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Migrador Museum, storie di immigrati in Italia

[Post a cura di Viviana Premazzi, ricercatrice presso FIERI e Fondazione Oasis, membro del comitato scientifico del Migrador Museum.]

E’ online da quasi un anno, un seguito strepitoso e una rete di amici, collaboratori e supporter, perché il nome è facile ed efficace, Migrador Museum, perché l’idea è bella e innovativa e perché era proprio ciò che mancava in Italia.

Da quando Martino Pillitteri, ideatore di Migrador Museum, ha visitato Ellis Island, a New York, ha avuto fissa in testa l’idea di provare a realizzare qualcosa di simile anche in Italia: un museo che raccogliesse le storie di chi arriva o di chi torna, storie ed esperienze belle e dolorose, faticose e di speranza, che, come spesso capita, superano anche la nostra immaginazione e che hanno la capacità di raccontare la storia del nostro Paese mentre cambia.

Racconti di vita e di fantasia si mischiano cercando non solo di raccontare, ma anche di immaginare il Paese che vogliamo, il futuro che vogliamo per la nostra società.

Non sempre la migrazione è stata una scelta convinta, libera e volontaria, e allo stesso modo per molti non è facile rimanere oggi, quando anche tanti italiani e nuovi italiani stanno cominciando a emigrare di nuovo in cerca di un futuro migliore, di migliori opportunità.

L’Italia ha un patrimonio sconosciuto“, sostiene Martino Pillitteri, ideatore e responsabile di Migrador Museum. “E’ composto da tesori sotto forma di storie, esperienze, linguaggi, idee, coraggio, sacrificio,  colori, sapori, competenze di migliaia di persone senza volto e senza nome che hanno vinto una grande sfida: iniziare una nuova vita in un altro ambiente, in un’altra lingua e con codici culturali diversi“.

La prima storia raccontata viene dalla… Luna, e poi di settimana in settimana nuove storie, ciascuna accompagnata da foto e oggetti personali che ricordano il viaggio e l’esperienza della migrazione, i successi e le cadute: chi è arrivato per caso, chi per motivi professionali, chi per un partner, chi per disperazione, chi per studio, chi per turismo. “Sono tutte narrate in prima persona” – spiega Martino Pillitteri – “le scrivo così come mi vengono raccontate“.

Ad oggi sono state raccolte più di venti storie, storie di successo, di fatica, di vita, storie di persone provenienti dai paesi più diversi, Europea, Africa, America Latina.

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C’è la storia di Christine Chua “Fare o non fare. Non c’è provare”, premiata come imprenditrice straniera dell’anno al Moneygram Award 2014, che racconta la sua storia, dal ricongiungimento familiare al lavoro nelle famiglie milanesi, dai lavori come operaia e centralinista al fallimento della prima attività autonoma fino alla creazione della sua Delta Contract, azienda che opera in ambito internazionale nella vendita di corpi illuminati in particolare per le navi da crociera che le ha fatto ottenere l’ambito riconoscimento. Christine si permette di fare un appello all’Italia come sistema paese e agli italiani tutti suggerendo alle persone di “aggrapparsi alla loro tenacia, voglia di fare e professionalità”.

C’è poi la storia di Sampath Jayaesekara, “Nato in Italia, ma vengo da lontano”, nato in Italia, appunto, da genitori singalesi che, a loro volta, si erano conosciuti in Italia, rientrato in Sri Lanka a 6 anni e ritornato in Italia a 10 anni per la difficoltà da parte dei genitori di “reinserirsi nel contesto sociale e culturale singalese dopo essersi ‘italianizzati'”. In parole semplici – come dichiara lui stesso – Sampath è “un immigrato, dopo esserci nato, in Italia”.

Sampath, dopo il liceo artistico e lo IED, sviluppa oltre alla passione artistica anche quella per la religione, riscoprendo il buddismo e riavvicinandosi, attraverso la religione, alla comunità singalese da cui si era distanziato negli anni della scuola. Una volta però ottenuti i riconoscimenti professionali si scontra con la burocrazia italiana: ritardi, incomprensioni, problemi, incertezze, ma, alla fine, attraverso “una strada più lunga e più complicata”, come racconta, riesce ad ottenere ciò che desidera, e, riprendendo un detto dello Sri Lanka risalente all’epoca coloniale: “Parangiin Kotte giya wage” [spiegazione del motto al link sopra riportato, NdR], dichiara soddisfatto: “credo di aver fatto un lungo percorso per poi tornare alla meta (o percorso) a cui forse ero già destinato… ma la vita mi ha insegnato che a volte facendo i percorsi più lunghi e magari difficili si impara e ci si arricchisce molto di più”.

Ci sono anche le storie di Patrick Tayoum, “Nato in Libano, futuro medico, attualmente senatore”, primo studente straniero eletto nel Senato Accademico all’Università dell’Insubria di Varese, di Romel Sardar, “Una vita al massimo: hacker, trafficante di diamanti e arbitro di cricket”, ora sistemista presso l’Università Cattolica di Milano e arbitro nazionale per la Federazione Cricket Italiana, laurea a Bangkok, dottorato in Canada, con un passato da hacker e trafficante di diamanti e come loro quella di tanti altri uomini e donne che in Italia hanno trovato una possibilità e si sono impegnati al massimo per farla fruttare, che hanno trovato nuovi amici, nuovi progetti, e che stanno costruendo, che sono già, l’Italia di oggi e di domani.

Una volta al mese viene pubblicato anche un racconto di fantasia. Quando saranno diventati una dozzina, saranno raccolti in un e-book dal titolo “L’immigrazione raccontata dal futuro”.

Oltre alle storie, il sito raccoglie anche la pagina Migrador Dati, che presenta un elenco di media e associazioni “amici”, importanti supporter e membri del comitato scientifico e una redazione variegata e brillante, come la nuova Italia che si vuole raccontare!

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