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HOLAAfrica, il sito web che racconta l’orgoglio di essere lesbica

Abbattere i tabù, costringere a guardare in faccia la realtà, fornire uno spazio di informazione e riflessione, permettere l’incontro di esperienze. Esiste per questi motivi – e altri ancora – HOLAAfrica, primo sito dedicato alle lesbiche africane. Ma anche alle bisessuali e transgender.

L’idea è venuta a Tiffany Kagure Mugo, scrittrice e attivista keniana, residente in Sud Africa. Tutto è cominciato con un blog che aveva raccolto così tanti consensi da farle comprendere quanto fosse importante creare uno spazio condiviso.

Nel Paese africano, primo in assoluto a legalizzare – nel 2006 – i matrimoni gay, la violenza contro questi ultimi, soprattutto se donne, negli ultimi anni ha raggiunto livelli estremi. Omicidi e lo stupro rituale, definito “correttivo” sono una piaga sociale difficile da bloccare. Ma questo non frena chi ha voglia di sapere, parlare, raccontarsi, uscire allo scoperto.

HOLAAfrica – che naturalmente ha anche una pagina Facebook e un account Twitter – rappresenta un piccolo universo in un panorama ormai niente affatto sconosciuto. Qualche pruderia – come capita in siti che trattano certi argomenti – ma anche riflessioni sul femminismo pan-africano da parte delle contributors del sito. Riflessioni che manifestano la filosofia che anima l’iniziativa.

Lo scopo è proprio quello di poter parlare di tutto: dal sesso, appunto, alle relazioni difficili; dai consigli di lettura, agli eventi pubblici come un gay pride o un workshop sui media digitali; dai consigli su come proteggersi da attacchi online, a esibizioni d’arte.

Uno det testi recensiti e consigliati nel sito.

Persone che si incontrano, non solo in Rete, per rendere possibile la Queer African Revolution, che guarda a un futuro di maggiore dignità per i gay, ma che si interroga anche sul passato, quando l’omossessualità in Africa non era vietata e condannata – certo non nei termini dell’estremismo intollerante e feroce che molti studi e ricerche fanno risalire all’epoca dei missionari e delle prime colonizzazioni. E combatte l’idea che l’omosessualità sia un prodotto “importato” dall’Occidente, idea cavalcata da molti leader africani che continuano a firmare o sostenere leggi omofobe e liberticide.

In un articolo su come l’omosessualità stia prepotentemente entrando nella vita pubblica africana, Tiffany Mugo, pone una semplice domanda: perchè su Internet si trovano migliaia di video e film porno tra persone dello stesso sesso, ma nella realtà bisogna far finta che tutto questo non esista? 

Un calcio all’ipocrisia dunque, e uno spazio riservato a quelle donne che pensavano di essere sole o che vogliono coinvolgersi e fare la propria parte in questa battaglia per il diritto a vivere nella normalità la propria scelta. Nella pagina Risorse c’è tutta la ricchezza di possibilità offerte da questo luogo virtuale: un elenco di blog africani sul tema, link a siti riguardanti la salute, ma anche arte, film, documentari e siti accademici. Affinchè – si legge nella presentazione – “we can build this monster into a thing of great beauty. Knowledge = beauty = love.

Un Gay Pride a Johannesburg. Foto dell'utente Flickr, Niko Knigge. Pubblicata in licenza CC

Il web sta certamente aiutando le lesbiche africane – quelle almeno che hanno accesso ad Internet. Nel 2003 nasceva la Coalition for African Lesbians. Ci si incontrò in 50, segretamente, in una conferenza a Johannesburg. Oggi della CAL fanno parte 30 organizzazioni di 19 Paesi dell’Africa Sub-Sahariana.

Un altro interessante movimento panafricano per i diritti di gay, lesbiche e trans è il Pan Africa ILGA, nato con lo scopo di unificare e rafforzare le organizzazioni africane per combattere insieme legislazioni repressive e promuovere la salvaguardia e la protezione dei diritti umani delle persone LGBTI, diritti dunque non basati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

Per tornare a Tiffany Mugo, altre idee sono in cantiere. Con l’appoggio della Open Society Youth, di cui è membro, sta mettendo a punto un progetto di storytelling per le donne queer. Un processo di narrazione – anche attraverso video/documentari – e di scoperta.

Insomma, l’Africa si racconta e si muove. Anche quella gay. Con la propria voce e dentro i propri spazi, a cui non si vogliono dare limiti.

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