[Traduzione a cura di Anna Corsanello, dall’articolo originale di pubblicato su Opendemocracy]
Il rafforzamento del controllo delle migrazioni alle frontiere interne dell’Europa non è una questione semplice. Lungi dal cercare soltanto di ottenere il controllo sugli sconfinamenti dei migranti, gli Stati membri dell’UE stanno rimodellando le politiche di confine per proiettare il potere sovrano e sostenere le prerogative statali, come l’anti-terrorismo. Questa operazione comprende l’attuazione di accordi bilaterali tra le forze nazionali di polizia, come pure di misure che puntano a intimidire le reti di solidarietà che sostengono i migranti. L’irruzione in una sala della stazione ferroviaria di Bardonecchia, situata alcuni chilometri all’interno del confine italiano e la crisi diplomatica che ne è seguita mostra palesemente gli interessi politici dietro la cooperazione transfrontaliera tra Stati.
Io ero lì a condurre interviste con la ONG Rainbow4Africa per il mio progetto di ricerca sulle reti di solidarietà per i migranti, quando la polizia ha fatto irruzione. È una piccola sala quella che Rainbow4Africa usa, con l’autorizzazione del Comune di Bardonecchia, per ospitare i migranti di notte mentre cercano di entrare in Francia. I doganieri francesi sono arrivati intorno alle 20.00. Avevano pistole e taser, e trattenevano un cittadino nigeriano che avevano arrestato sul treno. Il loro diritto di entrare, hanno detto, era basato su un accordo bilaterale firmato con gli italiani negli anni Sessanta.
Il mediatore linguistico-culturale della ONG italiana, una persona di colore, ha cercato di dissuaderli. “Niente armi qui“, ha detto. “Nessuno è autorizzato a fare test antidroga in questa stanza“. Uno dei doganieri ha gridato: “Stai zitto, non sono affari tuoi” e si è diretto con l’uomo nigeriano verso la toilette, in fondo alla sala. Il cittadino nigeriano stava viaggiando da Parigi a Napoli, con regolare biglietto del treno e un permesso per rimanere in Italia e non riusciva a capire che cosa i doganieri francesi stessero gridando. Parlavano solo in francese.
Il test è risultato negativo, perciò lo hanno liberato, gettando la sua roba sul pavimento e andando via prima che la polizia italiana arrivasse. Da allora è scoppiata una crisi diplomatica. Il ministero degli Interni italiano ha chiesto una spiegazione all’ambasciatore francese a Roma, che ha citato un accordo bilaterale transfrontaliero firmato con l’Italia nel 1990 secondo cui “i doganieri francesi sono autorizzati a intervenire in territorio italiano“. L’Italia ha risposto che la stanza non può più essere usata dai francesi, in quanto ora è riservata a ospitare i migranti. Inoltre, come spiega l’Associazione per gli Studi Giuridici per l’Immigrazione (ASGI), gli accordi bilaterali tra Francia e Italia stabiliscono che “gli agenti francesi possono operare in territorio italiano, ma sulla base di determinate procedure e specifici limiti […] e sempre in presenza di agenti italiani“. Di conseguenza, il fermo e la perquisizione arbitraria del cittadino nigeriano e l’imposizione del test delle urine su base razziale (un uomo nero avvistato dalla polizia francese su un treno ad alta velocità), rivelano anche interessi politici più ampi che vanno oltre la migrazione.
La sovranità sopra cosa?
Che cosa ci dice questo evento? Come dovrebbe essere analizzato alla luce dell’attuale cooperazione transfrontaliera tra le forze di polizia italo-francesi? Il giorno dopo l’accaduto, i politici italiani hanno asserito la necessità di riguadagnare il controllo sulle frontiere nazionali. “Dovremmo allontanare i diplomatici francesi dall’Italia” ha dichiarato il segretario della Lega Matteo Salvini. La sua reazione e quelle di altri hanno messo la sovranità nazionale in prima linea, spostando l’intero dibattito dall’intervento arbitrario a spese del migrante all’intrusione armata francese in Italia.
La cooperazione della polizia transfrontaliera tra i due Paesi ha una lunga storia, compreso l’accordo di Chambery del 1997 che stabilisce le norme per la cooperazione di polizia. Più di recente, il 15 marzo, le prefetture di Torino e Gap hanno firmato un nuovo accordo bilaterale transfrontaliero, volto a controllare i movimenti migratori e ad arrestare i sospetti terroristi. La tensione politica al confine è visibilmente aumentata negli ultimi tre anni, in particolare a causa di due principali questioni: la sospensione degli accordi di Schengen nel maggio 2015 in Francia e il crescente numero di migranti che rischiano la vita per eludere i controlli alle frontiere francesi passando attraverso le Alpi.
“Non dovreste rischiare di attraversare qui. Valicare le Alpi è troppo pericoloso in questo momento. Con questa quantità di neve, morirete di sicuro“, ha detto un poliziotto italiano a quattro migranti somali arrivati a Bardonecchia da Torino con un treno regionale. “Se domani volete essere ancora vivi, non cercate di attraversare. E poi, se ci riuscite ora, i francesi vi riporteranno qui, in Italia“. In parte un avvertimento ben intenzionato, in parte un esempio delle tattiche di deterrenza dispiegate lungo il confine, queste parole dimostrano i diversi atteggiamenti sui due lati della frontiera.
Gli italiani hanno poco interesse a rintracciare i migranti o a bloccarli – sono i francesi a pattugliare incessantemente la frontiera e a respingere attivamente i migranti in Italia quando li trovano. Per questo motivo sia le ONG locali che la polizia italiana tentano di scoraggiare i migranti ad attraversare i confini. Sanno che la probabilità di morire è molto alta, e coloro che hanno successo all’inizio verranno molto probabilmente rimandati indietro. Quando i migranti vengono individuati dalla polizia francese, sono rispediti a Bardonecchia a bordo di un van e lasciati nella piazza principale accanto alla stazione ferroviaria.
“A volte danno ai migranti dei documenti, altre volte non registrano ufficialmente il respingimento“, afferma un attivista del movimento NoTav. “I migranti sanno che è estremamente difficile superare il confine. Solo il 10% riesce a raggiungere la Francia al primo tentativo, gli altri provano ancora e ancora. Per parte loro, la polizia conta sul fatto che, anche a causa delle condizioni meteorologiche estreme e alla difficoltà di superare le alte montagne, i migranti si stanchino dopo pochi tentativi e rinuncino, richiedendo asilo in Italia.”
“Il problema non è la neve, il problema è il confine”
Dietro lo scontro sulla cooperazione transfrontaliera e la sovranità nazionale, viene alla ribalta la questione dell’attuazione del regolamento di Dublino. Entrambi gli Stati cercano di non accettare potenziali richiedenti asilo, con la Francia che si impegna energicamente a confinare i migranti in Italia. Questi ripetuti respingimenti hanno gravi ripercussioni sui migranti, che sono costretti a intraprendere ripetutamente lo stesso viaggio e a deviare costantemente le loro rotte.
D’altro canto, quando i doganieri francesi hanno ignorato gli operatori dell’ONG nella Stazione ferroviaria di Bardonecchia, non solo hanno intimidito loro, ma – vorrei affermare – hanno anche inviato un messaggio a tutte le reti di solidarietà per i migranti che si sono mobilitate in Val di Susa. A fianco di Rainbow4Africa, che è autorizzata dal Comune a gestire questa temporanea clinica medica e spazio di ospitalità, attivisti e cittadini nella città di Claviere gestiscono uno spazio di solidarietà senza il sostegno delle autorità locali.
Claviere, che è situato ad appena due chilometri dal confine francese, è l’altro punto principale di attraversamento dei confini per i migranti. Diversamente da Bardonecchia, il Comune non ha aperto alcuno spazio per loro e quindi il 24 marzo un gruppo di cittadini ha deciso di occupare una stanza all’interno della chiesa. Il prete si è opposto all’occupazione, ma alla fine le autorità locali non hanno potuto sfrattare la gente all’interno, a causa della condizione di extraterritorialità della chiesa. Inoltre, l’occupazione ha ricevuto parecchio sostegno da molti cittadini nella zona e altrove.
La chiesa occupata non è soltanto un posto dove i migranti possano rifugiarsi e riposarsi prima di provare a entrare in Francia. La sua esistenza come luogo di solidarietà è una vera e propria sfida alle logiche di Stato di “gestione della migrazione”. A fronte delle ripetute operazioni di respingimento al confine e dei viaggi rischiosi che i migranti affrontano sulle Alpi, gli occupanti della chiesa rifiutano il discorso umanitario di emergenza che considera gli immigrati come persone disperate da salvare dalla neve. Uno di loro ha detto “Le montagne non sono il problema, la neve non è un’emergenza. Il problema è il confine, che costringe questi migranti ad attraversare da qui e in queste condizioni“.
La frontiera italo-francese è segnata da attività di cooperazione transfrontaliera, nonché da controversie sugli interventi arbitrari di polizia, ma allo stesso tempo è un luogo dove il numero di infrastrutture transfrontaliere di solidarietà sta crescendo. Queste ultime sono sotto attacco perché sostengono le lotte dei migranti per il diritto a spostarsi, supporto che va oltre il gesto umanitario di dare qualcosa ai migranti. Contro la cooperazione di polizia tra gli Stati e al di là delle dispute sulla sovranità di confine, la cooperazione transfrontaliera si sta moltiplicando grazie ai cittadini che sfidano i propri Governi per diventare colpevoli del cosiddetto “crimine di solidarietà”.