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Carte da teatro, Kamishibai: l’arte antica dai molti linguaggi

[Traduzione a cura di Davide Galati dall’articolo originale di Géraldine D. Enjelvin pubblicato su The Conversation]

In un mondo in cui il progresso tecnologico sembra dominare ovunque, a volte sembra quasi che non valga la pena di impegnarsi per un’attività che non preveda uno schermo o una tastiera.

Nonostante questo sfondo di costanti sviluppi hi-tech, una tradizione secolare giapponese di teatro narrativo resiste e viene fatta rivivere per il pubblico moderno. È il kamishibai – da kami, che significa carta, e shibai, che significa gioco o teatro – l’antico strumento di narrazione giapponese che molte biblioteche, case di riposo e scuole usano in diversi Paesi in tutto il mondo.

Il kamishibai è un mezzo così potente che Medici senza frontiere l’ha adottato nel 2011 nell’ambito della sua campagna contro l’AIDS “Befriend Malik“.

Più recentemente, un’organizzazione francese che promuove il plurilinguismo, DULALA – che sta per D’Une Langue A L’Autre, e che traduce “da una lingua all’altra” – ha incoraggiato le scuole francesi ad entrare nella sua prima competizione nazionale kamishibai. Quest’anno, DULALA ha lanciato il suo primo concorso internazionale “Plurilingual Kamishibai Competition“.

Lo stile di strada della narrazione ricorda due tradizioni giapponesi: l’etoki, arte del racconto che risale al XII secolo, e quella dei benshi, i narratori dei film muti del Novecento. Ma a differenza di un libro illustrato, che è progettato per essere goduto da un individuo, il kamishibai è un’attività di gruppo – un’esperienza condivisa. I narratori coinvolgono il loro pubblico, suscitando reazioni e risposte dall’audience.

Una breve storia del kamishibai

Dagli anni ’20 ai primi anni ’50, venditori di dolci e cantastorie giapponesi viaggiavano in bicicletta di città in città, di villaggio in villaggio, attirando un pubblico numeroso e giovane. Gli uomini Kamishibai assicuravano il loro butai – una struttura di legno, mezza cornice e mezzo palco teatrale – sul retro della loro bicicletta, usando battagli di legno (hyoshigi) per richiamare i loro giovani spettatori.

I bambini che avevano acquistato dolci dal venditore potevano sedere davanti al butai. Una volta che tutti si erano sistemati, l’uomo kamishibai cominciava a raccontare una storia – tirando fuori uno dopo l’altro i suoi bozzetti numerati e facendoli scorrere dietro allo scaffale.

Illustrazione kamishibai per bambini

Sulla parte anteriore delle tavolette c’erano illustrazioni per il pubblico, mentre sul retro della tavoletta precedente c’era il passaggio corrispondente, che il narratore leggeva ad alta voce.

Per assicurare la consuetudine della ripetizione, l’uomo kamishibai si fermava a un certo punto chiave. I bambini, desiderosi di conoscere la fine della sua storia, sarebbero tornati e gli avrebbero comprato più dolcetti.

Gioco di carta

Le esibizioni e i laboratori di kamishibai sono popolari in Francia, Belgio, Italia, Spagna, Germania, Sudamerica e Stati Uniti.

I bozzetti possono introdurre il pubblico ai racconti folkoristici del Giappone – come Cappelli per i Jizo. O, per il pubblico europeo, potrebbero concentrarsi sui racconti più vicini a casa, come La leggenda dell’abete dall’Alsazia, storica regione della Francia orientale.

 

Le tavolette coprono anche una vasta gamma di temi, dall’amicizia a cosa significhi invecchiare, Babbo Natale o persino l’autismo. Possono essere molto reali – alcuni spiegano il ciclo dell’acqua, mentre altri si concentrano sui sopravvissuti alla bomba atomica di Nagasaki o anche su Leonardo da Vinci.

Narratori moderni

Il kamishibai è uno strumento estremamente versatile e divertente, il che spiega perché le scuole di molti Paesi l’abbiano adottato in classe. Offre un approccio integrato non solo per l’apprendimento o la revisione, ma anche per l’arte drammatica e visiva. Non è per nulla sorprendente quindi che sempre più storie kamishibai siano disponibili in diverse lingue – e alcune offrono fino a tre livelli di difficoltà di lettura per storia.

Tara McGowan, che ha pubblicato diversi libri e articoli sul kamishibai, spiega come questo strumento offra una vasta gamma di possibilità: “dall’estremo controllo gerarchico” – quando un insegnante legge una storia kamishibai pubblicata a “un pubblico silenzioso di bambini educati” – a pratiche più interattive che danno agli studenti la possibilità di dirigere l’attività.

La “story box” dell’autrice dell’articolo, che, con le sue serrande blu, richiama le atmosfere del sud della Francia.

Di conseguenza le esibizioni di kamishibai possono assumere varie forme. A volte il narratore legge un kamishibai già pubblicato, ma occasionalmente improvvisa e incorpora gli interventi del pubblico durante il racconto. Altre volte, i membri del pubblico possono prendere in carico la lettura o l’esecuzione di storie kamishibai pubblicate. Infine, i partecipanti possono creare ed eseguire un kamishibai – individualmente o come gruppo – scrivendo un racconto originale e illustrando i propri bozzetti usando il disegno, la pittura e il collage.

Chiunque può realizzare il proprio butai in cartone o in legno. Alcuni butai sembrano piuttosto semplici, mentre altri sono vere opere d’arte – il pubblico si sente trasportato in un altro mondo prima ancora che la storia abbia avuto inizio.

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