Il primo mese del nuovo corso alla Casa Bianca si chiude con un fardello di “fake news” e contraddizioni, lasciando scontenti un po’ tutti. Fra le molte testate che provano a trarre un bilancio, spiccano i confronti diretti con il primo mese dell’Amministrazione Obama, come nel caso di Politico.com:
A inizio 2005, Obama e il Congresso a maggioranza democratica avevano approvato una normativa che estendeva l’assicurazione sanitaria a milioni di minorenni, una legge che facilitava le denunce da parte di donne discriminate sul luogo di lavoro e un pacchetto per lo stimolo economico pari a 800 miliardi di dollari per superare la recessione, passare all’energia pulita e ridurre le tasse per la maggioranza dei lavoratori. Trump e il Congresso repubblicano hanno passato solo due leggi: una che ribalta un’arcana norma anti-corruzione e l’altra per eliminare una normativa precedente che impediva alla aziende minerarie di coprire i corsi d’acqua con i detriti dello scavo. L’industria del petrolio e del carbone, con le loro cospicue donazioni, saranno contente, ma ciò non modificherà la traiettoria del Paese.
Gli ord
chiave da coprire. Pur se, ovviamente, Trump ha ancora 47 mesi a disposizione per imporre il proprio marchio sull’America odierna, ricorda l’analisi di Politico.com.
Non vanno poi tralasciati i tre weekend (su 5) passati in vacanza nella sua tenuta in Florida, che sono costati quasi 10 milioni di dollari ai contribuenti tra viaggi e sicurezza, e gli oltre sei giorni spesi complessivamente sui campi di golf – un quinto del suo periodo presidenziale (pur se mescolando diplomazia e divertimento). E dimenticando le aspre critiche rivolte a Obama (su Twitter) per le sue assai più sparute partite a golf nel 2014 (Obama spendeva in viaggi e sicurezza circa 12 milioni di dollari l’anno). Senza contare le spese aggiuntive (calcolate sui 180 milioni l’anno) per la sicurezza alla Trump Tower a New York (dove ancora risiedono moglie e un figlio minorenne), e per i viaggi d’affari personali dei figli più grandi in mezzo mondo. Né vanno dimenticati gli agganci (e i favori) sempre più evidenti con i magnati di Wall Street. Uno scenario a dir poco preoccupante, puntualmente ripreso dai meme sarcastici su Twitter oltre che da diagrammi come questo del Washington Post.
A cui vanno aggiunte le quasi 900.000 firme alla petizione online che chiede: “Impeach Donald Trump Now“, e le migliaia di persone scese (nuovamente) in piazza per protestare lunedì scorso in occasione del cosiddetto “Not My President’s Day“. Un malcontento diffuso che va estendendosi alla base repubblicana. In questi giorni di vacanza del Congresso, i deputati hanno tenuto delle “town hall” nei propri distretti. E se ne sono viste delle belle. Come in quello di Springdale, Arkansas, quando davanti al Senatore Tom Cotton una donna si è alzata per spiegare, con voce rotta dall’emozione, che il marito sta morendo per l’Alzheimer e altri problemi sanitari, ma non possono permettersi un’assicurazione mensile migliore dell’attuale che “ci costa 39 e 29 dollari a testa. Voi avete forse un piano più efficace?”. E a un certo punto, alla richiesta di uno dei presenti su chi avesse tratto giovamento dall’Obamacare, quasi tutti si sono alzati in piedi.
Sulla seconda questione, dal Montana alla Virginia, montano le contestazioni ai parlamentari GOP, come segnala un resoconto di USA Today centrato proprio sulle continue pressioni popolari a favore di indagini giudiziarie sulle possibili connessioni fra Trump e Putin (a cui ovviamente gli stessi parlamentari oppongono un netto rifiuto).
Infine, nelle ultime 48 ore è tornata alla ribalta la questione della Dakota Pipeline Access. Ribaltato lo stop concesso da Obama a fine anno, la polizia ha imposto l’ultimatum alle poche centinaia di persone ancora accampate a Standing Rock, in North Dakota, per poi rimuoverli con la forza e procedere a una decina di arresti (dopo aver dato alle fiamme i propri tepee, gesto ben più che simbolico). A questo punto la partita sembra chiusa, pur se pendono ancora diverse mozioni legali delle tribù locali davanti ai giudici di Washington, mentre tante voci (e i rilanci-video in diretta sui social media) promettono resistenza e nuove azioni, inclusa una mega-manifestazione nazionale per il 10 marzo (#NoDAPL 2017 Action Hub).