diritti civili

Così muore l’arte, il potere che opprime e fa guerra alla cultura

Dalla Cina alla Turchia, passando per Egitto, Iran, Kenya, scrittori, registi, cantanti continuano a subire repressioni e violazioni anche brutali della libertà di espressione solo perché le loro opere o attività culturali vengono considerate pericolose dal potere. Le carceri cinesi e turche, per esempio, spiccano per il numero di intellettuali detenuti, ma anche negli Usa serpeggia la censura con la messa al bando di libri su razzismo o diritti LGBTQ+ nelle scuole. E le donne, dall’Iran ai territori curdi, sono spesso accusate di indecenza solo per aver esternato la loro vena artistica.

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Manganelli, lacrimogeni, pallottole: muore il diritto alla protesta

Manifestare il proprio dissenso contro ingiustizie, violazione dei diritti, abusi di potere dei governanti è sempre più difficile nel mondo. Non perché non ci siano persone disposte a esprimere pacificamente le proprie idee e a lottare per la democrazia e per i diritti, ma per la repressione forzata di cortei e manifestazioni da parte degli Stati. L’uso sproporzionato di armi, anche quelle meno letali come i lacrimogeni, di arresti, di atti di forza e di violenza fisica sta seriamente indebolendo il diritto a protestare. E, di conseguenza, la possibilità di costruire una società globale davvero evoluta, inclusiva, giusta e libera.

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Rumba congolese, da voce di libertà a strumento di propaganda

Nella RDC la storia della musica e della politica si intrecciano fin dai primi giorni di vita del Congo in quanto nazione indipendente. I leader che si sono susseguiti negli anni ben comprendevano il suo potere. Il 27 novembre prossimo si sarebbe dovuto tenere a Parigi un grande concerto che doveva segnare il ritorno del re della rumba lingala, Koffi Olomide, sulla scena europea. Le proteste portate avanti da un gruppo di attivisti congolesi noti come i “combattenti” e che definiscono Koffi il “Griot dei dittatori”, hanno contribuito a far annullare l’evento. Uno di loro, Zorobilele Ingeta, spiega a Voci Globali il motivo del boicottaggio.

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Algeria, basta Bouteflika. Il popolo abbatte il muro della paura

Le attuali proteste pacifiche significano soltanto una cosa per il popolo algerino: l’inizio di un nuovo capitolo nella sua storia. Il Paese, infatti, dopo anni di rivoluzioni e lotte per il potere, si ribella all’annuncio lanciato dal Fronte di Liberazione Nazionale che parla di un quinto mandato del presidente ottantunenne Bouteflika alle votazioni del prossimo 18 aprile. I cittadini scendono in piazza per denunciare l’incapacità dei leader politici di trovare soluzioni volte alla costituzione di una società giovane e creativa. E questa volta non si può ignorare il loro grido.

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Volontariato, una corrente di ottimismo e azioni positive

Il mondo del volontariato è sempre più ricco, eterogeneo e partecipato. Le istituzioni non profit del nostro Paese sono circa 336.000 e i volontari impegnati in esse superano i 5 milioni. Associazioni e singoli individui che decidono di impegnarsi in modo gratuito agiscono soprattutto in nome della solidarietà e dell’altruismo. Ma non solo. Gli studiosi sottolineano che alla base del servizio verso gli altri ci sono anche la ricerca dell’autostima, l’espressione di valori, il miglioramento di competenze personali. I risultati sono un mondo con meno bisogni e persone con maggiore fiducia in sé stessi e nel prossimo.

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