Voci Globali

Cartoline dal Ghana: sensazioni e riflessioni di una donna bianca

Antonella Sinopoli, coordinatrice editoriale di questa pagina, è impegnata da alcuni mesi in Ghana per alcuni progetti di cooperazione allo sviluppo. Oltre che editor di Voci Globali, Antonella presiede infatti l’associazione Ashanti Development Italia – con cui siamo in collaborazione. Tra i progetti in corso laggiù, segnaliamo l’ormai prossima inaugurazione di un centro medico presso il villaggio di Adutwam, nella regione Ashanti in cui operiamo, la prosecuzione di un gemellaggio tra due scuole materne, l’avanzamento di alcuni progetti nell’ambito del microcredito e infine un’indagine sulla povertà che ha recentemente avviato e di cui scriveremo ancora in questo spazio.
Invitandovi a visitare il blog curato da Antonella sulla pagina di Ashanti Development Italia, rilanciamo un suo recente post in cui affronta il tema del rapporto tra il mondo occidentale e il mondo nero, da lei già diffusamente trattato nel libro “White Arrogance“.

17 maggio 2013 – Io e David, un volontario da Londra che è qui in questo periodo con il ruolo di trainer per gli insegnanti della Junior e Senior school, abbiamo scoperto il piacere di fare una passeggiata nel pomeriggio sulla strada rossa che da Gyetiase porta a Mampong e fermarci alla Farmer’s Cave.

Il luogo è surreale solo per il semplice fatto che si trova nel mezzo del nulla, tra campi di cassava, il sentiero dalla terra rossa appunto, qualche casa diroccata, capre, tacchini e galline in libertà. Guardando da fuori non penseresti che all’interno c’è uno spazio che cerca di assomigliare ai bei locali all’aperto europei, tavolini e sedie (scadenti e pericolanti, David ne ha spaccate due e non per il suo peso), una rotonda per la band (David giura che una volta – io non c’ero – ce n’è stata una che ha suonato solo per lui), un bar con bevande fresche! Ci facciamo una birra e chiacchieriamo.

A servire ai tavoli Barbara, qui solo per qualche tempo in visita alla madre, ci ha detto. Lei vive ad Accra. Non faccio nessuna fatica a crederci tanta è la differenza tra le ragazze dei villaggi e quelle che vivono in città. Buon inglese, una certa dose di furbizia e modi affettati…


Ieri si è fermato un po’ con noi il proprietario, in realtà lo abbiamo chiamato noi perché eravamo curiosi di sapere chi fosse. È stata davvero una conversazione interessante. Negli anni ’80, periodo di instabilità in Ghana che per fortuna non è sfociato in guerra civile, ha tentato la strada dell’estero passando per la Nigeria. Non vi racconto tutta la storia – troppo lunga. Da lì riesce ad arrivare in Germania dove lavora per molti anni e poi tenta con l’America, dove vive per qualche tempo a New York.

Questa la sua sintesi delle due culture e dell’atteggiamento nei confronti dei neri:

quando in Germania ero disperato e mi tenevo la testa tra le mani la gente si avvicinava e mi chiedeva: “cos’hai?”. Io gli raccontavo i miei problemi e loro tornavano con birra, cibo e mi facevano compagnia. In America se mi tenevo la testa tra le mani solo la polizia si avvicina per chiedere se tutto andava bene. Ma poi non succedeva niente. In Europa non sei mai solo, negli USA te la devi cavare da solo.

Riflettevo: e com’è l’Africa per un bianco, una donna bianca, che programna di viverci più a lungo? Nessuno ti chiede come stai, più o meno tutti pensano che se sei lì in qualche modo devi aiutare loro, non aspettarti qualcosa. Sei l’acqua nella terra del fuoco e tu solo conosci il fuoco che ti arde dentro. Sei solo con te stesso. Almeno Kofi (questo il nome del proprietario della Farmer’s Cave) negli USA poteva contare sull’attenzione professionale degli agenti. Qui anche la polizia sta lì ad aspettarsi la banconota che scivola nel palmo della mano. (Ok, non tutti naturalmente).

Altra considerazione. Kofi continuava a dire: voi europei siete brave persone e vi assomigliate tutti, nell’aspetto e nella cultura. Io sono stato in Europa e posso riconoscervi, ma qui può accadere che quando vedono un bianco non lo distinguono da quello che vedono il giorno dopo. Ecco, questo fa il paio con i pregiudizi sull’Africa e sugli africani di cui ho parlato nel mio ebook White Arrogance. Prima o poi mi devo dedicare alla Black Arrogance. Ah, meno male che poi ha aggiunto: ma se togliamo via la nostra pelle nera e la vostra bianca alla fine siamo tutti uguali.

Rinviamo al blog di Antonella Sinopoli, Ashantide, per seguire i suoi aggiornamenti dal Ghana.

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