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Afghanistan, Maryam Sama: dalla politica in tv al Parlamento

Maryam Sama, foto di Angelo Calianno.
Maryam Sama, foto di Angelo Calianno

Dopo decenni di conflitti ininterrotti, il 20 ottobre 2018 l’Afghanistan è riuscito, con enormi sforzi e un altissimo prezzo in vite umane, ad organizzare elezioni da tempo attese. La terza elezione parlamentare dalla caduta del regime dei Talebani, 2001. Anche se le incertezze sulla credibilità e serietà di questo appuntamento elettorale si sono manifestate fin dall’inizio.

Come si diceva il prezzo è stato altissimo, i conflitti e la corruzione hanno fatto prosperare il traffico di oppio e di armi, l’instabilità politica ha creato l’ambiente ideale in cui vivere per Talebani, Isis e altri gruppi minori di estremisti.

Le elezioni sono state “disturbate” e sabotate ogni giorno con attacchi suicidi e omicidi. Almeno 377 le vittime, per la maggior parte forze di sicurezza afghane (29 mila invece i morti dal 2015).

Il percorso elettorale è stato così travagliato che i risultati, che dovevano essere resi pubblici nella prima settimana di dicembre, hanno cominciato ad emergere soltanto il 14 gennaio. Anche se non mancano dubbi, critiche e proteste sulla conta dei voti. Online, intanto i risultati, anche se contestati. Su 1tvNews pubblicati quelli riguardanti la città di Kabul.

Tra i 2.500 candidati per i 249 seggi della Wolesi Jirga (la Camera bassa del Parlamento, appunto) c’era lei, Maryam Sama (la legge dice che sui 250 seggi, 68 sono destinati alle donne). A 26 anni è stata la più giovane candidata donna di sempre nella storia delle elezioni afghane e ora  sarà la più giovane donna a sedere in Parlamento. Ad ottobre, in occasione della sua candidatura, ne parlarono giornali e le tv di tutta l’Asia.

A Kabul, Maryam è una celebrità, lavora per la principale emittente televisiva del Paese, Tolo News, e con molto polso si occupa di moderare le tribune politiche, cosa difficilissima in Afghanistan, specie per una donna in una nazione ancora così tanto maschilista.

Per chi non la conosce, Maryam, sembra una persona un po’ dura, quasi impenetrabile, in privato invece è una persona dolce con un gran sorriso.

Voci Globali l’ha intervistata a poche ore dalla diffusione dei primi risultati.

Maryam, prima di tutto complimenti, come ti senti? Te l’aspettavi?

Sinceramente sì, mi aspettavo questo risultato, durante la campagna elettorale ho avuto molto supporto e partecipazione, specialmente dai giovani. Sto bene, so che sarà un lavoro durissimo ma sono pronta.”

Partiamo dal tuo lavoro, sei la più giovane conduttrice di una tribuna politica in Afghanistan, com’è cominciata la tua carriera? Quanto è stato difficile farsi largo in un mondo prettamente maschile?

Lavoro in tv da 4 anni, la mia passione è nata a 11 anni quando nella scuola organizzavano programmi per un giornale radio scolastico. Penso di aver ottenuto il posto all’inizio – io come tante altre – per dare un’immagine di un Paese che finalmente dava spazio alle donne, diciamo un po’ per propaganda, perché nella realtà purtroppo la situazione è diversa. Più difficile è stato mantenerla la posizione, spesso – e ancora oggi accade – sono stata oggetto di insulti e piccole cattiverie, ma pian piano ci stiamo facendo largo, oggi in tutto il Paese siamo in 15 donne a fare questo lavoro.”

Uomini alla Moschea di Herat. Foto di Angelo Calianno

Mi ha colpito la tua popolarità, qui sei famosissima, tutta questa attenzione ti infastidisce? Hai mai ricevuto minacce o dovuto affrontare qualche pericolo per il fatto di essere una donna in una posizione tanto importante e delicata?

Ricevo molti attacchi mediatici, ci sono decine di miei profili fake sui social, creati solo per discreditarmi. Ricevo tantissime minacce, circa 100 mila solo nell’ultimo anno! Una cosa a cui non mi sono mai abituata. Alcuni mi hanno anche scritto che vorrebbero gettarmi dell’acido in faccia. Fortunatamente, ad oggi, non ho ricevuto nessun attacco fisico.”

Pensi che la religione giochi un ruolo fondamentale in questo tipo di mentalità?

Non penso che la religione c’entri qualcosa, è una scusa, è un Paese ancora molto, troppo maschilista, dove ci sono tantissime violenze domestiche che restano impunite. Chi si macchia di queste violenze, se non avesse la religione come scusa per affermare che la donna è inferiore, ne troverebbe un’altra. Di questo sono certa.”

Hai 26 anni ma già tanta esperienza e maturità. Altre giornaliste che ho incontrato in questo Paese appena 20, 21 anni. Quello che fate, pur essendo così giovani, mi ha impressionato. Come ti senti rispetto alla tua età?

Hai ragione, forse in Occidente possiamo essere considerate molto giovani, ma per quello che dobbiamo vivere ogni giorno qui, ci sentiamo vecchissime”  risponde ridendo.

Vorrei chiudere con un messaggio alle donne che ti leggeranno in Europa. Alcune di loro arrivano qui a lavorare con le ONG che si occupano soprattutto dell’emancipazione della donna, cosa ti piacerebbe dire?

Molte persone, donne in particolare, arrivano qui dall’Occidente pensando di avere una verità assoluta e sapere già tutto. Ci danno lezioni di un paio d’ore su come ci si dovrebbe comportare per essere una donna libera e poi tornano nei loro alberghi e nelle loro nazioni mentre noi restiamo qui a combattere. Sei stato uno dei pochissimi giornalisti che davvero ha avuto voglia di conoscerci, che ha passato tempo con noi per vedere come viviamo. Vorrei che fosse sempre così, che si tentasse prima di capirci e poi di aiutarci”.

“Alle donne vorrei dire di non soffermarsi su cose del tipo il velo o l’abbigliamento, cosa che in Occidente sembra essere così importante. Il velo che porto è una mia scelta ad esempio, per me è come un vestito che tolgo quando dico io. Qui i problemi veri sono evitare gli stupri, evitare le violenze, non essere declassate o discriminate sul lavoro solo per il fatto di essere una donna. I problemi qui vanno ben oltre quello di poter decidere se mettere lo smalto o meno: se risolveremo problemi più importanti, tutto il resto, come più libertà nel vestire, verrà da sè”.

“In Afghanistan il maschilismo è talmente radicato che le stesse donne, nelle scorse elezioni, hanno votato contro la possibilità di avere più diritti. Molte donne adulte cresciute in questo ambiente si sentono inferiori. Sono entrata in politica per portare un messaggio di cambiamento rispetto a tutto questo”.

“In un luogo dove da anni tutto si guarda con pessimismo, io credo tantissimo nei ragazzi e nelle ragazze di questo Paese, mi hanno aiutato e sostenuto e, guardando loro, sento che è possibile cambiare le cose.”

Ad aprile 2019 nel Paese avrebbero dovuto esserci le elezioni presidenziali, ma quando si parla di Afghanistan non si sa mai bene cosa aspettarsi. E infatti sono slittate e per la conferma di una data reale di queste consultazioni bisognerà ancora attendere.

Mazar-i Sharif, quarta maggiore città afgana. Foto di Angelo Calianno

Nota dell’Autore: Un ringraziamento speciale a Maryam Sama, per la sua disponibilità e coraggio, il suo esempio di ogni giorno sta cambiando nei fatti la vita  di molte persone. Un grazie particolare a Sahar Fetrat per l’aiuto come interprete e per il suo costante lavoro per i diritti delle donne. Grazie infine ad Ali Abdi senza il quale tutti questi incontri non sarebbero stati possibili.

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