[Traduzione a cura di Elena Intra dall’articolo originale di Kristina Hinz pubblicato su openDemocracy]
Oggi il Brasile è il Paese al primo posto nel mondo per morti da arma da fuoco e il quinto per omicidi di donne. In particolare, le donne nere sono spesso le vittime di questi omicidi: nel 2016 il 66% delle donne uccise con un’arma da fuoco era infatti di colore.
Mentre l’approccio militarizzato del Brasile alla sicurezza pubblica ha sistematicamente contribuito alla vittimizzazione di civili nelle operazioni armate, giustificandosi attraverso una retorica bellica del “o noi o loro” nella lotta al traffico di droga, l’amministrazione Bolsonaro ha introdotto diverse modifiche all’attuale politica nel settore della sicurezza che hanno il potenziale di portare i già allarmanti livelli di violenza contro le donne nere e gli abitanti delle favelas a nuovi record.
Queste misure si possono riassumere in due cambiamenti significativi alla legislazione attuale: la flessibilità dei requisiti legali per l’acquisto e il porto di armi da fuoco, attuati attraverso due decreti presidenziali, e l’alleggerimento delle pene per gli eccessi commessi dagli agenti di sicurezza, presentati nel contesto di un pacchetto di misure per la sicurezza pubblica e attualmente in lavorazione al Congresso brasiliano.
L’allentamento della legislazione sulle armi da fuoco è stato uno dei principali pilastri della retorica di Bolsonaro durante la sua campagna elettorale. Tra i primi atti di Jair Bolsonaro c’è stato il decreto presidenziale che ha stabilito che i cittadini adulti sono ora autorizzati ad acquisire fino a quattro armi da fuoco purché abbiano più di 25 anni, siano legalmente impiegati, non abbiano procedimenti penali in corso o siano stati condannati, abbiano una residenza fissa e una capacità tecnica e psicologica di usare l’arma.
Con il nuovo decreto introdotto il 7 maggio, non solo i requisiti per l’acquisizione, ma anche quelli per il porto d’armi, sono stati attenuati. Secondo il nuovo testo, non solo i collezionisti di armi, i tiratori sportivi e i cacciatori, ma anche avvocati, camionisti e politici eletti – dai consiglieri comunali al presidente stesso – sono esentati dal provare la necessità di trasportare un’arma e sono autorizzati a trasportarne una carica durante l’esercizio della loro professione.
Oltre ai cambiamenti nella legislazione sulle armi, il ministro della Giustizia, Sérgio Moro, a febbraio ha presentato un pacchetto di leggi “anticrimine“, con proposte di modifiche a 14 leggi relative a questioni di sicurezza pubblica e applicazione penale. Attualmente in fase di lavorazione al Congresso brasiliano, le nuove proposte includono modifiche per la penalizzazione dei cosiddetti “eccessi di autodifesa“, aumentando così il potenziale per rafforzare l’immunità in relazione alle uccisioni e alla violenza commesse dalla polizia.
L’attuale legislazione suppone l’autodifesa come la possibilità dell’uso della forza per “respingere un’aggressione ingiusta, attuale o imminente“. Secondo la nuova proposta, qualsiasi agente di sicurezza che “prevenga un’aggressione ingiusta e imminente al suo diritto, in un conflitto armato o al rischio imminente di conflitto armato” sta agendo per autodifesa. Questa formulazione consentirebbe al giudice non solo di alleggerire le pene per gli eccessi commessi nelle operazioni armate, ma potrebbe anche rafforzare l’impunità per le uccisioni compiute dalla polizia.
Se da un lato la nuova politica di sicurezza dell’amministrazione Bolsonaro rappresenta un pericolo per la vita delle donne in generale, ci si può aspettare che probabilmente esporrà alla violenza quella fetta di popolazione femminile che rappresenta già oggi la maggior parte delle morti e delle vittime degli abusi della polizia: donne nere e residenti nelle favelas.
Tra il 2006 e il 2016, oltre il 60% di tutte le donne uccise con un’arma da fuoco era di colore. Mentre la quota di donne bianche uccise da un’arma da fuoco è diminuita rispetto al 2003, nello stesso arco temporale la proporzione è, al contrario, aumentata tra le loro controparti di colore.
Allentando sia l’acquisizione che il porto d’armi da fuoco, la nuova legislazione potrebbe potenzialmente contribuire ad un aumento degli omicidi. Secondo uno studio dell’economista Daniel Cerqueira dell’Istituto di ricerca economica applicata (Ipea), per ogni 1% in più di armi in circolazione in società, è stato rilevato un aumento del 2% degli omicidi.
Oltre all’impatto previsto della nuova legislazione sui tassi di omicidio, il pacchetto anticrimine del Governo ha il potenziale per aumentare l’impunità per le uccisioni e le violenze commesse dalla polizia, nonché per incentivare la violenza contro le donne nel contesto delle operazioni armate.
Gli uomini di colore sotto i 30 anni rappresentano di gran lunga la quota più grande delle uccisioni compiute dalla polizia e dalle forze militari, ma la violenza dello Stato diretta contro le donne spesso assume anche la forma di molestie sessuali e abusi.
Uno studio condotto dall’Ufficio dei difensori pubblici dello Stato di Rio de Janeiro ha scoperto che durante l’intervento militare nel 2018, donne e ragazze sono state violentate e molestate dalle forze dello Stato. Gli investigatori hanno persino trovato prove dell’uso della violenza sessuale come misura di rappresaglia: agenti dello Stato hanno infatti violentato le partner dei trafficanti di droga invece di arrestarle.
Poiché le vittime di solito si astengono dal denunciare l’abuso a causa della paura della repressione e dello stigma sociale, gli atti di violenza sessuale nel contesto delle operazioni militari e della polizia non vengono né documentati né indagati, rappresentando così le ferite nascoste dell’approccio militarizzato alla sicurezza pubblica in Brasile.
Le nuove misure di sicurezza di Bolsonaro non solo si astengono dal privilegiare la protezione delle donne, ma portano con sé il potenziale di mettere in pericolo le vite dei più emarginati più di quanto già non lo siano. Finché il riconoscimento e la protezione dei loro diritti, dell’integrità del corpo e della dignità umana non saranno una prerogativa dell’intervento statale, la politica di sicurezza brasiliana rimarrà quella che è ora: un dispositivo per il controllo, e non per la protezione, delle donne emarginate.