[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Luca Raineri e Neil Howard pubblicato su Open Democracy]
Mi chiamo Luca Raineri e sono un ricercatore presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Ho svolto diverse ricerche sul campo per lo più nel Sahel, in Mali, in Niger e nel Senegal focalizzandomi sugli effetti delle economie extralegali che comprendono la tratta di persone e i vari traffici illeciti di armi, narcotici ed esseri umani, attività divenute ormai all’ordine del giorno in questa vasta regione del Sahara.
Neil Howard (oD): Ci puoi dire qualcosa di più sul traffico di esseri umani di cui scrivi nella tua ricerca?
Luca: In questi giorni si parla molto del traffico di esseri umani che attraversano il Sahara per raggiungere l’Europa e, in modo particolare, l’Italia. Ciò che si può dire è che il Niger rappresenta, forse, il centro di queste rotte migratorie. Quello che vediamo oggi è che la struttura stessa del traffico umano è legata al modo in cui viene governato il Paese. La nazione, infatti, viene governata in modo molto più ibrido rispetto al sistema westfaliano a cui siamo abituati. E in questo senso, è interessante far notare come coloro che sono molto vicini all’attuale regime democratico siano anche le stesse persone che gestiscono l’industria del contrabbando umano.
Neil: Dunque, l’industria del traffico umano è da considerarsi quasi una parte di quest’apparato statale o pseudo – statale?
Luca: Quest’industria contribuisce all’aumento del reddito del Niger e alla stabilità del suo attuale Governo. Ad esempio, si dice che le società di autobus – che sono strettamente legate al contrabbando di esseri umani – appoggino l’attuale governo. Così, qualora quest’ultimo volesse interrompere tale traffico, queste persone – che sono molto potenti e rappresentano, forse, la fonte di economia più importante del Paese, indirizzerebbero altrove il loro sostegno, il che comprometterebbe la stabilità del regime.
Inoltre, coloro che guidano le auto, i pullman e i furgoni con a bordo i migranti attraverso la città di Agadez, alle porte del Sahara, sono spesso anche le stesse persone che alcuni anni prima prendevano parte a insurrezioni e rivolte. Pertanto, si capisce come il Governo non abbia intenzione di lasciare questi individui senza lavoro, nonostante non svolgano la loro attività in modo legale.
Il terzo elemento che vale la pena sottolineare è che anche l’esercito, approfittando dell’industria del traffico umano, sta facendo tanti soldi. Un esempio di questo fiorente mercato è dato dall’applicazione di una tassa che viene fatta pagare a tutti coloro che passano sulle principali rotte di contrabbando nel Paese. Il Niger, in realtà, è una nazione in cui hanno avuto luogo diversi colpi di Stato, cinque o forse di più, e tutti hanno provocato il rovesciamento dei precedenti regimi. Da questo si può capire quanto sia fondamentale la stabilità dei poteri al fine di assicurare la tranquillità del sistema di sicurezza. Ed è dunque, forse, questo il motivo per cui coloro che sono al potere vedano il perpetrarsi di tale istigazione sistematica alla corruzione o ad attività di traffico, a scapito dei migranti, come una sorta di male minore rispetto a un’eventuale destabilizzazione del Paese.
Neil: Dato che l’Unione Europea ha un forte interesse per il Paese, specialmente nei confronti di quei flussi di persone destinate ad arrivare sulle sue coste, come può, di fronte a questo paradosso, manifestare il suo impegno?
Luca: Tale paradosso è interessante per il fatto che l’Europa ha diversi obiettivi contrastanti da raggiungere nel Paese. Da un lato, infatti, i Paesi europei vogliono, sicuramente, impedire ai migranti di raggiungere l’Europa, il che, tra l’altro, rappresenta un modo distorto di guardare le cose visto che, generalmente, gli abitanti del Niger non tendono a recarsi in Europa. Per lo più la loro tendenza è quella di spostarsi per andare a lavorare in Libia, visti i loro consolidati legami con le persone del posto. Questo è il caso di molti individui che attraversano il Niger, e in particolare la città di Agadez, non di certo per arrivare in Europa quanto piuttosto per recarsi in Libia. Eppure, l’Unione Europea sta cercando di impedire in tutti i sensi la mobilità nel Paese.
Dall’altro lato, l’Europa è molto interessata a mantenere la stabilità della nazione. È il caso di dire, infatti, che il Niger si è rivelato un suo alleato molto forte nella lotta contro l’instabilità regionale e il terrorismo. I suoi abitanti, oltre a lottare contro il fenomeno del terrorismo in Mali e in Nigeria, stanno affrontando anche la guerra civile in Libia. Si tratta, dunque, di una sorta di isola di relativa stabilità che ha sostenuto davvero molto il peso dei tentativi da parte dell’Unione volti a preservare quel minimo di solidità nell’intera regione.
Il punto è che il mantenimento della stabilità nazionale e regionale è strettamente connesso alla sopravvivenza del regime, il che, a sua volta, è legato anche al perpetuarsi della tratta di esseri umani. Pertanto, difficilmente questi due obiettivi possono stare insieme. Il risultato di ciò è che l’Unione Europea sta passando sopra, fondamentalmente, a molte pratiche che non vanno nel suo interesse, compresa quella relativa al presunto alto livello di corruzione del regime.
Neil: Quindi, l’Unione Europea riuscirà ad affrontare apertamente, in qualche modo, tale profonda contraddizione, frutto dei suoi due obiettivi, oppure sarà una silenziosa ipocrisia a governare questo status quo?
Luca: È difficile dirlo con esattezza, visto che la stessa Unione Europea non dovrebbe essere vista, secondo me, come un singolo attore, ma come un qualcosa caratterizzato da diverse tensioni, priorità, imperativi e via dicendo. Per alcuni Paesi, il mantenimento della stabilità regionale, compreso il fatto di impedire il flusso di armi che partendo dalla Libia attraversa il Niger e arriva fino al Mali, rappresenta il principale obiettivo strategico. E questo vale soprattutto per Stati come la Francia.
Per altri Paesi, in particolare per quelli dell’Europa meridionale come l’Italia, l’obiettivo principale è quello di sospendere il fenomeno della tratta di persone in tutto il Niger, è parte di una trattativa. La questione non è stata affrontata pubblicamente poiché non si può affermare apertamente che, alla fine, la sopravvivenza del regime può trarre beneficio dal perpetrarsi di attività quali la tratta e il traffico di migranti.
L’Unione Europea ha anche sollecitato il Governo del Niger ad adottare una legge che prevedesse l’imposizione di pene molto rigide per tutti coloro che, in senso lato, sono coinvolti nel contrabbando di esseri umani. Tale provvedimento risulta molto più ampio nel contenuto rispetto alla definizione di tratta di persone che troviamo negli attuali Protocolli delle Nazioni Unite. Inoltre, secondo quanto mi è stato riferito da un funzionario dell’UE, questa legge, da sempre considerata come il pilastro della strategia europea volta a impedire qualsiasi forma di traffico umano, appare ora come la più impopolare nel Paese. Perciò, prima che essa venga applicata correttamente, dovranno passare un paio di anni, e nel frattempo bisognerà fare i conti con un certo grado di impunità.
Neil: Una parte di ciò che viene espresso nelle iniziative europee volte a eradicare la tratta degli esseri umani, si basa sull’idea di voler porre degli ostacoli ai migranti come quello di rendere i viaggi sempre più cari e ridurre, così, il loro flusso. Come potranno, dunque, essere perseguiti fino in fondo gli obiettivi di questa strategia in una regione come il Sahel? E sulla base della ricerca che hai svolto ci sono le prove che dimostrano come tali politiche creino degli effetti collaterali indesiderati?
Luca: Era proprio questa l’idea generale della politica europea volta a dare un giro di vite ai flussi migratori in tutto il Sahel. Aumentando, infatti, gli ostacoli in termini di divieti militari, militarizzazione delle frontiere e penalizzazione di alcune pratiche, i costi salirebbero. A quel punto, le persone si vedrebbero costrette a pagare reti e gruppi organizzati, in quanto gli unici in grado di fornire i mezzi necessari per superare tutti questi impedimenti. Quindi era questa l’idea principale, idea che è stata accolta, in maniera ufficiosa, con molta facilità da parte degli attori dell’UE.
Ma questo, in linea di massima, non è avvenuto a causa della grande impunità di cui parlavo prima. Quest’ultima, in realtà, impedisce a questo mercato di funzionare come uno illegale in quanto è, per certi versi, normalizzato e persino istituzionalizzato. Il risultato è un mercato in forte rialzo vista anche la grande richiesta per i servizi migratori in tutto il Paese e il desiderio di alcuni imprenditori lungimiranti di voler investire in quest’industria.
Ciò ha comportato un aumento eccessivo nell’offerta dei servizi, almeno fino alla fine del 2016. C’è da dire anche che l’organizzazione dei trafficanti non è neppure segreta: si chiama bureau de trafiquants o Smugglers Bureau (letteralmente ‘ufficio’ dei trafficanti di esseri umani) e quando ho avuto l’occasione di incontrarli, alcuni di loro mi hanno detto: “siamo troppi, non riusciamo a controllare il fenomeno, e per questo i prezzi scendono“. Basta osservare i dati o chiedere in giro, i costi richiesti dai contrabbandieri tendono a calare e i migranti appaiono sempre più disposti ad attraversare il Niger per raggiungere le loro mete.
In fin dei conti, il risultato delle politiche europee dimostra come spesso queste siano insignificanti e restino dimenticate. Tutto ciò perché non hanno un impatto significativo ma sono solo uno spreco di denaro. Eppure, di fatto, ora la situazione per i migranti sembra essere più sicura rispetto a quando, in pratica, venivano criminalizzati. Negli ultimi mesi, in realtà, a seguito delle crescenti pressioni da parte dell’UE, il Niger ha rafforzato alcuni controlli in tutta la città di Agadez. Di conseguenza, i migranti hanno iniziato a spostarsi attraverso rotte meno sicure e questa è la spiegazione ai morti nel deserto.
Neil: L’ultima domanda è: hai qualche idea su quella che potrebbe o sarebbe o dovrebbe essere una politica europea alternativa?
Luca: È molto difficile da dire. A mio avviso, il problema è che è proprio l’obiettivo della politica europea a non avere molto senso. Se si vuole mantenere la stabilità del Paese, ammesso che quest’ultimo non sia in grado di offrire posti di lavoro per poter assorbire il grande boom demografico e quindi i giovani, la migrazione rappresenta probabilmente la migliore opportunità. Oltre a questo possono solo decidere di prendere parte a conflitti o ad attività criminali. Di fronte a questa situazione, infatti, la risposta di molti è stata: “Partiamo per non imbracciare le armi“.
Se si vuole, dunque, preservare la stabilità, bisogna almeno dare alle persone la possibilità di emigrare, se non quella di venire in Europa. Dall’altra parte, se si vuole favorire lo sviluppo di un Paese, forse una delle migliori strategie d’azione viste finora è rappresentata dalle rimesse degli stessi migranti. Un sistema, questo, che spesso funziona meglio di qualsiasi altro programma per lo sviluppo. Quindi, ancora una volta, se si vuole favorire lo sviluppo, lasciamo che emigrino. Il punto è che la migrazione può essere la soluzione alla maggior parte dei problemi che l’Unione Europea vuole affrontare. Ma finora, tale fenomeno viene raffigurato come una parte del problema stesso e non come una parte della soluzione.