attivismo online

Twitter, con Elon Musk silenziato anche l’attivismo sulla disabilità

Nonostante le dichiarazioni sulla libertà di parola come “imperativo sociale” e sulla necessità di un sistema “ampiamente inclusivo”, nella visione di Musk non sembrano essere presenti le persone disabili e le loro esigenze. Il team di accessibilità di Twitter pare infatti cancellato, la piattaforma si allontana dai framework giuridici internazionali sui diritti delle persone con disabilità, e appare indebolita anche la capacità d’azione degli attivisti operanti online per i propri diritti. Aperto il confronto tra chi intende continuare a lottare all’interno della piattaforma e chi suggerisce di uscirne.

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Russia, cresce la resistenza a difesa di minoranze linguistiche

La protezione dei diritti delle minoranze linguistiche russe all’estero è sempre stata una priorità per la Russia, non si può dire altrettanto delle minoranze etniche all’interno del Paese. Di recente, è stato abolito l’insegnamento obbligatorio delle lingue minoritarie nelle scuole delle proprie “Repubbliche etniche” al fine di perseguire un programma di omogeneizzazione culturale. Tuttavia, questi tentativi di eliminazione del multiculturalismo hanno generato numerose proteste, ma soprattutto hanno portato la gente comune a unirsi in campagne a difesa delle proprie lingue native.

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Iran, quando la tua identità sui social ‘appartiene’ allo Stato

A sostegno della libertà di espressione i social media offrono, tra i vari strumenti introdotti in questi anni, la verifica del profilo, ovvero l’apposizione di un simbolo ufficiale sul profilo degli utenti, che ne assicura l’autenticità e ne certifica l’identità. Ciò consente maggiore protezione contro la diffusione di notizie false e la segnalazione dei contenuti per motivi politici, che spesso affliggono figure pubbliche socialmente impegnate. In Paesi come l’Iran molti attivisti non riescono ad ottenere il badge, anche per le barriere linguistiche esistenti sui social.

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Change.org, l’attivismo a portata di click

In Italia una media di 600 petizioni al mese. 350 quelle vinte in 2 anni di attività. Ma i “progetti” in Rete sono 15.000. Intervista a Salvatore Barbera, direttore delle campagne in Italia. Barbera non vuol sentire parlare del termine slackactivism, quella sorta di attivismo pigro che consente, attraverso un click di lavarsi la coscienza e pensare di aver davvero contribuito a cambiare il mondo. “Già qualche anno fa – dice Barbera a Voci Globali – è stata presentata una ricerca che dimostrava che le persone che partecipano alle petizioni online sono anche quelle che di solito scendono nelle strade”.

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