Una delle ultime notizie dal fiorente mercato dei pesticidi riguarda il divieto negli USA del Clorpirifos. Utilizzato per decenni nelle colture alimentari, ad agosto 2021 questo prodotto è stato bandito dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti (EPA), dopo ben 14 anni dalla presentazione di una prima petizione al riguardo da parte di gruppi di pubblico interesse.
Il Clorpirifos è solo uno degli oltre 100 pesticidi pericolosi o potenzialmente tali venduti per l’uso agricolo negli Stati Uniti. La potenza americana impiega più di un miliardo di libbre di prodotti chimici in agricoltura, quasi un quinto dell’uso mondiale. Nel 2017 e nel 2018, l’EPA ha segnalato un centinaio di pesticidi contenenti sostanze valutate come pericolose. Alcuni di questi sono considerati cancerogeni dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E di conseguenza molti sono vietati in altri Paesi.
L’agricoltura statunitense utilizza 72 pesticidi vietati o in fase di eliminazione nell’Unione Europea, 17 sostanze bandite in Brasile e 11 in Cina. Queste differenze sottolineano come l’approccio USA alla regolamentazione dei pesticidi non sia sincronizzato con la legislazione a livello globale. Tuttavia, la circolazione di queste dannose sostanze è molto florida anche in altre parti del mondo.
Quello dei prodotti chimici illegali per impiego agricolo è uno dei traffici più fiorenti e diffusi a livello globale. Non solo negli Stati Uniti, ma in molti Paesi, compresa l’Italia, circolano ancora sostanze bandite dalle leggi, spesso grazie alle reti delle organizzazioni criminali. Con evidenti conseguenze per l’ambiente e la salute pubblica.
Innanzitutto, di cosa stiamo parlando? I composti agrochimici, e in particolare i pesticidi, sono parte integrante dell’agricoltura convenzionale. Insetticidi, erbicidi e fungicidi aiutano a massimizzare la quantità e la qualità di raccolto, riducendo i parassiti e le malattie che causano danni alle colture.
L’uso a livello globale è sempre più diffuso – si prevede che il mercato raggiungerà i 90 miliardi di dollari entro il 2023 – e non sorprende che le versioni contraffatte e scambiate illegalmente abbiano trovato la loro strada nei mercati di tutto il mondo. I prodotti agrochimici illegali includono: pesticidi ormai obsoleti e non più autorizzati; pesticidi non testati, non regolamentati o senza licenza; articoli importati senza autorizzazione; pesticidi contraffatti; pesticidi con etichette false.
Come ha sottolineato un report di TRACIT (Transnational Alliance to Combat Illecit Trade), i pesticidi contraffatti e illegali spesso contengono sostanze chimiche vietate o limitate a causa del rischio che comportano per la salute umana e per l’ambiente. I componenti sconosciuti possono danneggiare o distruggere completamente il raccolto trattato, compromettendo così il sostentamento degli agricoltori, nonché privare i Paesi di entrate economiche. Inoltre, questi prodotti illegali vengono spesso camuffati nelle etichette, violando i requisiti internazionali studiati per garantire la sicurezza durante il trasporto. Di conseguenza, sostanze altamente tossiche, infiammabili o comunque pericolose vengono stipate in camion e mezzi senza il dovuto riguardo per la sicurezza del personale che maneggia e trasporta il prodotto.
Il loro impiego dilaga e le entrate globali di tale commercio illecito sono stimate a più di 4,4 miliardi di euro all’anno. La circolazione di pesticidi illegali rappresenta oltre il 10% del mercato mondiale totale, per un valore finale di 44 miliardi di euro.
Solo nel 2021, tra gennaio e aprile, in Europa l’operazione Silver Axe dell’Europol, alla sua sesta iniziativa, ha effettuato 12 arresti (7 in Italia e 5 in Spagna); segnalato 763 infrazioni ed eseguito 268 sequestri comprendenti 1.203 tonnellate di pesticidi illegali in totale, tra cui 100 tonnellate di prodotti contraffatti sequestrati a venditori, produttori e aziende di logistica e 82 tonnellate di pesticidi sospettati di contraffazione e attualmente sotto inchiesta.
Nelle ultime sei edizioni dell’operazione, sono state sequestrate in tutto 3.771 tonnellate di pesticidi vietati. Durante l’edizione 2021, le forze dell’ordine hanno preso di mira la vendita di prodotti contraffatti, vietati e importazioni non regolamentate, sia online che nel mercato reale, nei 27 Paesi UE e in altri 8. Sono state eseguite ispezioni alle frontiere terrestri e marittime, nei mercati interni, presso fornitori di servizi pacchi e nei mercati online.
Ne è emerso che l’abuso nel commercio di pesticidi illegali varia dal traffico di prodotti contraffatti o etichettati erroneamente all’importazione irregolare di sostanze vietate come il clorpirifos, specificamente preso di mira durante Silver Axe VI. Mentre l’Asia rimane la principale regione di provenienza dei pesticidi illegali, Europol ha notato un aumento delle loro vendite online.
Ma è tutto il mondo a essere coinvolto. I pesticidi sintetici vietati all’interno dell’Unione Europea continuano a viaggiare verso i Paesi in via di sviluppo, dove la regolamentazione al riguardo è molto più blanda. Un caso esemplare è quello del Kenya. La nazione è una delle principali destinazioni dei fitofarmaci vietati in UE. L’agricoltura dello Stato africano rappresenta circa il 30% del PIL, e oltre il 75% della popolazione del Kenya – 53 milioni di persone – comprende piccoli proprietari e lavoratori agricoli. Il Paese è il principale esportatore mondiale di tè nero e fiori recisi, nonché uno dei principali fornitori di caffè.
Poiché i principi attivi per i pesticidi non sono prodotti nel continente africano, il Kenya fa affidamento sull’import di prodotti chimici dalla Cina (42%) o dall’UE (30 %). La domanda keniota di pesticidi sta aumentando rapidamente e questo spiega anche perché fino al 18% dei prodotti utilizzati nell’agricoltura è stimato come contraffatto. Un significativo volume di pesticidi arriva per esempio dai vicini Tanzania e Uganda, che sono hotspot dell’agrochimica illegale e dove i livelli di fitofarmaci ed erbicidi contraffatti superano anche il 40%. Il Kenya ha anche un grave problema di stock di prodotti obsoleti, che non vengono conservati in modo sicuro e quindi potrebbero contaminare terreni e acqua potabile.
Uno studio su 800 residenti nella regione del Lago Naivasha, centro dell’orticoltura su larga scala in Kenya, ha evidenziato problemi respiratori, cutanei, ossei e del sistema nervoso soprattutto su donne che lavorano nei campi.
La situazione dei pesticidi illegali rischia di precipitare in Brasile. Qui, infatti, prodotti chimici illeciti e nocivi passano indisturbati in quella che è una delle rotte di contrabbando più redditizie dell’America Latina, al confine con il Paraguay. Secondo quanto raccontato da media internazionali, le sostanze vietate sono spesso nascoste sotto altre merci, come sacchi di grano, dove possono essere stipate anche 12.000 libbre del pesticida Emamectin benzoato. Questo prodotto illegale, fabbricato in Cina e poi scambiato attraverso il confine con il Paraguay, è due volte più potente di quello consentito in Brasile.
Adulterati in laboratori e garage, spacciati come i narcotici, cooptati da bande e mafie, i pesticidi contraffatti e di contrabbando stanno inondando sia i Paesi sviluppati che quelli in via di sviluppo, con conseguenze ambientali e sociali che sono non più sottovalutabili, ha riferito il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente nel 2019. E la nazione brasiliana è in cima alla lista di quelle più attive in questo commercio illecito. Gli esperti del settore sono allarmati: nel 2019, per esempio, i pesticidi illegali rappresentavano il 24% di tutti quelli utilizzati in Brasile, secondo la Federazione delle industrie dello Stato di San Paolo (Federação das Indústrias do Estado de São Paulo – FIESP).
Ci sono pochi prodotti più importanti per il Brasile dei fitofarmaci ed erbicidi vari. In qualità di primo produttore mondiale di soia, arance e caffè, il Paese esporta circa 100 miliardi di dollari all’anno in prodotti agricoli, una produzione che secondo gli analisti sarebbe dimezzata senza prodotti agrochimici. Secondo Phillips McDougall, una società di intelligence dell’agrobusiness, la nazione oggi è diventata il più grande mercato mondiale di pesticidi, anche illegali, con vere e proprie bande mafiose specializzate in questo contrabbando. Nel 2018, il commercio dei prodotti agrochimici valeva qui 10,1 miliardi di dollari in più di quelli di India e Cina messi insieme.
Esemplare la vicenda del Paraquat, tra i pesticidi più venduti nel Paese, vietato dal Brasile nel 2017 e solo nel settembre 2020 ufficialmente bandito, con l’entrata in vigore della legge. Tuttavia, lo Stato ha poi deciso di prorogare la scadenza del suo utilizzo, in modo che gli agricoltori potessero ancora impiegare le loro scorte di prodotto nel raccolto 2020-2021. Molti agricoltori hanno acquistato maggiori quantità di Paraquat in previsione del divieto, quindi si prevede che il suo pieno impatto si farà sentire solo nel successivo al raccolto. La notizia non è affatto buona visto che si stima che questo pesticida sia la seconda causa di morte tra gli agricoltori. Esso è utilizzato su diverse colture, in particolare per l’essiccazione della soia.
Grave anche la situazione in Turchia. Uno studio del 2019 di Greenpeace Mediterranean ha rilevato che il 15,6% delle verdure esaminate conteneva anche pesticidi illegali come il Carbendazim, bandito dall’Unione Europea nel 2015. La Turchia ha vietato l’uso agricolo del Carbendazim nel 2018. È stato scientificamente dimostrato che il pesticida influisce sulla fertilità, sugli ormoni umani e sul sistema nervoso. Può anche stimolare la crescita di tumori al fegato, oltre a rappresentare gravi rischi per la salute del feto.
Il pericolo, ovviamente, non è solo dei consumatori turchi. Secondo l’Associazione degli esportatori del Mediterraneo (AKIB), il Paese ha infatti esportato un totale di 532.000 tonnellate di pomodori, 112.600 di peperoni e 55.100 di cetrioli nel 2019. In tutto, ha venduto circa 4 milioni di tonnellate di frutta e verdura in altri mercati nel 2019, con 136.300 tonnellate di quelle esportazioni sbarcate in Germania. I ricercatori hanno anche scoperto che il contenuto tossico del 42% delle verdure esaminate non si era decomposto e si era invece depositato nel terreno o disperso nell’aria.
E in Italia? Il nostro Paese non è affatto esempio virtuoso al riguardo. Nell’aprile 2021 si è conclusa l’indagine Job tax dei carabinieri del Nas di Latina che ha scovato, tra le altre irregolarità, come lo sfruttamento dei braccianti agricoli, anche l’uso nell’Agro pontino di fitofarmaci tossici e vietati sulle coltivazioni.
E non mancano inchieste nelle quali è emerso che nel Lazio, in Sicilia e in altre regioni italiane si commerciano, di contrabbando, erbicidi, pesticidi, fitoregolatori banditi da anni in Italia perché tossici. Molto spesso i braccianti sono anche costretti a utilizzarli senza alcun patentino o dispositivo di sicurezza.
Un’agricoltura sempre più malata, avvelenata e non equa rischia dunque di diffondersi a macchia d’olio con il commercio – impunito – di pesticidi illegali.