Voci Globali

Wakhan, pace ed echi di storia dal più remoto Afghanistan

[Franco e Roberto Galati – padre e figlio – ogni anno si mettono in cammino. Non viaggi qualunque bensì sempre in zone remote di questo nostro piccolo e grande pianeta, si tratti delle regioni desertiche dell’Asia o degli immensi spazi silenziosi dell’Antartide.

I due viaggiatori sono appena rientrati dalle montagne solitarie dell’Afghanistan. Incontri e storie incredibili di cui qui hanno tracciato un breve resoconto. “Un mondo a parte” lo hanno definito. Un mondo dal quale sono passati secoli di Storia, con i suoi protagonisti, e in cui oggi possiamo tentare di immergerci attraverso questa ricostruzione e le poetiche – e potenti – immagini che l’accompagnano.]

La valle o corridoio del Wakhan è una sottile striscia di territorio (lunga 350 km e larga tra i 13 e i 65 km) collocata nel Nord-Est dell’Afghanistan, confinante a Est con la Cina attraverso il passo Wakhjir (4.932 mt), a Sud attraverso tre differenti passi con il Pakistan e a Nord con il Tagikistan da cui è diviso dal fiume Panj. È attraversata dai fiumi Pamir e Wakhan che confluiscono ad ovest nel Panj, che costituisce buona parte del bacino del fiume Amu Darya, noto anche con il nome di Oxus dall’antica dizione greca. Nella parte centrale il Wakhan è chiuso tra il piccolo e il grande Pamir; a Sud il territorio confina con le montagne dell’Hindu Kush.
È attraverso i passi dell’Hindu Kush che gli invasori dall’Asia Centrale portarono intorno al 1500 a.C. la cultura e le lingue indoeuropee. Questa striscia di territorio è un punto d’incontro tra Asia Centrale e Orientale, vi passava infatti la Via della Seta e fu questo il percorso compiuto da Marco Polo, tant’è che nella lingua locale si conserva ancora il suo ricordo. Quest’area fu inoltre attraversata da conquistatori come Alessandro Magno, Gengis Khan, Tamerlano e il suo discendente Babur; furono inoltre attraversate da mercanti (sin dall’epoca greco-romana), religiosi (zoroastriani, buddhisti, induisti, nestoriani, cristiani, manichei, islamici), esploratori, avventurieri, ambasciatori.

Nel 1949 questa strada carovaniera fu interrotta con la chiusura dei confini da parte di Mao Tse Tung durante la conquista comunista della Cina.

L’isolamento del territorio è dovuto oggi alla chiusura delle frontiere da parte di Pakistan e Cina per timore del contrabbando di droga ed armi in territori a loro volta delicati: la Cina confinante è lo Xinjiang (ex Turkestan orientale); la popolazione, gli Uiguri, di origine turcica e islamizzata fomenta disordini contro l’invasore cinese; nel territorio contiguo del Pakistan vi sono gli echi delle contese cruente soprattutto con l’India e in parte con la Cina in relazione alla regione del Kashmir in cui non è assente il problema religioso tra induisti ed islamici.

Di conseguenza, tutto ciò che arriva in questa piccola regione proviene dall’Afghanistan, tra cui l’oppio. La mancanza di medicine, l’ignoranza e i lunghi inverni hanno creato dipendenza dall’eroina, anche se pare che questa sia una piaga in esaurimento e, allo stato attuale, queste coltivazioni sono state abbandonate a beneficio delle produzioni tradizionali, soprattutto di cereali.

Il territorio, prima dell’avvento dell’Islam, era conteso tra Cina e Tibet e successivamente fu conteso tra i diversi khanati ed emirati. Gli attuali confini sono stati decisi in seguito a una serie di trattati stipulati tra Russia zarista e Impero britannico che lottarono per il controllo dell’Asia Centrale per buona parte del 1800. Il Grande Gioco, così era chiamato dalla spia inglese Arthur Conolly questo gioco di spionaggio e controspionaggio tra le due potenze attraverso territori impervi e allora per lo più sconosciuti in termini geografici, e che vennero cartografati in quella circostanza.

Altre potenze si inseriranno di volta in volta: Napoleone con l’intento di sottrarre l’India agli inglesi con una spedizione dall’Egitto in accordo con lo Zar le cui truppe sarebbero penetrate dal Nord dell’India; e poi Persiani, Arabi e gli emirati locali. I due grandi imperi nella loro massima espansione, la Russia e l’Impero Britannico, finirono per toccarsi causa confini contigui e ciò era foriero di tensioni, perciò il trattato definiva la costituzione di uno Stato cuscinetto: il corridoio del Wakhan nacque in queste circostanze.

Il territorio è abitato da popolazioni antiche composte prevalentemente da Wakhi, in parte da Tagiki (popolazione di lingua iranica e di origine ariana), e da nomadi kirghisi, di origine turcica. Abitano nei pochi villaggi, una trentina, per un totale di circa 15.000 abitanti, che rappresentano delle vere e proprie oasi verdeggianti in un territorio arido e sassoso. In queste oasi si pratica la pastorizia (ovini, caprini, bovini, yak, cammelli battriani, asini, cavalli, ecc.) e l’agricoltura, (grano, orzo, patate, legumi e alcuni alberi da frutto). Gli alberi, nelle valle sono pochi, pertanto non possono essere sprecati per il riscaldamento; sono prevalentemente pioppi che crescono in lunghi filari come soldatini, il salice di montagna, il platano orientale (çinar).

Il paesaggio è maestoso per le sue ampie vallate incorniciate da un susseguirsi di montagne di cui le più alte esibiscono grandi ghiacciai. La strada sterrata da Ovest a Est corre lungo la sinistra orografica del fiume Panj e poi lungo la sinistra orografica del fiume Wakhan. La valle offre paesaggi sempre diversi e suggestivi, villaggi di verde acceso fanno di contrappunto alle torreggianti pareti della vallata che si aprono offrendo scorci mozzafiato delle vette dell’Hindu Kush e del Pamir.
Si notano talvolta rovine di fortezze, tra cui alcune risalenti a Gengis Khan, nonché muri di santuari decorati con corna di stambecco. La strada corre talvolta vicino o a strapiombo sul fiume, alle volte si allontana per cercare un passaggio più agevole tra le pietraie del fondovalle. Il percorso tracciato è di 250 km e attraversa i villaggi più noti, fino a Sarhad-e Broghil (3270 mt) dove finisce la pista carrozzabile. Si potrebbe proseguire, ma a dorso di mulo e a piedi per un trekking di alcuni giorni muniti di tutto: tenda, cibo, medicinali, ecc. poiché lungo il percorso non vi sono villaggi e gli unici abitanti che si potrebbero incontrare sono i nomadi kirghisi.
La località principale della valle, Sultan Ishkashim, si trova in un territorio fertile a un’altitudine di 2660 metri. Essa è adiacente al confine con il Tagikistan da cui la divide un ponte sul fiume Panj. È nota per l’unico bazar della valle composto da baracche di legno distribuite sull’unica via. I prodotti sono pochi e di bassa qualità, ma il folklore non manca. La cucina è basata essenzialmente sulle colture locali: orzo, riso, grano, fagioli, melograni, uva, mele, meloni, albicocche, aglio, cipolle, noci. Il latte e i suoi derivati come lo yogurt sono ampiamente utilizzati, inoltre vi è un ampio utilizzo di spezie, anche per l’influenza della cucina pakistana, tra cui spiccano coriandolo, zafferano, menta, cardamomo. Le carni provengono dai loro allevamenti: pollo, pecora, montone, manzo… Le bevande alcoliche, birra perlopiù, essendo proibite non sono reperibili facilmente.
Di grande impatto emotivo l’incontro con le popolazioni dei Wakhi, con il loro abbigliamento dai colori vivaci, che vivono nella vallata da 2500 anni, cordiali e curiosi e per nulla invasivi, semmai siamo noi con le macchine fotografiche a divenire petulanti. Non si riscontrano aspetti di fanatismo religioso, la setta sciita ismailita cui appartengono è ancora intrisa di riti sciamanici, come per esempio pezzi di stoffa appesi agli alberi che ricordano le bandierine tibetane oppure santuari decorati con corna di stambecchi.

Colpisce molto, varcato il fiume Panj che separa l’Afghanistan dal Tagikistan, come tutto cambi radicalmente, nonostante gli elementi geografici restino gli stessi da entrambi i lati. Sarà che forse i Wakhi hanno la vastità di quelle valli nei loro occhi e nei loro sguardi; sarà il silenzio antico in cui sono immersi i piccoli villaggi; sarà la sabbia e la polvere che si respira tutto il giorno; saranno le strade accidentate, fatte di pietra e di buche, che non lasciano un attimo di respiro; sarà la gentilezza e l’ospitalità dei suoi abitanti; saranno i sorrisi contagiosi dei bambini. Ma il Corridoio del Wakhan pare davvero un mondo a parte. Immenso, puro, selvaggio.

Exit mobile version