per silenziare gli altri fuori dal Paese. E la manipolazione dell’Interpol per ottenere arresti ed estradizioni dei dissidenti, reali o presunti. L’indagine “Unisciti a noi o muori” raccoglie 150 testimonianze dal mondo e dichiara il fallimento di comunità internazionale e Nazioni Unite: è inaccettabile che restino ancora a guardare.

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Haiti, quel lontano miraggio della sicurezza e di una vita normale

La Terra delle alte montagne si sgretola. La perla dei Caraibi è devastata da un rincorrersi di crisi che pare inarrestabile, e per la popolazione, ostaggio a un tempo delle bande armate e di uno Stato fallito, ogni diritto fondamentale non sembra ormai più che un’idea. Fame, colera, disastri naturali. La democrazia in bilico, sempre più sangue che scorre per le strade, e centinaia di migliaia di sfollati. Appena a un passo dalla catastrofe. Ne abbiamo parlato con la direttrice esecutiva di Fondasyon Je Klere, Marie Yolène Gilles. E con il direttore del Centre d’analyse et de recherche en droits de l’homme, Gèdèon Jean.

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Bambini in guerra, abusi oltre ogni limite su minori usati in conflitti

L’Onu non aveva mai registrato tante gravi violazioni contro i minori nei conflitti armati di tutto il mondo in un solo anno come nel 2022. Sono stati uccisi, mutilati, arruolati, rapiti, stuprati, arrestati. Le loro scuole e gli ospedali in cui cercavano cure sono stati bombardati, gli è stato persino negato l’accesso umanitario. RD Congo, Somalia, Israele e Palestina sono ancora i peggiori inferni per i bambini. Per la prima volta nella “lista della vergogna” del Segretario generale entra la Russia; il grande assente, di nuovo e nonostante le numerose gravi violazioni verificate, è Israele.

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Stupro nei conflitti, le donne come territorio nemico da assediare

La violenza sessuale è ancora usata come arma, strategica e devastante, nelle guerre moderne. Sono milioni le vittime, ignorate dalle comunità, dai media, dalla giustizia. In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti, di questo che tra i crimini di guerra e contro l’umanità è il più ignobile e nascosto abbiamo parlato con Desanges Kabuo, che ne è sopravvissuta e oggi coordina la sezione provinciale del Mouvement national des survivantes en RDCongo nel Sud Kivu ed è assistente psicosociale per la Fondazione Panzi a Minova.

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Spose bambine, sono 640 milioni al mondo. Milioni di vite bruciate

Secondo l’ultimo rapporto Unicef questo è il numero di casi totali nel mondo, di cui quasi la metà in Asia Meridionale. In Africa Sub-sahariana preoccupano le prospettive per il prossimo futuro. Il matrimonio infantile è una piaga sociale e di genere che continua a infettarsi. Ed è un affare globale, capace di impattare il benessere di Paesi e popolazioni intere, generazioni a venire comprese. Mentre si avvicina il 2030 che avrebbe dovuto segnarne la fine, conflitti, shock climatici e pandemia rischiano di vanificare i progressi – irregolari, spesso iniqui, ma comunque significativi – degli ultimi 25 anni. Al ritmo attuale, siamo lontani tre secoli dal traguardo zero. Ma dal raggiungimento di questo obiettivo passa la garanzia di ogni diritto femminile in ogni parte del mondo.

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Difensori dei diritti umani, la tenacia che supera il rischio e la paura

Promuovono e proteggono diritti e libertà. E per questo, in ogni angolo del mondo, sono uccisi, aggrediti, minacciati, molestati online. Ma anche – peggio – criminalizzati, sorvegliati, silenziati sempre più spesso dalle istituzioni, comprese quelle democratiche. Nessuno di loro, però, arretra di un passo. La X° edizione della Global Analysis firmata Front Line Defenders è l’istantanea di una caccia all’uomo che nulla può di fronte alla necessaria lotta pacifica per un mondo più giusto. Facciamo il punto con Sarah de Roure, Head of Protection di FLD, e conosciamo i difensori Yirley Velasco per la Colombia e Josuè Aruna per la Repubblica Democratica del Congo.

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Ciclo globale dell’acqua fuori equilibrio, è a rischio la vita umana

La Giornata internazionale dell’acqua compie trent’anni, e non c’è niente da festeggiare. Cambiamento climatico e sfruttamento incontrollato trainano una crisi idrica globale. Già un quarto della popolazione di questo Pianeta non ha accesso ad acqua pulita e sicura, ogni 80 secondi muore un bambino sotto i cinque anni per malattie causate dall’acqua inquinata, e i disastri climatici legati all’acqua si fanno più devastanti ogni anno che passa. E per la fine del decennio toccherà quota 40% lo scarto tra la domanda e la disponibilità dell’oro blu. È tempo di ripensare la gestione dell’acqua come bene comune dell’umanità.

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Yanomami, quel genocidio organizzato per l’oro dell’Amazzonia

Il mercato illegale del minerale prezioso ha un impatto devastante sulla foresta pluviale più grande e biodiversa del pianeta e le popolazioni (umane e non) che la abitano. In Brasile, l’invasione della terra indigena yanomami da parte di 20 mila garimpeiros, spesso al soldo dei narcos, ha provocato un’enorme crisi ambientale, sanitaria e sociale. Sull’ex presidente Bolsonaro ora pesa l’accusa di sterminio. I leader indigeni e gli attivisti denunciavano da anni la catastrofe, inascoltati. Ne abbiamo parlato con Alice Farano di Survival International e Padre Corrado Dalmonego, antropologo e missionario della Consolata a Boa Vista.

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Pena di morte, un’altalena di recrudescenza e timidi passi avanti

Non si fermano le impiccagioni dei dissidenti nella terra degli ayatollah, che da 43 anni segna il più alto tasso di esecuzioni pro capite al mondo. Intanto, il boia ha molto da fare anche altrove. Dalla Cina agli Usa, dall’Arabia Saudita al Giappone. Nel 2021 almeno 2052 sentenze di morte in 55 Stati e 579 esecuzioni in 18 Paesi. Non è andata meglio nel 2022. Seppur spaventosamente prolifica, quella dei Paesi che conservano la pena capitale resta una minoranza a fronte degli oltre due terzi del mondo ormai abolizionisti. Ne abbiamo parlato con Emanuele Russo, presidente di Amnesty International Italia.

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