abusi su migranti

Fermare le violenze alle frontiere, lo chiedono i cittadini europei

L’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea afferma che “nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. Eppure, le politiche migratorie consentono l’esternalizzazione del controllo dei confini a Paesi che non rispettano i diritti umani e non puniscono crudeltà e respingimenti lungo le rotte di viaggio. Per costringere la Commissione Europea a intervenire con strumenti legislativi idonei nasce l’iniziativa di Stop Border Violence. Capiamo cos’è con interviste a Ciurcina, Francesconi, Camarda e Cibati del Comitato promotore.

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Migrazioni e torture, binomio di una società disumana e violenta

Negli ultimi anni, lo spostamento forzato di milioni di persone è divenuto sempre più frequente e pericoloso. Solitamente causato dal sovrasfruttamento delle risorse, dal cambiamento climatico e dalle politiche aggressive del Nord globale, tale fenomeno è spesso sinonimo di violenze e abusi. Voci Globali ha raccolto la testimonianza del docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia Fabio Perocco che ha curato una raccolta dedicata a questo tema. Raccogliendo ricerche condotte da specialisti, il libro documenta le gravi violazioni dei diritti umani che vengono perpetrate in ogni tappa del viaggio migratorio.

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Confine tra Bielorussia e Polonia, dove muore il diritto comunitario

A partire dall’inverno 2021 la situazione umanitaria lungo la frontiera orientale polacca si è trasformata in una vera e propria catastrofe umanitaria. Le autorità di Varsavia si sono macchiate di respingimenti arbitrari e violenze ai danni dei richiedenti asilo. Inoltre, le difficili condizioni climatiche hanno aggravato ulteriormente la situazione. Con lo scoppio della guerra in Ucraina e l’apertura ai rifugiati ucraini, è emerso il razzismo delle politiche di controllo dei confini europei. Attraverso una testimonianza diretta Voci Globali torna a parlare di criminalizzazione dei fenomeni migratori.

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Kafala, quando il lavoro diventa sfruttamento, abuso, schiavitù

Il sistema di sponsorizzazione del lavoro straniero – diffuso nei Paesi del Golfo Persico, in Giordania e in Libano – genera gravi forme di sfruttamento. Permettendo di fatto ai datori di lavoro un controllo quasi totale sulle vite dei migranti. ONU, UE, organizzazioni a tutela dei diritti umani ne chiedono da tempo l’abolizione. Senza però grandi risultati. Solo Arabia Saudita e Qatar hanno avviato delle riforme, che – ad oggi – non sono state ancora pienamente attuate. Da Beirut, una buona notizia: a febbraio si terrà l’udienza del primo processo penale instaurato contro un kafeel.

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Arabia Saudita, l’ombra degli abusi e violenze sui lavoratori

Lavorare come schiavi, sottoposti a violenze di ogni genere e con la certezza di non potersi muovere liberamente: questo accade nello scintillante Regno saudita arricchito – e protetto – grazie al suo petrolio. Il sistema di reclutamento della manodopera nella monarchia, formata soprattutto da stranieri, è un vergognoso meccanismo che obbliga i lavoratori ad obbedire ai loro padroni e subire ingiustizie e abusi. Ora il principe ereditario saudita ha lanciato un piano di riforme, anche sul lavoro, per dare una nuova immagine alla nazione. Ma i migranti rischiano di restare senza i diritti fondamentali.

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