Sarebbero alle battute finali le trattative per l’acquisizione di Sharp da parte di Foxconn, secondo quanto dichiarato da Terry Gou, CEO dell’azienda acquirente, nota per essere fra le più importanti produttrici in outsourcing di elettronica di consumo.
Della mossa di Foxconn – che vanta la fabbrica più grande del mondo, con più di 300mila addetti – si parlava da giorni ma la mossa aziendale sembrerebbe ormai cosa fatta.
Come cambierà – se cambierà – la fisionomia lavorativa della multinazionale di Taiwan, nota soprattutto per produrre gran parte dei prodotti Apple?
L’interesse sulle trasformazioni aziendali della Foxconn è alto. In Cina l’azienda è stata ribattezzata “la fabbrica dei suicidi“, per i numerosi casi di operai che si sono tolti la vita a partire dal 2010 per le condizioni di lavoro disumane e alienanti a cui erano sottoposti, con turni di lavoro di 12 ore spesi in attività del tutto spersonalizzanti.
Fra questi operai c’era anche il giovane poeta Xu Lizhi, le cui poesie sono state pubblicate per la prima volta in Italia dall’Istituto Onorato Damen nella traduzione di Annamaria Lavecchia e presentate il 5 febbraio scorso dalla libreria Ubik di Catanzaro.
Il titolo del libro, “Mangime per le macchine“, prende spunto dalla definizione di un’operaia che definì con queste parole la sua condizione di lavoratrice all’interno della fabbrica, nel libro inchiesta “Nella fabbrica globale – Vite al lavoro e resistenze operaie nei laboratori della Foxconn” (Edizioni Ombre Corte) a cura di Ferruccio Gambino e Devi Sacchetto.
Ed è affilato quanto eloquente, il titolo scelto, perché rende bene il sentimento comune di molte persone tristemente vittime di catene di montaggio ancora protagoniste silenziose del XXI secolo, seppur legate a prodotti di tecnologia avanzata.
A leggerli scorrono veloci e dolorosissimi, i versi del giovane operaio Lizhi.
Ne citiamo due, per sintetizzarne lo spirito. In “Conflitto”, c’è una lotta inestirpabile eppure silenziosa contro la società, ma un pathos quasi sbrigativo nell’esprimere l’indifferenza di ogni denuncia: “Tutti dicono/che sono un ragazzo di poche parole/e non lo nego/Ma in verità/che io parli o meno/sarò sempre in conflitto con questa società“.
In “Mi addormento proprio così, in piedi”, c’è la descrizione esatta della propria condizione di lavoratore senza volto, “rigido come il ferro“, “addestrato ad essere docile” e dunque impotente anche rispetto alla propria rabbia.
E si va avanti così, per quadri dolenti e feroci, con versi aggrappati a immagini nitide, come quella che giustappone una vite caduta a terra con il corpo di un uomo che ha perso le sue forze; o quella che restituisce la rappresentazione concreta degli operai che “hanno stomaci forgiati nel ferro/pieni di acido denso, solforico e nitrico“, preda di uno sfruttamento che gli ruba il tempo troppo presto mentre “il dolore fa gli straordinari giorno e notte”.
Non sembrano esserci vie di fuga, nei versi di questo giovane operaio cinese inghiottito dalla disperazione e suicidatosi ad appena 24 anni: l’ultima poesia della raccolta la scrive infatti Zhou Qizao, un collega di lavoro di Lizhi alla Foxconn, perché “la perdita di ogni vita/è la morte di un altro me stesso/Un’altra vite si allenta/un altro fratello, operaio migrante, se ne va”.
Non sono storie del secolo scorso, queste, ma di oggi.
In un’intervista, Devi Sacchetto, il docente che ha curato la raccolta di saggi “Nella fabbrica globale”, sottolinea come alla Foxconn le cose non siano cambiante poi molto, per gli operai, nonostante l’attenzione suscitata dai media:
Ci risulta che in Cina Foxconn non abbia migliorato se non in misura minima le condizioni che possono aver contribuito all’ondata di suicidi di operai del 2010 (14 nel solo parco industriale di Shenzhen) salvo forse aver limitato i rapporti più “feroci” che si registravano all’interno dei suoi stabilimenti, cioè il controllo ferreo da parte delle guardie sui lavoratori. Ma, da quanto ci riferiscono i ricercatori locali con cui siamo in contatto, da allora non sono stati registrati cambiamenti sostanziali e il sindacato [quello ufficiale è legato al Partito comunista cinese, ndr] rimane una costola fondamentale nella gestione della forza lavoro.
La Foxconn non è un caso isolato, in Cina: secondo l’organizzazione non governativa americana China Labor Watch ci sarebbero stati vari casi di suicidio anche nelle fabbriche di Zhengzhou, nella provincia orientale dell’Henan.
Non è difficile rintracciare su You Tube video e servizi che illustrano le tragiche condizioni di vita degli operai cinesi, dal servizio della ABC News a quello della CNN fino al video di Elite Nwo Agenda, mentre nel documentario “Made in China – Factory of the world“ viene illustrato il sistema di lavoro di Eupa, la più grande industria del mondo, che costringe 17.000 operai provenienti da ogni parte della Cina a organizzare la propria vita in modo che sia iperproduttiva per il sistema.
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Quando scoppiarono i casi di suicidi della Foxconn l’attenzione dei media fu alta ma, passata l’attualità delle cronache drammatiche di quei fatti, sembra essersi spento lo sguardo sui ritmi di lavoro disumani di molti operai cinesi.
Le poesie tradotte e pubblicate di Lizhi sono un contributo personalissimo per tenere acceso l’interesse su un tema sensibile come quello della salute fisica e mentale di queste nuove vittime del mondo della comunicazione globale.