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Nella galleria d’arte di Vasan, l”enfant terrible’ della Thailandia

Nascosta in un groviglio di strade, in quella giungla di cemento che oggi è Bangkok, si trova una galleria d’arte dall’aspetto piuttosto singolare. All’ingresso, schierate sul pavimento come soldatini, ci sono delle piccole statue con dei cartelli che recitano “il mercato è libero ma noi siamo schiavi”, mentre ai muri sono appoggiati quadri che raffigurano militari in uniforme, tra bottiglie di vino e prostitute.

Gli scaffali straripano di marionette con la faccia di Theresa May e Donald Trump, mentre sul pavimento è tutto un susseguirsi di chitarre, tamburi e giornali ingialliti, dando l’impressione di aver appena scovato il laboratorio segreto di un artista ribelle. E in effetti l’artista ribelle c’è: si aggira tra i suoi quadri con un sorriso gentile e l’occhio vispo di chi ha appena combinato un guaio.

L’artista Vasan Sitthiket nel suo Rebel Art Space di Bangkok

È Vasan Sitthiket, conosciuto come l’enfant terrible della Thailandia – e, secondo le autorità, di guai nella sua vita ne ha combinati tanti: dalle proteste studentesche degli anni ’70 contro il regime militare, fino alle minacce di morte che ricevette nel 1992, quando quarantatré organizzazioni buddhiste lo condannarono per aver dipinto un monaco nell’atto di violentare una donna.

E poi ancora le manifestazioni in difesa dei contadini e dell’ambiente dei giorni nostri, e le sue lettere aperte al Governo. Ma anche la sua grande influenza sul pubblico, e la fama internazionale che l’ha portato ad essere l’unico artista thailandese i cui lavori sono esposti al MoMA di New York.

“Dove c’è la rivoluzione c’è Vasan. Le autorità lo definiscono un pazzo piantagrane, e ogni tanto credo che non lo mettano in carcere solo perché sanno che riuscirebbe a dar vita a una rivoluzione anche lì”, racconta ridendo Sai, la sua giovane collaboratrice, “ma il popolo thailandese lo ama, lo vede come un punto di riferimento per chi subisce ingiustizie, invitandolo ad ogni protesta”.

Vasan in una delle sue recenti manifestazioni

Ciò che sta più a cuore a Vasan è la popolazione agricola della Thailandia, quella che pur dando da mangiare al suo popolo vive in condizioni di poverà estrema, soprattutto nel Nord-Est del Paese. Chi pensa che in Thailandia il cibo sia fresco e salutare dovrà ricredersi: solo meno dello 0.2% dei coltivatori sceglie prodotti organici.

Questo accade perché il Governo thailandese incoraggia un ampio uso di prodotti chimici che possa soddisfare una richiesta di cibo sempre in aumento. Ed è così che i contadini, che spesso nemmeno possiedono la terra e sono costretti ad affittarla, si indebitano con le banche per comprare i pesticidi – e finiscono poi per impoverirsi ancora di più a causa dei prezzi sul mercato che oscillano e soprattutto si abbassano continuamente.

“In poche parole, investono tanto e guadagnano poco. Alla fine li vedrai qui, tra le strade di Bangkok, a fare i mendicanti e chiedere l’elemosina”, racconta Vasan a Voci Globali.

Un coltivatore di riso in Thailandia. Immagine ripresa da Flickr/Visoot Uthairam in licenza CC

Non a caso molte delle ragazze che arrivano a Bangkok per lavorare come prostitute vengono proprio da queste zone rurali, e usano i soldi guadagnati per sostenere la famiglia rimasta a casa. Spesso sono poco più che bambine.

Negli anni, Vasan si è anche battuto contro la diga di Mae Wong, un progetto che avrebbe avuto un enorme impatto ambientale sul Parco Nazionale Mae Wong, una delle foreste più lussureggianti del Paese dove vivono le tigri thailandesi: una diga nel bel mezzo del loro habitat naturale sarebbe stata come una spina piantata in mezzo a un cuore.

Ma grazie al supporto suo e di altri intellettuali, il progetto è stato fermato di recente.
Vasan si è anche dedicato alle conseguenze ambientali del turismo di massa, che nonostante porti molti soldi nelle tasche del Paese finisce poi col causare anche tanti danni irreparabili all’ambiente. Il tanto amato Full Moon Party, per esempio, lascia tonnellate di spazzatura sulle spiagge ogni anno, e il Governo non ha le infrastrutture necessarie per eliminarla.

“La gente viene qui per la natura, ma la natura viene continuamente distrutta per costruire hotel e resort – e Bangkok intanto si è trasformata in una distesa di cemento”, dice Vasan con amarezza.

Vasan in una marcia contro il Coal Electric Plant Project

Tutti vedono la Thailandia come un paradiso felice per turisti. In realtà questo è un Paese di venduti, paralizzato da tanti circoli viziosi di corruzione, un Paese che è stato martoriato da ben diciotto colpi di Stato negli ultimi ottant’anni e governato da una dittatura militare che non ha nessuna intenzione di andarsene.

Nonostante le elezioni del marzo scorso, infatti, la giunta militare rimane saldamente ancorata al potere, godendo di un sistema elettorale creato in suo favore – un sistema che li autorizza a scegliere 250 senatori, gli stessi che poi voteranno il nuovo Primo ministro.

Da ragazzo lessi moltissimi libri sull’esperienza umana, sulle religioni, sulle varie forme di governo. Volevo capire come funzionasse il mondo, e raggiunsi la conclusione che la vita non fosse altro che sofferenza. Ma i movimenti studenteschi degli anni ’70 mi fecero cambiare idea: la vita non è sofferenza, la vita è bella e semplice. Sono i politici e i Governi corrotti a portare dolore alla gente. Il popolo thailandese spesso non ha il tempo di farsi domande, perché è costretto a lavorare tutto il giorno per sopravvivere. Il mio compito di artista è invece quello di provocare, aprire gli occhi, far pensare. Non combatto contro qualcosa di particolare. Combatto contro ciò che non è giusto.

Vasan dipinge in pubblico

Sembra che niente possa fermare Vasan e la lotta per il suo Paese – la sua collaboratrice Sai Wannaphon dice che potrebbe parlare per ore di tutte le sue avventure.

“Pochi mesi fa, Vasan era particolarmente stanco per una lunga serie di viaggi tra Europa e Stati Uniti. Stavamo atterrando a Vienna, dove doveva partecipare ad alcuni eventi artistici e dare una lezione all’università di arte. Prima dell’atterraggio ha avuto un ictus, e poche ore dopo all’ospedale gli è stato detto che avrebbe dovuto farsi ricoverare per un po’ di giorni. Vasan mi ha sussurrato all’orecchio ‘Sai, portami i miei vestiti, ho intenzione di autorapirmi e andare a dare lezione all’università‘. Alla fine, abbiamo dovuto chiuderlo a chiave nella sua stanza di ospedale per non farlo uscire ed obbligarlo a riposarsi.
È più forte di lui: è un vulcano di energia, non può fare a meno di dedicarsi agli altri”.

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