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Argentina, la lotta contro le mega-miniere

Chuquicamata, la più grande miniera a cielo aperto di rame, Calama, Cile , foto da reisegraf.ch

[Traduzione a cura di Elena Intra dall’articolo originale di Paula Serafini pubblicato su The Conversation]

Il 7 maggio 1813, quando l’Argentina stava iniziando il processo per diventare un Paese sovrano, fu approvata la prima legge nazionale per la promozione del settore minerario. Questa data è poi diventata la giornata nazionale dell’estrazione mineraria. Tuttavia, questa attività in Argentina è circondata da una serie di controversie che invitano a mettere in discussione questa commemorazione celebrativa. In particolare, cresce sempre di più la resistenza a quelle che sono note come “miniere a cielo aperto” o “mega” miniere.

La miniera a cielo aperto è un tipo di estrazione su larga scala che estrae minerali trovati in basse concentrazioni dalla superficie della terra piuttosto che tramite tunnel, generando grandi crateri. Questo metodo richiede grandi quantità di esplosivi e acqua, nonché l’uso di sostanze chimiche come il cianuro e l’acido solforico per la separazione dei metalli.

Dall’Argentina alla Colombia e al Messico, le miniere a cielo aperto sono ormai da decenni al centro di conflitti ambientali e sui diritti umani in America Latina. Viene spesso definito come l’archetipo dell’estrattività a causa della grandezza del suo impatto ambientale e umano e delle alleanze tra Governi e capitale transnazionale che si celano dietro di esse.

Una miniera a cielo aperto, ora chiusa. Tim Roberts Photography/Shutterstock.com

Le estrazioni minerarie ebbero luogo in Argentina per tutto il XIX e il XX secolo, ma non rappresentarono mai una delle principali attività economiche del Paese. Questo fino al 1993, quando sotto il Governo neoliberale di Carlos Menem, fu introdotta una nuova legislazione mineraria. Questa legge ha migliorato i benefici per le imprese transnazionali e ha posto le basi per l’inizio delle grandi miniere a cielo aperto di minerali metalliferi quali rame, oro e argento.

Nel 2017, il Governo di Mauricio Macri ha firmato un nuovo accordo minerario, con l’obiettivo di attirare ancora più investimenti stranieri. Mentre il Governo ha affermato che l’accordo mira a migliorare la regolamentazione ambientale, accademici, avvocati e attivisti hanno criticato lo stesso per la sua inosservanza delle attuali leggi ambientali. Inoltre, l’accordo afferma che le compagnie minerarie saranno ora in grado di partecipare al modo in cui viene insegnata l’estrazione mineraria nelle scuole, una mossa vista come un tentativo di costruire, attraverso l’istruzione, una licenza sociale per l’estrazione.

False promesse

I Governi regionali delle province minerarie continuano a sostenere che la mega estrazione porta lavoro, denaro e investimenti nelle infrastrutture. Ma gli abitanti di quelle stesse regioni hanno riferito che i lavori portati da questo tipo di attività sono pochi e in gran parte limitati alla fase di costruzione dei progetti. Anche l’afflusso di risorse promesso dalle compagnie minerarie e dai Governi provinciali è scarso e lontano da quanto promesso. Come ha raccontato un insegnante di Andalgalá, una città nella provincia di Catamarca, “promettono strade asfaltate e nuove strutture, e poi finiscono per regalare giusto qualche pallone.”

Nella realtà, ciò che rimane alle città minerarie sono la devastazione ambientale e i problemi di salute. In Andalgalá, due decenni di attività estrattiva hanno portato a siccità e fonti d’acqua inquinate. L’ospedale pediatrico locale ha riportato un aumento del 63% delle malattie respiratorie nei bambini nei primi quattro anni in cui la miniera di Bajo la Alumbrera era in funzione. Dopo questi dati, hanno smesso di pubblicare statistiche – e le richieste per ulteriori ricerche e statistiche sui problemi di salute continuano a essere ignorate dalle autorità.

Nel frattempo, nella provincia di San Juan, la miniera di Veladero (gestita dalla Barrick Gold) ha avuto diverse fuoriuscite di acqua contaminata da cianuro, una delle quali ha portato a incriminazioni e multe multimilionarie.

La resistenza è attiva

Mentre gli effetti delle mega-miniere sono gravi e spesso irreversibili, i media hanno riferito le conseguenze dannose di questa attività solo in occasioni in cui era politicamente strategico farlo. Ma le comunità di tutto il Paese si sono unite per combattere contro i progetti minerari che minacciano l’ambiente e il loro modo di vivere.

A Esquel, nel Sud del Paese, un referendum nel 2003 ha registrato una percentuale dell’81% di opposizione alle mega-miniere. A Famatina, nel Nord-Ovest, nel 2012 la minaccia di un tale progetto ha portato a una rivolta di massa.

Nel frattempo, il popolo di Andalgalá, dove la miniera di Bajo la Alumbrera è in funzione da vent’anni, sta interrompendo da otto anni l’apertura di Agua Rica, un progetto minerario tre volte più grande del precedente. L’assemblea locale che gestisce l’organizzazione contro il settore minerario, Asamblea del Algarrobo, ha perseguito una serie di strade nella propria lotta, dalle sfide legali all’azione diretta.

In particolare, ad Andalgalá è notevole la gamma di azioni creative che sono sorte nel corso degli anni. Un gruppo intergenerazionale di donne locali chiamato Las mujeres del silencio (le donne del silenzio) ha inscenato diverse proteste performative fuori dal quartier generale delle compagnie minerarie. È stata creata anche una radio comunitaria, mentre sui muri della città si possono ammirare murales che celebrano il diritto alla vita e all’acqua, e che denunciano la repressione della protesta.

Un murale di fronte alla sede della radio comunitaria di Andalgalá. Opera di Claudia Tula.

Una lotta più grande

La battaglia contro le mega-miniere è parte di una lotta molto più ampia in atto in Argentina e in America Latina contro l’espansione di un modello economico estrattivo. Questo approccio porta a ciò che la sociologa Maristella Svampa e l’avvocato ambientalista Enrique Viale chiamano “maldesarrollo” (cattivo sviluppo). La resistenza a tali pratiche non riguarda solo l’inquinamento, ma anche il salvare (o ricostruire) il tessuto sociale lacerato dalle attività estrattive, e stabilire il diritto all’autodeterminazione.

Ad Andalgalá, spesso dicono che anche se la lotta contro l’estrazione mineraria è tutt’altro che finita, la battaglia culturale è stata vinta. I miti del progresso associati al settore minerario sono stati sfatati e la lotta ha generato uno spazio creativo per pensare a modelli economici e di governo alternativi.

Al momento, il Governo e le compagnie minerarie nazionali e internazionali stanno facendo pressione per invertire alcune di queste vittorie. Ma mentre questi cercano di intensificare l’estrazione, la resistenza culturale offre uno spazio per immaginare alternative a un modello di sviluppo falso e negativo.

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