Il 12 gennaio 2010 Haiti è colpita da un forte terremoto. Secondo le stime ufficiali i morti sono 316.000, i feriti 300.000 e 1.300.000 i dispersi. Le case distrutte sono 97.294 e quelle danneggiate 188.383. La risposta in termini di donazioni è stata immediata e generosa da tutte le parti del mondo. Purtroppo i risultati degli aiuti non sono stati all’altezza di ciò. L’ultimo degli scandali che ha coinvolto la Croce Rossa Americana, reso noto da ProPublica e NPR, è emblematico. Sintomatico di qualcosa che in generale non funziona negli aiuti. Qualche dubbio sorge già dalle prime settimane dopo il disastro, quando si vede che circa un milione di persone ancora non ricevono l’attesa assistenza internazionale per il cibo.
Haiti è un Paese di circa 10.000.000 abitanti, in 27.750 km² (più o meno la grandezza di Lazio e Abruzzo). Riguardo la classifica mondiale dell’Indice di sviluppo umano, si è passati dal 149° posto (su 187) del 2009, al 168° nel rapporto del 2014, dove si sottolinea che “il terremoto è costato l’equivalente del 120 per cento del suo prodotto interno lordo, rendendo inutili decenni di investimenti per lo sviluppo”.
Comunque ci sono gli aiuti che dovrebbero portare qualche sollievo. E ad Haiti non sono mancati. Ma come funzionano? Sul sito Common Dreams, una sintesi in numeri che fa riflettere. Li sintetizziamo di seguito.
Quando il sisma ha colpito Haiti, il suo debito estero era di 890 milioni di dollari. Nel primo mese successivo al disastro, solo negli Stati Uniti, le donazioni per varie organizzazioni superano 644 milioni di dollari. Di questi più di 200 milioni vanno alla Croce Rossa, che prima del terremoto aveva 15 dipendenti impegnati in progetti sanitari nel paese. Circa 40 milioni vanno all’organizzazione Partners in Health, già presente con 5000 persone impegnate nel settore sanitario. Gli Stati Uniti mandano 17.000 soldati. Si impegnano a spendere 379 milioni di dollari in aiuti. Per ogni dollaro di aiuto degli Stati Uniti 42 centesimi sono per l’assistenza al disastro, 33 centesimi per le truppe americane, 9 centesimi per il cibo, 9 centesimi per il trasporto del cibo, 5 centesimi agli haitiani per aiutare nelle operazioni di recupero, 1 centesimo per il governo di Haiti. L’America evita di dare troppi soldi al governo a causa della sua instabilità e per il livello di corruzione. Mezzo centesimo va alla Repubblica Dominicana che ospita dei rifugiati. L’ONU ha attivato varie operazioni di sostegno. Dal 2004 sono presenti anche 9.000 peacekeepers delle Nazioni Unite (MINUSTAH).
Il totale dei danni e delle perdite economiche a causa del terremoto sono calcolati a quasi 8 miliardi di dollari. Cinque anni dopo, le donazioni della comunità internazionale sono arrivate a circa i 13.5 miliardi di dollari. Forse – azzardiamo – c’è un problema di gestione e coordinamento.
La preoccupazione dei donatori riguardo la corruzione nel Paese e l’inefficacia delle istituzioni locali hanno limitato moltissimo l’aiuto dato alle organizzazioni locali e al governo haitiano, preferendo finanziare organizzazioni straniere. In questo modo può capitare che, per esempio, “molti costruiscono costose cliniche temporanee, mentre il settore pubblico non ha abbastanza soldi per pagare lo stipendio ai propri dottori e infermieri”. Oppure una casa che potrebbe essere costruita con 6.000 dollari, arrivi a costarne fino a 33.000. Infatti invece di impiegare le persone del posto, aiutando anche l’economia locale, si impiegano compagnie straniere. Si pagano i voli, gli alberghi, si affittano le macchine per muoversi, stipendi più alti che si gonfiano anche per varie indennità, inclusa quella di rischio. Così come accade con gli aiuti dell’agenzia governativa americana USAID. O anche i costi indiretti di produzione della Croce Rossa Americana ai quali si aggiungono quelli di altri gruppi (non locali) ai quali la stessa Croce Rossa assegna alcuni suoi progetti, quando non ha le capacità per realizzarli.
Cattiva amministrazione così come interessi internazionali hanno reso il Paese, già dal tempo dei Duvalier, fin troppo dipendente dagli aiuti di organizzazioni straniere (governative e non governative). Si pensi che in Haiti operano più Organizzazioni Non Governative pro capite che in ogni altro stato del globo. Il terremoto ha solo amplificato una situazione già drammatica.
Da notare che l’unico a ricevere fondi dal governo americano è il ministero della Salute di Haiti, che ha raggiunto grandi risultati tra l’altro nel numero di bambini vaccinati e nell’accesso ai farmaci salvavita per l’HIV nel periodo successivo al terremoto.
Mentre ci si preoccupa affinché il Governo di Haiti si impegni sul fronte della trasparenza, della legalità e della democrazia, la Croce Rossa Americana, affiliata alla Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Premio Nobel per la Pace, 1963), non offre un esempio da imitare.
Nel 2011 aveva lanciato un progetto multimilionario per trasformare un’area poverissima nella capitale di Haiti e, tra l’altro, costruire centinaia di case permanenti. Dopo aver ricevuto un totale di quasi mezzo miliardo di dollari per il terremoto (più di ogni altra organizzazione) delle case c’è solo l’ombra. Nonostante la Croce Rossa si vanti di aver dato alloggio a più di 130.000 persone, molti residenti vive in baracche di lamiera arrugginita che si allagano quando piove. Manca l’accesso all’acqua potabile e all’elettricità. Solo 6 le case permanenti sono state costruite dalla Croce Rossa. Ma in tutta Haiti.
Ci sono seri problemi interni all’organizzazione e i soccorsi ne risentono. È il caso anche dei gravi ritardi negli interventi per il colera che ha colpito Haiti dopo il terremoto, con più di 700.000 casi e più di 8.600 morti. Poi c’è un grande deficit per il quale vengono usati parte dei soldi destinati al terremoto (100 milioni di dollari).
Le giustificazioni che la Croce Rossa adduce contro le varie accuse sono poco convincenti. Si parla di vari aiuti dati, ma manca un resoconto dettagliato dei progetti. E poi i numeri un po’ confusi o sospetti. Qualche legittimo dubbio sorge, per esempio, quando sostiene di aver aiutato più di 4.5 milioni di haitiani a tornare ad essere indipendenti. È quasi la metà della popolazione. Se fosse vero i risultati sarebbero sotto gli occhi di tutti. Ma tuttora si parla di emergenza sanitaria e strutture precarie. In una conferenza stampa tenuta alla metà dello scorso giugno, c’è frustrazione da parte dei giornalisti per le vaghe risposte date dalla Croce Rossa.
Gli esperti non sono sorpresi dai risultati delle inchieste di ProPublica e NPR. Riguardo il lavoro delle organizzazioni umanitarie internazionali c’è un buco nero riguardo responsabilità e trasparenza. Si denuncia una certa difficoltà nel controllare le loro operazioni, cosa che porta spesso a sprechi e abusi. Intanto si chiede che la Croce Rossa dia spiegazioni anche al Congresso degli Stati Uniti sugli aiuti della Croce Rossa in Haiti.
Se si guarda il periodo precedente l’attacco dell’11 settembre 2001 e in varie parti degli Stati Uniti, all’interno della Croce Rossa sono accadute cose incredibili. Per esempio un addetto alla raccolta fondi trasferisce i soldi delle donazioni sul proprio conto corrente, un manager si appropria indebitamente di fondi per pagarsi un crack, un dirigente falsifica firme su ordini d’acquisto per vittime di disastri, un direttore generale e il suo contabile rubano più di un milione di dollari per gioco d’azzardo.
Dopo l’11 settembre vengono donati centinaia di milioni di dollari alla Croce Rossa per far fronte alle attività di soccorso e aiuto delle vittime. Alcune sedi locali hanno contrassegnato le donazioni ricevute come fondi locali, invece che mandarli per le vittime dell’11 settembre. Inoltre la Croce Rossa nazionale decide di trattenere 200 milioni di dollari di tutte le donazioni ricevute per usarli in futuri disastri. Ciò ha provocato la giusta reazione delle vittime e dei donatori. È una consuetudine della Croce Rossa che lascia molti interrogativi e su cui si sta chiedendo conto anche per casi analoghi in passato. Di questi soldi poi è difficile capire cosa accada. Inoltre la Croce Rossa americana, in confronto ad altre organizzazioni no profit, ha uno statuto particolare negli Stati Uniti che le ha sempre permesso di evitare la supervisione del procuratore generale di stato. Un’organizzazione che raccoglie circa tre miliardi di dollari l’anno per fornire soccorsi e assistenza dove si verificano disastri, ma di cui si riesce a sapere poco.
Altre richieste di chiarimento arrivano alla Croce Rossa sui ritardi nella gestione dell’emergenza dovuta all’uragano Katrina, che nel 2005 ha colpito la Costa del Golfo degli Stati Uniti. Stranamente gli addetti alle pubbliche relazioni vengono sempre mandati immediatamente a raccogliere immagini da utilizzare per la raccolta fondi. Prima del personale di soccorso e di quanto necessario per le vittime. E ci sono dei volontari della Croce Rossa coinvolti in furto e frode dopo l’uragano, e sui quali il procuratore generale della Louisiana sta indagando.
Durante l’emergenza dovuta agli uragani Isaac e Sandy, entrambi nel 2012, sono accadute altre cose inconcepibili. Dopo l’uragano Isaac un funzionario della Croce Rossa manda nei luoghi colpiti fino a 80 camion e veicoli per le risposte d’emergenza, normalmente usati per fornire aiuti, ma completamente vuoti. Questo per impressionare pezzi grossi dell’organizzazione che dovevano arrivare. Durante i soccorsi dell’uragano Sandy i veicoli d’emergenza vengono usati come sfondo per qualche conferenza stampa. In entrambi i casi l’organizzazione è arrivata a mobilizzare centinaia di volontari, attrezzature, veicoli d’emergenza, viveri, ma non era riuscita a organizzarli nel modo dovuto per aiutare prontamente le vittime. Sono mancati cibo e coperte. Disabili hanno dormito per giorni sulle proprie sedie a rotelle. Persone accusate di reati sessuali erano in aree dedicate ai bambini perché il personale non ha seguito le dovute procedure.
Mancanza di trasparenza, pessima gestione dei fondi, disonestà a vari livelli, e anche lotte interne. Bernadine P. Healy, presidente della Croce Rossa Americana è costretta a dimettersi proprio nel periodo successivo all’11 settembre. Essendo a conoscenza di enormi quantità di denaro spariti dal Fondo Nazionale per i Disastri, aveva cercato di evitare che succedesse ancora separando i soldi riservati per l’11 settembre dal Fondo Nazionale. Comunque la sua gestione non è stata priva di polemiche. Inoltre tra salario e liquidazione ha preso 1.9 milioni di dollari per l’incarico che è durato circa 2 anni. Altri verranno costretti a dimettersi a causa di varie controversie e scandali. Anche loro non se la sono cavati male tra stipendi e liquidazioni. Continuano ad accumularsi una serie di fatti che rivelano il peggio di un’organizzazione che dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto. Un’organizzazione che in realtà dimentica i suoi princìpi fondamentali e si concentra sulla sopravvivenza e l’immagine. Fruttuosa economicamente, ma che nulla ha di umanitario.