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Volontariato, una corrente di ottimismo e azioni positive

Volontariato

“…Per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà”.

Così recita l’articolo 2 della legge 266/1991, meglio nota come legge quadro del volontariato. Una lettura attenta della disposizione normativa riporta alla memoria anche il testo costituzionale nell’articolo 2. È qui che si legge che la Repubblica richiede ai cittadini l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale.

In queste definizioni di tipo legislativo si svela tutta la potenza del volontariato, sospeso tra il compimento di doveri propri del cittadino e lo slancio intimo e personale al fare per gli altri. Fenomeno ormai irrinunciabile per il progresso sociale, economico e morale della comunità civile, la spinta all’impegno personale in azioni di volontariato ha spiegazioni storiche, culturali, motivazionali.

Non è facile dare una definizione unica di volontariato e di volontario. Prendendo in prestito concetti elaborati da studiosi, si possono citare:

“Il volontariato si delinea come un’attività con assenza di un rendiconto economico, di natura altruistica, senza vincoli di parentela/amicizia che leghi i soggetti implicati nel rapporto dare/ricevere” (Tavazza)

“Il volontario è una persona che sceglie liberamente di prestare qualche tipo di aiuto o servizio a terzi, che sono sconosciuti, senza né ricevere né sperare di ricevere alcun tipo di ricompensa economica, inoltre è necessario che il volontario svolga questa attività in un’organizzazione formalmente costituita senza scopi di lucro” (Vecina)

Cosa c’è, dunque, alla base del volontariato? Gratuità, innanzitutto. Intesa proprio nel significato di assenza di un ritorno personale di tipo economico, pecuniario o materiale di qualunque tipo. Senza la dimensione gratuita, l’offerta di tempo, impegno, azione, talento non può dirsi volontaria.

E poi la solidarietà, considerata come condivisione di responsabilità e propositi e come fratellanza e sostegno tra membri di una comunità. Il tutto, naturalmente, affiancato da uno spiccato approccio altruistico, che spinge le persone a finalizzare il proprio operato al bene degli altri, anche se sconosciuti.

Il volontariato, in realtà, coinvolge altre importanti variabili. Esiste proprio un modello scientifico per spiegarne motivazioni e funzioni. Secondo lo schema degli americani Omoto e Snyder, infatti, si sceglie di fare volontariato per esprimere valori; per conoscere ed esercitare nuove competenze personali che altrimenti rimarrebbero inesplorate; per favorire la socializzazione e il riconoscimento sociale; per scopi utilitaristici, come fare esperienza utile per avanzare nella carriera professionale; per ridurre il proprio senso di colpa verso gli altri meno fortunati; per accrescere l’autostima.

Recupero di una stazione in degrado da parte di volontari – Flickr Creative commons – Bellezza Italia

Esercitato con azioni individuali o, soprattutto, in organizzazioni associazionistiche, il volontariato segue anche un percorso storico ben preciso. L’origine risale al cattolicesimo e alle sue prime confraternite per poi svilupparsi anche con altre matrici, come quella socialista. È negli anni ’70 che si afferma il Terzo settore e, con esso, il mondo del volontariato si diffonde in modo capillare con organizzazioni senza scopo di lucro. La solidarietà nelle forme più assistenziali e caritative lascia spazio anche ad altre espressioni altruistiche, ispirate al bisogno di diritti, cultura, educazione, protezione ambientale, miglioramento della vita urbana, giustizia sociale.

Il volontariato, soprattutto, inizia ad agire dove il Welfare State comincia a scricchiolare e dove le istituzioni, più vicine ai territori urbani grazie al decentramento, non riescono a rispondere adeguatamente ai disagi sociali dei cittadini. Con gli anni’ 80 si assiste anche ad una crescita della partecipazione civile alla politica, con azioni ed organizzazioni di attivismo importanti e dalla connotazione volontaristica.

Le crisi dello Stato sociale e mercato più visibile negli anni ’90 spiana la strada al terzo settore. Le organizzazioni volontarie, infatti, spingono i singoli cittadini a pensare e ad organizzarsi in modo autonomo su come poter migliorare la propria vita. E, nell stesso tempo, offrono lo strumento per esprimere la solidarietà verso gli altri e la responsabilità non solo verso se stessi, ma nei confronti della comunità civile.

Volontari montano tende dopo il sisma in Abruzzo – Flickr Creative Commons – Andrea Omizzolo

Individuali e organizzati, oggi i volontari attivi sono molti. Il mondo del non profit è diventato più eterogeneo e con maggiore referenzialità rispetto alle stesse istituzioni. A volte, le associazioni che lavorano sul territorio con volontari sono considerate dei partner affidabili della politica pubblica. A livello individuale, la decisione di donare il proprio tempo liberato da lavoro e altro per operare senza nulla in cambio assume interessanti significati relazionali e di socialità.

Qual è, dunque, il quadro del volontariato oggi? Secondo alcuni dati Istat, nel 2016 le persone (dai 14 anni in su) che hanno svolto almeno un’attività gratuita nell’ultimo anno sono state il 13,2% della popolazione. Di queste, il 23,3% è composto da individui con una laurea, mentre il 5,1% da chi ha solo la licenza elementare o nessun tipo di titolo. Il maggiore attivismo in associazioni di volontariato, inoltre, si registra tra studenti (18%) e lavoratori (16%), mettendo in evidenza un importante legame tra istruzione e inserimento in contesti relazioniali – quali scuola e lavoro – con la propensione a fare volontariato.

A fine 2015, in base al censimento Istat del settore, le istituzioni non profit in Italia sono 336.275, con un impiego di personale volontario pari a 5.529.000 individui. Rispetto ai 4 anni precedenti, il numero di volontari registra un aumento del 16,2%.

Volontari distribuiscono cibo ai poveri alla stazione Tuscolana a Roma – Flickr Creative Commons – Camelia Boban

I settori prevalenti nel mondo del non profit, ai quali si rivolge maggiormente l’attività di volontariato risultano: cultura, sport e ricreazione al 64,9%; assistenza sociale con il 9,2%; relazioni sindacali e rappresentanza di interessi al 6,1%; religione con il 4,3%; istruzione e ricerca al 4,0%; sanità con il 3,4%. Sul territorio nazionale operano il 34% di istituzioni senza scopo di lucro con finalità di sostegno e supporto a soggetti deboli; il 20% di enti con missione legata alla promozione di diritti e il 13% di istituzioni con lo scopo di curare i beni collettivi.

I numeri indicano anche quanto operare in modo gratuito abbia ripercussioni positive sullo stesso volontario. All’interno di un’associazione di volontariato, infatti, si trovano spazi e situazioni dove poter concretizzare l’identità in una causa e ideali. Si attiva una catena di benessere e positività.

Si spiega, quindi, perché si dichiarano soddisfatti della propria famiglia il 40% dei volontari contro il 32,7% di chi non opera nel volontariato. Il grado di soddisfazione generale per la vita e le relazioni si attesta su percentuali più alte per i volontari rispetto a chi non è attivo (più del 50% contro il 40%). L’impegno associativo volontario, inoltre, spinge verso un maggiore ottimismo generale. I volontari che credono in un miglioramento della propria vita sono il 39,5%, mentre sono solo il 26,5% tra chi non svolge volontariato.

Importanti sono anche le connessioni tra chi si impegna in modo gratuito e la fiducia negli altri. Quello che gli studiosi chiamano effetto “bridging” del volontariato – la capacità del volontariato di creare legami con l’esterno che si traducono in rapporti di fiducia – si manifesta con la considerazione degli altri come “degni di fiducia” da parte del 31,9% delle persone. Tra chi non è volontario, solo il 18% ha questa stessa visione del prossimo.

Il volontariato, espresso attraverso il variegato settore del non profit, delle associazioni e con atti individuali, è una realtà preziosa e ormai ben radicata. È un motore di benessere a 360°. Forse proprio perché, come affermava Baden Powell, fondatore dello scoutismo (movimento educativo non formale che si nutre di volontari):

Il vero modo di essere felici è di procurare la felicità agli altri.

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