La crisi libica è una delle più recenti pagine della cosiddetta Primavera Araba, ma anche quella che per molti aspetti sarà tra le più durature, se si considera la moltitudine di attori intervenuti a vario titolo nel tentativo di ottenere una soluzione diplomatica e fermare il massacro di civili. Dopo più di sei mesi dallo scoppio della rivolta nel paese, nelle strade si continua a combattere e i ribelli, nonostante l’appoggio delle forze aeree della NATO e la caduta del Colonnello Gheddafi, devono affrontare la resistenza degli ultimi fedelissimi del dittatore. L’Unione Africana (UA), che sin dalle primissime fasi ha condannato le incursioni aeree delle forze della NATO, non ha potuto incidere significativamente nella soluzione della crisi. Ancora una volta l’UA ha dovuto farsi da parte e lasciare la gestione della crisi ad attori esterni. La road map proposta dall’UA ai rappresentanti dei ribelli libici, il Transitional National Council (TNC), è stata ignorata e anche in questa occasione non si è trovata “la soluzione africana ai problemi africani”.
[…] il compito della più grande organizzazione africana non è dei più semplici. Le profonde diversità politiche in un continente con 54 Stati, molti dei quali alle prese con la difficile coesistenza di diverse etnie e gruppi religiosi, contribuiscono ad acuire le situazioni di crisi a cui il mondo intero ha assistito. In questo contesto è estremamente difficile che un’istituzione sovranazionale come l’UA possa farsi carico, con i mezzi a disposizione, della soluzione dei problemi africani. Il futuro dell’UA, e la capacità di incidere in misura significativa sulle sorti delle popolazioni del continente, dipenderà in massima parte dalla volontà degli Stati di dotare l’organizzazione dell’autorità, della legittimazione e, soprattutto, dei mezzi necessari per poter rappresentare e difendere gli interessi delle nazioni africane. Il Prof. Prodi evidenzia in una recente intervista come l’UA stia percorrendo lo stesso cammino dell’Unione Europea e stia cercando, lentamente e non senza ostacoli, di conquistare la fiducia degli Stati membri ed essere a pieno titolo l’interlocutore principale nella soluzione delle crisi africane. Infine, non va trascurato il ruolo della comunità internazionale e di molti Stati che, finora, hanno forse avuto più interesse a minare l’autorità dell’UA che non a rafforzarla; in altre parole, a mettere da parte il consolidamento dell’unione per tutelare meglio i propri interessi con accordi bilaterali.
Il focus completo su Libia e Unione Africana, da cui è tratto questo stralcio, si può leggere qui.
[Il focus è a cura di Vincenzo Gallo e pubblicato su Equilibri coperto da copyright. Ripreso dietro autorizzazione]