27 Aprile 2024

niger

Giornata della pace, ma nel mondo impazzano guerre e conflitti

Dal 2001, il 21 settembre è un’occasione per tirare le somme riguardo l’eradicazione della violenza e il rispetto (anzi il mancato rispetto) dei diritti umani. Il 2023 segna un bilancio disastroso con un numero di situazioni di ostilità e scontri violenti mai raggiunto dal 1945. Nessun Continente è escluso da questo fenomeno. Voci Globali fa il punto su alcune delle aree maggiormente interessate dalla violenza. La realtà emersa mostra anche forti criticità quando si va riflettere sul ruolo della comunità internazionale in materia di peace-building e peace-keeping nelle aree di maggiore crisi.

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Niger, perso l’alleato l’Europa si domanda chi fermerà i migranti

Il golpe di un mese fa ha fatto crescere tra i leader europei, e soprattutto in Italia, una preoccupazione: cosa succederà con i migranti? Non per una questione umanitaria – in migliaia sono bloccati all’interno del Paese senza mezzi di sussistenza e possibili target di violenze e di reclutamenti nei gruppi terroristici – ma perché il presidente deposto, Mohamed Bazoum, garantiva all’Unione Europea il controllo dei flussi migratori. Questo, dal 2016, attraverso una serie di accordi con l’UE in cambio di sostanziosi sostegni economici. Con chi tratterà ora per l’esternalizzazione di quella importante frontiera del Sahel?

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Migrazioni, Stati africani fanno resistenza ai rimpatri dall’UE

Il rientro forzato dei migranti dall’UE viene, in maniera più o meno esplicita, ostacolato dai Paesi d’origine, soprattutto quelli dell’area occidentale del Continente, che in modalità e per ragioni diverse rallentano o bloccano i tentativi di cooperazione sulle espulsioni. Già molto esigui, i tassi di rimpatrio in Africa dai Paesi europei sono persino diminuiti. Uno studio spiega i motivi alla base dell’insuccesso degli attuali partenariati per la migrazione, illustra le strategie adottate dai Governi di Nigeria, Senegal e Gambia rispetto al rientro dei cittadini espulsi e propone una soluzione per il miglioramento della cooperazione sul tema.

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Africa, i matrimoni precoci che cancellano il futuro delle bambine

Nonostante le campagne per l’abolizione dei matrimoni precoci messe in atto dall’Unicef e altri enti istituzionali, questa usanza – profondamente radicata nelle tradizioni locali – continua a essere praticata in molti Paesi del mondo. Un recente studio ha analizzato i dati relativi a quattro Stati dell’Africa sub-sahariana che detengono i tassi più alti di matrimoni infantili, cercando delle risposte al motivo del perdurare di tale pratica. Ne è emersa una chiara correlazione tra livello d’istruzione ed età delle prime nozze che indica, tra le soluzioni, un percorso scolastico più lungo per le ragazze.

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In Africa torna il tempo degli “uomini forti”, la risposta dei giovani

La politica africana è dominata da personaggi che non rispecchiano la demografia delle rispettive nazioni. È raro trovare leader con meno di 50 anni e così il Continente con l’età media più bassa si ritrova ad essere guidato da politici spesso over 60. La gioventù africana reclama una maggiore inclusione nello sviluppo politico e nel futuro dei suoi Paesi. Negli ultimi due anni, tuttavia, una nuova serie di colpi di Stato sembra aver riportato a galla vecchi spettri e dinamiche del passato. In Guinea e Sudan i giovani hanno risposto a questi eventi in modi diversi, esprimendo tuttavia un malessere condiviso.

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Malawi, il Parlamento accoglie il primo membro albino del Paese

Overstone Kondowe – consigliere speciale del presidente Lazarus Chakwera per le persone con albinismo e disabilità – ha prestato giuramento nella capitale Lilongwe. I leader indigeni indiani hanno denunciato l’ipocrisia ambientale del premier Modi in occasione della COP26. In Afghanistan è stato registrato un nuovo aumento di “spose bambine” a causa della povertà e della situazione economica. L’ISIS ha rivendicato uno dei tre attentati avvenuti in Pakistan. Mentre i Governi africani hanno preso parte al terzo “African Girls Summit“, volto a rafforzare il diritto all’istruzione delle ragazze.

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Esternalizzazione delle frontiere, storia dal carattere ideologico

Il trasferimento del controllo delle proprie frontiere a Paesi terzi per impedire l’accesso delle persone straniere al proprio territorio è da tempo uno strumento strategico con cui l’Europa gestisce i flussi migratori. Una strategia che risale all’inizio del ‘900, alla Conferenza di Evian-les-Bains in Francia, dove gli Stati democratici decisero di chiudere le loro frontiere ai rifugiati ebrei in fuga dalla persecuzione nazista e negoziarono con Hitler il controllo del flusso di migranti. Una strategia che oggi viene riutilizzata nella gestione della migrazione dall’Africa e dal Medio Oriente.

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Niger, la radio strumento dell’emancipazione femminile

Matrimoni forzati, spose bambine, poligamia e discriminazioni di genere sono ampiamenti diffusi all’interno della popolazione nigerina, ancora profondamente dominata da una cultura maschilista e patriarcale. Se a questo si aggiunge un grave analfabetismo e la difficoltà di usufruire di elettricità o Internet, la situazione delle donne nel Paese appare seriamente compromessa e relegata alle mura domestiche. Tuttavia rimane la radio, che non solo rappresenta spesso l’unica fonte di informazione, ma si sta anche dimostrando un valido strumento per l’emancipazione e l’indipendenza di queste donne.

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Niger, crocevia ‘istituzionale’ per migranti e trafficanti

Alla luce di diverse ricerche sul campo, un giovane ricercatore italiano descrive la situazione di questo Paese del Sahel, importante luogo di transito per i migranti. Ciò che per migliaia di loro rappresenta un costante pericolo, per i trafficanti è un fiorente mercato e la sopravvivenza del regime viene assicurata proprio dal traffico di esseri umani. L’UE si mostra contraddittoria: da un lato vorrebbe dare un giro di vite ai flussi, dall’altro punta alla stabilità del Paese. Per ora il fenomeno della migrazione resta l’unica soluzione al terrorismo e alla mancanza di lavoro.

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Mappa della jihad in Africa: chi sono e dove seminano terrore

Secondo un recente Report gli attacchi terroristici nel continente africano nell’ultimo decennio sono aumentati del 1000%. E cresce anche il numero delle vittime tra i civili. Le organizzazioni più violente si confermano Boko Haram e al-Shabaab, ma non sono le uniche. In sostanza è in corso una battaglia per guadagnarsi i cuori e le menti dei fondamentalisti islamici. Una battaglia combattuta tra l’ISIS (attivo soprattutto in Nigeria, Niger, Egitto, Libia e Tunisia) e Al Qaeda (che mantiene salda la sua presenza in Somalia, Kenya, Uganda, Costa d’Avorio, Burkina Faso e Mali).

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