La chiusura della prigione militare di Guantanamo potrebbe diventare definitiva e irrevocabile. Aggiungiamo, forse. Il progetto presentato alla stampa dal presidente americano Obama ha questo obiettivo. E alla fine del suo secondo mandato, sarebbe il suggello a uno dei punti nodali della sua prima campagna elettorale, dalla quale sono trascorsi 8 anni. “Non voglio lasciare quest’incombenza al mio successore“, ha dichiarato il presidente illustrando il progetto redatto dal Dipartimento della Difesa, che “migliorerà la sicurezza e allo stesso tempo farà risparmiare soldi al Paese per un totale di 85 milioni di dollari all’anno con un guadagno netto di 1,7 miliardi nell’arco di 20 anni.“.
Il condizionale è d’obbligo, fino a quando il Congresso repubblicano non approverà il progetto. Ma il presidente Obama questa volta si dice sicuro perché “molte cose sono cambiate in politica. Adesso ho una visione ben definita”, dice.
Al momento di sicuro si sa che GTMO (Guantanamo Bay detention camp) detiene 91 sospettati di terrorismo. Un numero molto ridimensionato rispetto ai 670 iniziali tra il 2002 il 2003, ovvero da quando il carcere di massima sicurezza era stato voluto da Bush a seguito degli attentati di Al Qaeda dell’11 settembre 2001.
Al suo utilizzo Obama si è sempre dichiarato contrario – prima ancora che scoppiasse lo scandalo delle torture ai prigionieri portato alla luce da Wikileaks e che animò il dibattito sulla necessità di dare un premio di pace al presidente degli Stati Uniti – e ha ricordato ai giornalisti che “se fosse stato più facile, avrebbe chiuso molto prima quella prigione“.
Il Senatore dell’Arizona John McCain, che fu tra i promotori di Guantanamo, ora è a capo del Comitato per le Forze Armate e valuterà il piano di Obama. Ha dichiarato di recente che il progetto di chiudere la prigione “è inconsistente“. Mentre per il Pentagono “non viene data nessuna indicazione sugli eventuali istituti di pena o basi militari in cui dovrebbero essere trasferiti gli attuali prigionieri“. In più, il Pentagono segnala che l’operazione costerebbe al Dipartimento della Difesa “dai 290 ai 475 milioni di Dollari per riadattare le prigioni“. Tuttavia, sempre secondo le stime del Pentagono, ci sarebbe un risparmio annuale che va dai “65 agli 85 milioni di dollari, ammortizzando i costi sostenuti in cinque anni“. Ma si specifica che sono “conti approssimativi“.
In risposta la Casa Bianca ha rimarcato che il desiderio alla base del progetto è quello di far risparmiare i contribuenti oltre ad amplificare la sicurezza nazionale. Il costo dei detenuti è di 4 milioni di dollari all’anno. “Chiudendo la prigione di Guantanamo daremmo un sostegno alla sicurezza – ha detto Josh Earnest, capo ufficio stampa di Obama – non daremmo più modo alla propaganda terroristica di fare proseliti con questa storia“.
Va ricordato che nel corso della presidenza Obama molti detenuti sono stati rilasciati e “trasferiti” da uomini liberi in altre nazioni, compresi Paesi africani, come il Ghana, ma prima Capo Verde e Uganda, provocando non poche polemiche e preoccupazioni da parte delle popolazioni locali e delle Organizzazioni per la difesa dei diritti umani.
Per tornare al Piano, le alternative sono: Sud Carolina, Kansas e Colorado. E anche le basi militari sono in elenco. Ma prima dovranno essere scelte di concerto con il Congresso, così come l’individuazione di leggi a cui fare riferimento visto che i reclusi verrebbero trasferiti su suolo americano, senza però cambiare il loro status, che non è né quello di prigionieri di guerra né di imputati ordinari. Di norma il presidente degli Stati Uniti non può di sua iniziativa attuare il trasferimento. Ecco perché nel 2015 il Congresso aveva inserito un provvedimento nella legge per la difesa statunitense per creare un piano di trasferimento dei detenuti rimasti a Guantanamo verso le prigioni americane.
Il dibattito interno fra sostenitori e detrattori non manca, anche se perfino Colin Powell, l’ex segretario di Stato di Bush, ha di recente dichiarato che chiudere Guantanamo è “nel miglior interesse della nazione“.
Ma non mancano neanche voci assai critiche, secondo le quali il periodo pre-elettorale – molto acceso – non agevolerà la chiusura della struttura che – si obietta – non ha oggi maggiori chance di essere chiusa di quante ne avesse prima.