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Bolivia, la vita di strada dell’infanzia disperata di El Alto

[Questo reportage fotografico è firmato da Daniele Bordoli e Marco D’Apice. Daniele, con sede in Bolivia, e Marco, con sede in Perù, stanno svolgendo servizio civile con una Onlus nel settore della comunicazione. I testi e le foto sono a cura dei due autori]

La Bolivia è una repubblica presidenziale, che ha ottenuto l’indipendenza dalla Spagna nel 1825. Ricca di materie prime e risorse naturali è stata per questo sfruttata nel corso della sua storia, arrivando a diventare il principale centro di estrazione dell’argento nell’impero spagnolo. Per lo stesso motivo, già nella sua storia repubblicana, ha dovuto affrontare diverse guerre con esito disastroso, prima contro il Cile, definita Guerra del Pacifico o del guano (in cui ha perso l’unico accesso al mare) e successivamente con il Paraguay per il controllo della regione del Chaco in una sorta di proxy war tra compagnie petrolifere (Standard Oil e Shell).

Dopo diversi anni di Governi militari e ingerenze da parte degli USA, nel 2005 viene eletto presidente Evo Morales, leader del MAS (Movimiento al Socialismo), che ha però mutato le sue alleanze passando dalla sinistra ai conservatori durante i suoi 12 anni di Governo.

Il tasso di analfabetismo varia dal 10% delle aree urbane al 30% di quelle rurali. Circa il 6% della popolazione che vive tra La Paz ed El Alto (oltre 1.700.000 persone) non è registrata all’anagrafe, cosa che rende indicative tutte le stime riguardo la popolazione in situazione di strada.

El Alto è una delle città più popolari e tradizionali della Bolivia. Nata a inizio ‘900 come sobborgo abitativo per i ferrovieri di La Paz, a un’altitudine media di 4.100 metri sul livello del mare, ha visto un forte incremento di popolazione negli anni ’40, costituita da ex minatori o contadini. Estesasi intorno al nucleo de La Ceja, venne riconosciuta come città nel 1988 e ha una popolazione di circa 848.000 abitanti, secondo il censimento del 2012, con una densità abitativa di 2.834 abitanti per chilometro quadrato. (In foto la “via degli stregoni”, dove è possibile farsi leggere le carte o la mano, o compiere altri riti propiziatori bruciando feti di alpaca e erbe).

 

La popolazione in stato di indigenza a El Alto è del 36%. Si stima che in Bolivia siano oltre 366.000 i bambini e adolescenti “in situazione di strada, ovvero che vivono, lavorano o trascorrono la maggior parte del proprio tempo per le strade delle città. Oltre 10.000 quelli senza fissa dimora. Non è difficile incontrare accampamenti di fortuna o ragazzi addormentati nelle cabine dei bancomat. Le problematiche che affrontano sono molto differenti: secondo dati UNICEF le questioni principali che portano ragazze e ragazzi a questa situazione riguardano la condizione economica o problemi in famiglia. Nei quartieri de La Ceja e Villa Dolores è più facile trovare aiuto per la sussistenza grazie, per esempio, alle signore che lavorano alla fiera “16 agosto”, la più grande della città, che spesso offrono loro un pasto e rifugio temporaneo. La fiera vede, anche per questo motivo, un alto tasso di criminalità e scippi.

 

La grande statua in legno di Che Guevara campeggia nella piazza principale de La Ceja. Ernesto Che Guevara, morto nel 1967 proprio in Bolivia, è rimasto un simbolo per tutto il Paese e soprattutto per la popolazione Alteña, che nel 2003 e 2005 ha condotto due battaglie contro la privatizzazione di gas e idrocarburi che hanno portato all’introduzione provvisoria della legge marziale. Alla testa dei manifestanti, nel 2005, c’era Evo Morales, futuro presidente della Repubblica di Bolivia, primo indigeno a ricoprire questa carica.

 

A lavorare con i ragazzi in situazione di strada ci sono diverse organizzazioni, governative e non. Il supporto offerto è di vario tipo: alcune offrono un tetto e un pasto al giorno, altre seguono i ragazzi nella ricerca di un lavoro fisso e con supporto psicologico, altre ancora organizzano corsi di micro imprenditoria. Il municipio di El Alto, invece, mette a disposizione alcuni rifugi temporanei, spesso però aperti solo nel pomeriggio e nella stagione invernale.

 

L’avenida 20 de Octubre è una delle zone più povere e malfamate nel quartiere de La Ceja: quasi tutti i palazzi della via sono dedicati alla prostituzione. Al pianterreno si trovano diversi pub e discoteche mentre i piani superiori sono riservati agli alloggi in cui portare le ragazze. La prostituzione in Bolivia è legale per le persone maggiorenni, e prevede un controllo sanitario ogni 20 giorni. A El Alto la questione della prostituzione è invece strettamente legata al traffico umano e allo sfruttamento minorile. Nel 2014 sono stati oltre 2.000 i casi i sparizione di persone registrati dalla procura. È possibile trovare ragazze che hanno iniziato a prostituirsi all’età di 12 anni, a un costo che varia tra i 20 e i 50 pesos boliviani (3-7 euro) per un rapporto non protetto. Secondo dati di alcune ONG, il 90% delle ragazze che lavorano in questo ambito ha contratto il virus dell’HIV. Nel 2014, il Governo ha approvato una nuova legge sul lavoro, rendendolo regolare a partire dai 10 anni di età. Decisione nata si è detto, per offrire un supporto a tutti quei giovanissimi lavoratori di strada che fino a quel momento non vedevano riconosciuta la propria posizione.

 

Molto diffuso tra i ragazzi in situazione di strada è l’abuso di sostanze di vari tipo. Principalmente consumato è l’alcool che solitamente si utilizza come “combustibile” per i riti tradizionali, una sorta di alcool puro che viene mischiato a bevande zuccherate per addolcirne il sapore, e che si può facilmente reperire tra le bancarelle dei mercati di La Ceja e Villa Dolores. Tra le altre droghe le più diffuse sono il “vuelo”, un colla speciale e la “clefa”, acquaragia, inalate attraverso un filo di lana impregnato e spinto nella narice. Queste sostanze causano danni al sistema nervoso, provocando perdite di memoria e difficoltà nel riconoscere persone e situazioni, ma anche problemi motori con gli stimoli che non riescono più a raggiungere i muscoli dal sistema centrale.

 

Le persone in situazione di strada hanno difficoltà a trovare accesso al mondo del lavoro legale. Spesso sono discriminate perché con problemi di dipendenza, altre volte sono loro stessi a non volersi inserire, visto che i “lavori di strada”, come la prostituzione e la criminalità sono più remunerativi. Una prostituta può arrivare a guadagnare fino a 100 euro al giorno, circa cinque volte la paga di un lavoratore giornaliero medio. Le attività di svago si limitano solitamente al consumo di sostanze e a quelle offerte dalle ONG, come laboratori o gioco. Sono molti i campi liberi per giocare nei vari quartieri di El Alto, ma molti stanno chiudendo per essere adibiti a mercati anche contro il volere delle giunte di vicinato, assemblee elettive dedicate alla difesa degli interessi degli abitanti di ogni quartiere.

 

I rapporti con Polizia e giunte di vicinato sono problematici. I ragazzi solitamente vengono cacciati dai luoghi in cui decidono di vivere. Ogni pandilla, così vengono chiamate qui le gang, ha il suo territorio che non deve violato dalle altre. All’interno del territorio ci sono posti precisi dove possono andare a mangiare e dove possono montare l’accampamento per dormire. Polizia e vecinos, però, spesso distruggono queste tende improvvisate, arrivando anche a bruciarle e malmenando i ragazzi. Quando un luogo non è più sicuro la pandilla cerca un’altra zona libera da occupare.

 

L’accesso alle cure mediche è un altro problema per chi vive in strada. La sanità in Bolivia è basata sul modello statunitense e prevede l’obbligo di assicurazione, o un ticket occasionale dal costo molto elevato. Wil, il ragazzo in foto, ha avuto un incidente ma non ha voluto essere soccorso. “Non ho un’assicurazione, e il rischio di essere identificato e portato via dalla polizia era molto elevato“. La situazione alla gamba è peggiorata, fino a che non si è resa necessaria l’amputazione. Da un paio di settimane non sa dove si trova la sua compagna. Sieropositiva, si è allontanata dicendo che sarebbe andata in cerca di un ospedale per le cure, ma quando Wil si è recato presso diversi ospedali, gli è stato detto che molti l’hanno rifiutata in quanto sprovvista di copertura assicurativa.
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