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Lucano, a Riace accoglienza come modello di giustizia sociale

Ministerio de Cultura de la Nación Argentina / Flickr

Un modello di integrazione sociale che ha poco a che vedere con i dibattiti politici e che si basa piuttosto sull’atavico valore dell’ospitalità. Parliamo del caso di Riace, ripopolato e rivitalizzato grazie agli immigrati e non a caso ribattezzato “paese dell’accoglienza”.

Il piccolo comune della Calabria ha infatti conosciuto una fase critica a causa del massiccio spopolamento delle aree rurali e del centro storico, in cui abitazioni e attività commerciali restavano vuote. L’intuizione del sindaco Domenico Lucano – eletto nel 2004 e ora al suo terzo mandato – è stata quella di ricominciare, “di usare questi contenitori vuoti” – spiega a Voci Globali –  e di accogliere i migranti come una risorsa, anziché considerarli un peso.

Nei nostri territori si continuano a immaginare piani di sviluppo inverosimili, che coinvolgono piani edilizi pubblici e privati”.  È invece facendo leva sul concetto di comunità locale e sul dialogo con i cittadini che l’integrazione avviene in maniera naturale. “Quando arrivano nuove persone prende forma una nuova idea di comunità. C’è gente, quindi riaprono le piccole botteghe, e vale di nuovo la pena organizzare le attività sociali”, ci dice Lucano, che sarà ospite del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli sabato 11 novembre, ultima giornata della manifestazione di cui Voci Globali è quest’anno media partner.

Lucano è attualmente sotto inchiesta a causa di presunti illeciti nella gestione di bonus e borse lavoro, su cui sta indagando la procura di Locri. Un’accusa che sa di “burocrazia opprimente e che non permette un’evoluzione dei modelli di accoglienza” afferma il primo cittadino.

Intanto l’atteso “Tutto il mondo è paese“, sceneggiato prodotto da Rai Fiction con Beppe Fiorello che interpreta il sindaco Lucano, è stato cancellato dal palinsesto Rai. La miniserie – che intendeva portare al grande pubblico l’esempio di Riace – sarebbe dovuta andare in onda da febbraio 2018, ma le pressioni politiche della destra e della Lega – aggiunte alla vicenda giudiziaria in corso – hanno fatto ritenere opportuno la sospensione delle puntate.

Comunque non si fermano gli sbarchi dei migranti. Gli ultimi dati relativi all’Italia mostrano che ne sono arrivati sul nostro territorio 106.459 (di cui 13.418 minori non accompagnati) nel 2017, anno in cui si è registrato un netto calo migratorio rispetto a quello precedente, anche dovuto ai contestati accordi dell’Italia con la Libia che hanno funzionato solo per qualche mese.

Sono ancora milioni, però, le persone che non hanno altra scelta se non lasciare il proprio Paese – ad esempio coloro che fuggono dalla guerra in Siria o della crisi umanitaria del Sud Sudan: secondo un Report di UNHCR le migrazioni forzate hanno raggiunto il record storico di 65,6 milioni nel 2016. Anche per questo, sottolinea Lucano, “bisogna avere uno sguardo di umanità per le persone che arrivano”.

Sebbene l’immigrazione venga spesso presentata dai mezzi di informazione come un’emergenza dei giorni nostri, non si tratta certo di un fenomeno nuovo e circoscritto a questo momento storico. Dalla spiaggia in cui un mattino del 1998 sbarcarono le 800 persone provenienti da Afghanistan e Iraq che avrebbero iniziato a risvegliare la creatività di un paese in declino – la stessa spiaggia da cui riemersero i Bronzi di Riace – non troppo tempo fa, i nostri avi partivano per lasciarsi alle spalle l’impoverimento del Sud Italia. Gente, così come i migranti di oggi, che andava alla ricerca di fortuna nel Nord e nel Sud America. Una terra di partenze, l’Italia, divenuta oggi terra di speranza per chi vi approda.

Quando si vive con meno di un dollaro al giorno si è obbligati a intraprendere gli stessi viaggi che noi come europei, come occidentali, avevamo fatto per colonizzare le risorse che ci hanno poi fatto diventare più ricchi”, spiega il sindaco. “Avevo capito sin da subito che il fenomeno delle migrazioni avrebbe interessato l’Europa, essendo un aspetto collaterale – e quindi inevitabile – di tantissimi anni in cui le politiche coloniali e neo-coloniali avevano impoverito l’Africa e il cosiddetto Terzo Mondo”.

La comunità locale e di immigrati si fondono a Riace. / Fonte: Flickr. Credits: don Tommaso. Alcuni diritti sono riservati.

Così Riace, che oggi conta circa 2.340 abitanti di cui più di 800 sono immigrati, è il fortunato esperimento di un piccolo governo locale che riflette ideali e dinamiche globali. Secondo il suo primo cittadino però – che nel 2016 è stato nominato da “Fortune Magazine” uno dei leader più influenti del pianeta – “non serve essere Einstein” per trasformare l’immigrazione in un’opportunità. “Recuperare le case abbandonate anziché costruire centri di accoglienza per consumare superficie edificabile è una cosa molto banale”, ci spiega.

Inoltre, la comunità locale scopre che accogliere nuove persone è conveniente per far ripartire la microeconomia o, ad esempio, per recuperare le scuole. Molti dei nuovi abitanti del borgo lavorano nelle botteghe artigiane o fanno lavori stagionali. Questi flussi di persone arrivano in un momento in cui i piccoli centri non sembrano più dare alcun tipo di speranza agli abitanti e tanto meno ai loro figli.

Chi rimane a Riace ha la consapevolezza che tanto prima o poi deve andare via. Le discussioni all’interno delle famiglie riguardano programmazioni della propria vita che sanno si svolgerà altrove. E in un contesto storico, sociale ed economico fortemente precario… quella nave che arriva è l‘incipit di una nuova storia”.

Un territorio che ha dato prova di come sia possibile eliminare ogni forma di isolamento nei confronti di immigrati e di richiedenti asilo, semplicemente includendoli nella quotidianità locale. “Qualcuno di loro si è sposato, altri si sono lasciati. Anche il cimitero è un luogo multietnico perché per chi rimane qui c’è anche la fine della vita, come per noi di Riace. Un vissuto di normalità… che il mondo fa apparire straordinario“.

Spontaneità è la parola chiave dell’approccio di Lucano, che ancor prima di diventare sindaco era impegnato nel sociale con l’associazione “Città Futura“, e come allora gestisce gli sbarchi senza troppa previsione.  “L’accoglienza e l’immigrazione sono il frutto di un’ingiustizia. E noi dobbiamo percorrere e aprire orizzonti di giustizia sociale, non di legalità. Questa parola mi fa venire l’allergia perché ha il sapore di dover rispettare quelli con il potere costituito, di non modificare nulla, di continuare a non sovvertire nulla, persino ciò che non va bene. La ricerca della giustizia invece è molto più ampia, qualcosa per la quale una persone si può spendere con il cuore e con l’anima”.

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