Il 24 giugno 2023, con il motto “Ponosno Zajedno” “Fieri insieme”, a Sarajevo si aprirà il quarto Pride della Bosnia ed Erzegovina. Il Paese è tra gli ultimi ad aver organizzato eventi a favore della comunità LGBTQIA+. La situazione interna è ancora caratterizzata da forti discriminazioni. Le autorità locali e la politica sono spesso inadempienti di fronte ai casi di violenza verbale e alle aggressioni. Tuttavia, da diversi anni una nuova generazione di attivisti e professionisti guida il cambiamento nel Paese, portando avanti i diritti della comunità LGBTQIA+ bosniaca.
L’impianto legislativo bosniaco comprende strumenti di tutela contro le discriminazioni di genere e orientamento sessuale come la “Legge Sulla Proibizione della Discriminazione” del 2009 e l’ articolo 2 della Costituzione. Inoltre, sia il codice penale della Federazione di Bosnia ed Erzegovina (Federacija Bosne i Hercegovine), che quello della Repubblica Serba (Republika Srpska) comprendono al loro interno i reati legati alla discriminazione di genere e identità sessuale. La realtà quotidiana restituisce un’immagine caratterizzata da inadempienza e mancanza di dialogo delle istituzioni con la comunità LGBTQIA+.
I dati raccolti nel Pink Report redatto dal Sarajevo Open Center (Sarajevski Otvoreni Centar) mostrano una totale discrepanza tra le leggi e la loro applicazione in Bosnia ed Erzegovina. I discorsi d’odio restano sistematicamente impuniti dalle autorità federali e cantonali. In più, i fatti relativi all’aggressione di un gruppo di giovani attivisti avvenuta Banja Luka il 16 marzo, hanno mostrato la connivenza tra politica locale e organizzazioni criminali nella persecuzione delle persone LGBTQIA+.
Ciò si ripercuote anche sulla percezione della comunità LGBTQIA+ riguardo alla propria sicurezza all’interno della società. In un sondaggio condotto dal SOC, circa il 42% degli intervistati ha dichiarato di nascondere il proprio orientamento sessuale. Il 40 % di loro ha affermato di temere per la propria sicurezza sul posto di lavoro. La stragrande maggioranza dei partecipanti ha dichiarato di non ritenere il personale scolastico nazionale adeguatamente formato e sensibilizzato. Questo dato è in linea con la ridotta apertura degli organi pubblici nei confronti della comunità.
Per ricostruire il quadro attuale, Voci Globali ha raccolto la testimonianza di Ena, attivista e membra del consiglio direttivo di BH Povorka Ponosa. La sigla raccoglie attivisti e cittadini, che dal 2019 organizzano la marcia per il Pride a Sarajevo:
Abbiamo deciso di tenere BH Povorka Ponosa il più informale possibile dal punto di vista legale, poiché vogliamo mantenere il carattere di protesta del Pride. Non siamo interessati ad un tono celebrativo, per noi è importante mandare un messaggio politico alla società e alle autorità.
Sarajevo è l’unica città in Bosnia ed Erzegovina ad organizzare il proprio Pride e siamo anche l’ultimo Paese dei Balcani ad averlo organizzato. Le difficoltà sono state notevoli all’inizio, abbiamo avuto come modello di riferimento soltanto le esperienze dei Paesi vicini e non avevamo la certezza di come le autorità e la società avrebbe reagito.
La comunità LGBTQIA+ affronta delle discriminazioni pesanti nella società, nonostante gli impegni assunti dalla Bosnia Erzegovina e dalle sue istituzioni:
Con il Pride abbiamo voluto dimostrare come prima cosa che la nostra comunità non è un un’influenza occidentale come spesso viene detto. Il SOC sta portando avanti un progetto che mira a ricostruire la storia della comunità LGBTQIA+ in Bosnia, in quanto esistiamo da sempre.
Attualmente, nonostante le disposizioni di legge, la comunità è oggetto di discriminazioni e abusi. Sebbene siano state vietate, le terapie di conversione sono ancora diffuse. Spesso sono eseguite da comunità religiose e possono essere effettuate anche da medici che le camuffano come trattamenti per false diagnosi di depressione o disturbi psichici. Inoltre, le persone transgender sono costrette ad effettuare la transizione fuori dal Paese poiché qui vengono negate anche le cure ormonali.
Prima del 2019 ci sono stati precedenti di violenza sulla comunità LGBTQIA+. Oggi la situazione è via di miglioramento, ma rimangono delle problematiche strutturali.
Nel 2008, il Sarajevo Q Fest è stato attaccato gruppi omofobi, oggi però la situazione è cambiata e gli attacchi fisici non sono comuni nella Federazione. Le aree rurali però sono molto più difficili a causa della forte ingerenza della religione nella politica locale. Nella Repubblica Serba la situazione è decisamente più complessa.
I fatti di Banja Luka ci hanno scosso profondamente e quello che più ci ha ferito è stato il disinteresse delle autorità. Non soltanto nel difendere i propri cittadini ma anche nel cercare di colpire i responsabili. Nei giorni precedenti all’attacco, sia il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik che il sindaco di Banja Luka Draško Stanivuković avevano creato un clima ostile nei nostri confronti. La polizia locale ha poi lasciato che gli hooligans avessero mano libera nell’aggredirci.
Sulle misure di sicurezza che caratterizzano la marcia a Sarajevo sottolinea:
Il Pride è stato per molti cittadini il primo incontro con la comunità LGBTQIA+ e la nostra preoccupazione primaria era quella di garantire la sicurezza. Le persone si aspettavano una situazione come quella di Belgrado dove sono assai frequenti attacchi al corteo e ai partecipanti. Nelle passate edizioni le forze di polizia hanno imposto condizioni di sicurezza stringenti e BH Povorka Ponosa paga un servizio di sicurezza privato per tutelarsi maggiormente. È alienante marciare nella città in cui sei nato, deserta e blindata dalla polizia, ma nonostante tutto non ci sono stati attacchi violenti.
Riguardo all’atteggiamento delle autorità emergono altri punti critici:
Ciò che ci riguarda da vicino ogni giorno è la violenza verbale e i discorsi di odio. Sui social media è particolarmente disturbante e angosciante. Le minacce sono costanti e personali. Spesso vengono rintracciati e condivisi dati sensibili delle vittime e il clima paura è costante.
BH Povorka Ponosa assieme al SOC si occupa di raccogliere tutte le minacce e di segnalare i profili degli autori alle autorità competenti. Purtroppo l’inefficienza del sistema giuridico bosniaco e la differenza di norme tra RS e FiBH (le due e entità costituenti della Bosnia) inficiano sull’istituzione di processi e indagini. Tra tutte le segnalazioni che abbiamo riportato nessuna ha avuto seguito in tribunale.
Le associazioni che si occupano di diritti umani e lotta alle discriminazioni trovano appoggio principalmente nel mondo della cooperazione internazionale. I rapporti con le forze politiche locali sono faticosi e inconsistenti:
La comunità internazionale si è dimostrata sempre estremamente disponibile nei confronti della nostra lotta. Abbiamo un rapporto molto stretto con l’Ombudsman. Ci hanno assistito dal punto di vista legale e materiale dopo i fatti di Banja Luka e abbiamo un dialogo costante. Ci aspettiamo di vedere personaggi della diplomazia e delle istituzioni europee il 24 giugno. Per noi sarebbe molto significativo ricevere di persona il sostegno della comunità degli alleati.
Con la politica locale la situazione è molto diversa. Abbiamo il sostegno di alcuni partiti progressisti e secolari come Naša Stranka e la comunicazione con le forze di polizia è migliorata molto negli ultimi due anni. Stiamo anche cercando di avere un dialogo con l’attuale sindaca di Sarajevo Benjamina Karić e saremmo lieti di accogliere personaggi provenienti dalle istituzioni e dalla politica. Purtroppo i partiti etnici e religiosi non condividono la nostra causa e la comunicazione con loro è limitata.
Le istituzioni bosniache sono ancora lontane dal garantire il pieno rispetto dei diritti umani dei propri cittadini, ma secondo BH Povorka Ponosa le nuove generazioni stanno procedendo nella direzione giusta:
È ancora troppo presto per parlare di progressi. La nostra lotta sta aprendo la strada per le generazioni future. Il cammino verso un futuro migliore è lungo ma siamo soddisfatti del lavoro che stiamo portando avanti e questo ci motiva a proseguire. Vogliamo cercare di organizzare iniziative e marce anche in altre città. A guidarci è l’idea che un domani anche la Bosnia possa essere uno spazio sicuro per tutti.
[Tutte le foto utilizzate nell’articolo sono concesse da BH Povorka Ponosa.]