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Giuristi europei, no all’uso illegale della forza contro la Siria

[Nota: traduzione a cura di Daniela Versace dall’articolo originale di Bill Bowring su Critical Legal Thinking]

In un recente incontro l’Associazione dei giuristi europei per la democrazia e i diritti umani ha ribadito l’illegalità, secondo le norme internazionali, di un intervento militare di altri Paesi in Siria. Questa la sintesi del documento redatto al termine dell’incontro. Il concetto principale degli avvocati dell’ELDH è: non si dovrebbe punire un crimine contro l’umanità ricorrendo illegalmente alla forza.

L’Associazione “European Lawyers for Democracy and Human Rights” (ELDH, giuristi europei per la democrazia e i diritti umani), i cui membri sono presenti in diciotto Paesi europei, ha fermamente manifestato la propria opposizione alla proposta, avanzata dalle potenze occidentali, di ricorrere all’uso illegale della forza contro il regime siriano.

Il Governo degli Stati Uniti conduce la sua chiamata alle armi contro la Siria, che necessariamente sarà causa di altre morti, con l’ostentato obiettivo di mostrare al Governo siriano che, uccidendo un gran numero di civili (presumibilmente con delle armi chimiche), si è oltrepassata la “linea rossa”, e che per questo dovrà  essere punito.

Anche il Parlamento britannico è stato interpellato, e nel voto tenutosi giovedì – 29 agosto 2013 –  ha votato contro il ricorso all’uso della forza da parte del Regno Unito, rigettando la giustificazione del Governo che ha parlato di “intervento umanitario finalizzato alla tutela dei civili“, proprio come fece per la Libia. L’ELDH nota come ciò faccia sorgere nuovi dubbi sulla legalità  della dottrina del cosiddetto “intervento umanitario”.

Il presidente francese continua invece a supportare la posizione degli Stati Uniti.

Ad ogni modo, Stati Uniti, Regno Unito e i loro alleati, continuando a minacciare e/o avviando un’azione militare di rappresaglia, commetterebbero una clamorosa violazione della Carta delle Nazioni Unite. La quale, all’articolo 2 comma 4 sancisce il divieto, per tutti i Paesi, di usare la forza, o di minacciarne il ricorso, per la risoluzione delle controversie internazionali. L’unica situazione in cui l’uso della forza è considerato legale dalla Carta, è descritta nel Capitolo VII all’art. 51 che permette di ricorrervi per difendersi dagli attacchi oppure nel caso in cui si sia autorizzati dal Consiglio di Sicurezza. Gli Stati Uniti, il Regno Unito e i loro alleati non hanno subito un attacco da parte della Siria, ed è assai difficile che il Consiglio di Sicurezza acconsenta il ricorso all’uso della forza a queste condizioni. La Russia, che ha appoggiato l’intervento armato in Libia, ha giustamente rilevato che gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia hanno abusato del mandato concesso dal Consiglio di sicurezza e, per rispetto alla Siria, non accetterà  la risoluzione proposta dal Regno Unito.

Gli Stati Uniti e la comunità  internazionale non sono riusciti a muovere quei passi costruttivi tali da sostenere gli sforzi di pace che avrebbero condotto alla fine della crisi siriana. Potenti Stati locali, invece, hanno condotto un’illegale guerra di prossimità  per guadagnare maggior peso nei negoziati futuri, valutando la situazione solo in termini di interessi geopolitici. Il risultato è stato, ancora una volta, quello di mostrare come le “soluzioni militari” a problemi di natura politica ed economica non siano per niente una soluzione. Nel frattempo, le ostilità  tra le fazioni religiose sono state infiammate a tal punto che la demonizzazione reciproca ha creato un terreno fertile per un genocidio nonchè la scusa per negoziare con chiunque abbia “le mani sporche di sangue”.

L’EDLH insiste sul fatto che secondo il diritto internazionale, non si dovrebbe intervenire con la forza in caso di guerra civile, come quella che si sta combattendo in Siria. Peraltro, la ragione per cui l’attuale conflitto continua da due anni e mezzo è che, sin dall’inizio, diversi stati del Medio Oriente, così come gli Stati Uniti e la Russia, sono intervenuti in supporto dei “ribelli” del governo.

Qualora dovesse essere confermato l’uso di agenti chimici, come il gas nervino in Siria, l’ELDH ribadisce la propria condanna nei confronti di qualunque parte in conflitto in Siria faccia uso di armi di questo genere. Nonostante gli Stati Uniti sollevino “un piccolo dubbio che Assad abbia usato questo tipo di armi“, dubbi significativi sono stati avanzati dagli esperti, i quali vedono la reale possibilità  che i “ribelli” stiano cercando di generare una situazione tale per cui gli Stati Uniti intervengano contro il regime di Assad. Questo ci ricorda che nel maggio del 2013, Carla Del Ponte, un membro della Commissione internazionale indipendente per l’inchiesta in Siria delle Nazioni Unite, ha dichiarato che testimonianze da parte delle vittime hanno suggerito fortemente l’azione dei ribelli in questo senso, e non del Governo siriano, il quale ha usato gas sarin durante un recente incidente.

Le armi chimiche che uccidono e procurano gravi menomazioni alle persone sono illegali e il loro uso rappresenta una violazione del diritto di guerra. Dal regolamento dell’Aja del 1899 e del 1907, con cui le armi chimiche e velenose sono state vietate, dal successivo protocollo di Ginevra del 1925 e con la Convenzione delle armi chimiche, la loro illegalità è stata riaffermata. L’uso delle armi chimiche è un crimine di guerra. L’ELDH riconosce che l’uso di queste armi può far incorrere nella responsabilità  penale a coloro che le usano.

Il modo per impedire l’uso delle armi chimiche è il rafforzamento, all’interno della Corte penale internazionale, della censura delle stesse. Censura che ormai rappresenta una norma di diritto internazionale consuetudinario.

L’ELDH dunque ribadisce:

 

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