I soldati dei cosiddetti contingenti di pace continuano ad accumulare record di abusi sessuali. Ultimamente nella già martoriata Repubblica Centrafricana ventitré soldati dei corpi di pace provenienti da Francia, Ciad e Guinea Equatoriale sono stati implicati in abusi sessuali su minori. Ma è solo l’ultimo atto di un lungo e per ora interminabile dramma.
Non basta quello che i bambini sono costretti a subire a causa di una guerra. Fame, traumi fisici e psicologici, drammi sociali e familiari. Deve essere ancora più drammatica la scoperta che quando la speranza arriva la si deve abbandonare perché in agguato c’è un altro tipo di terrore. Con vigliaccheria e depravazione, chi dovrebbe proteggere approfitta della debolezza del più indifeso.
A fine aprile scoppia il caso della Repubblica Centrafricana grazie al giornale britannico The Guardian. L’ONU era a conoscenza di abusi sessuali su minori da parte di soldati dei corpi di pace francesi della missione MINUSCA in Centrafrica dall’estate del 2014 e non ha fatto nulla per porvi rimedio. Al contrario. Il funzionario svedese dell’ONU Anders Kompass è stato sospeso e indagato per aver passato documenti confidenziali alla Francia affinché, dopo tanta omertà, venisse fatto qualcosa. Ed è a seguito di questa segnalazione che le autorità francesi hanno iniziato un’indagine
Le forze di Peacekeeping delle Nazioni Unite, Premio Nobel per la Pace 1988, sembra che non riescano a stare lontani da crimini a sfondo sessuale anche a danno di minori. E le alte sfere dell’ONU sembrano fermarsi a frasi e azioni di circostanza. Spesso sono loro stessi a nascondere le notizie, per poi mostrarsi ipocritamente indignati quando lo scandalo arriva. Ma cosa viene fatto in concreto?
Secondo un recente rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i Servizi Interni (OIOS), tra il 2008 e il 2013 ci sono state circa 480 accuse di sfruttamento sessuale. Un terzo di queste riguardano bambini. Le missioni nella Repubblica Democratica del Congo, in Liberia, Haiti e Sud Sudan sono quelle da cui sono scaturite il numero più alto di accuse. Nel 2014 sono state 51 le accuse di sfruttamento e abuso sessuale presentate nei confronti dei caschi blu dell’ONU. Molti casi comunque non sono denunciati, manca l’efficacia nell’agire a causa di lentezze e non c’è assistenza alle vittime nonostante una strategia per questi casi sia stata adottata nel 2008.
Già nel 1996, in uno studio dell’Unicef sull’impatto dei conflitti armati sui bambini – che prendeva in considerazione lo sfruttamento sessuale a loro danno – si nota che in 6 nazioni su 12 esaminate “l’arrivo delle truppe di pace è stato associato ad un rapido aumento della prostituzione minorile“.
Una sintetica ma precisa timeline degli avvenimenti negli anni recenti ci mostra una situazione sconvolgente.
Nel 1999 vengono rivelate complicità del personale ONU nella tratta di esseri umani a scopo sessuale riguardo ragazze provenienti dall’Europa dell’Est. Nel 2002 trapela e viene reso pubblico un altro rapporto riguardo diffusi abusi sessuali e sfruttamento dei rifugiati in Guinea, Liberia e Sierra Leone ordinato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’organizzazione Save the Children. Sempre nel 2002 stesse accuse contro personale ONU, organizzazioni non governative e peacekeepers che lavorano in Africa occidentale. Nel 2004 si indaga su accuse di abusi da parte del personale ONU in missione nella Repubblica Democratica del Congo. Nel 2006 altri caschi blu in Liberia e Haiti vengono accusati per sfruttamento e abuso sessuale su minori. Nel 2008 ancora accuse di abusi sessuali sui bambini da parte dei peacekeepers in Costa d’Avorio, Sud Sudan e Haiti. Ancora in Haiti i peacekeepers dell’ONU vengono accusati di abusi sessuali nel 2012. Nel 2013 è la volta dei peacekeepers in missione nel nord del Mali, ugualmente accusati di abusi sessuali. Nello stesso anno viene presentato un rapporto che era stato commissionato l’anno prima dal Segretario Generale dell’ONU a un gruppo di esperti, riguardo le missioni di pace in Haiti, Repubblica Democratica del Congo, Liberia e Sud Sudan. Tutto questo rimane nascosto fin quando viene passato all’Organizzazione AIDS-Free World nel 2015.
Dopo lo scalpore di quest’ultimo avvenimento l’ONU intende muoversi, almeno ufficialmente, per far luce su ciò che è già evidente e che negli anni scorsi ha portato a varie iniziative. A quanto sembra fallimentari.
Il Segretario Generale Ban Ki-moon sembra essere “profondamente turbato“. Ha anche ordinato un’indagine esterna su cosa le Nazioni Unite hanno fatto in questo caso dopo le accuse di abusi sui minori. Ha detto che la comunità internazionale spera che l’ONU “non trascuri le vittime di abusi sessuali, specialmente quando commessi da parte di chi dovrebbe proteggerli“. Sarebbe il minimo. E lo sperano soprattutto le vittime.
L’Alto Commissario per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein ha deciso di inviare un team nella Repubblica Centrafricana per prendere “possibili ulteriori misure contro la violazione dei diritti umani“. Perché si rimane nella vaga possibilità? “Questa è un’importante opportunità per correggere ogni mancanza che può esistere“, avrebbe detto.
Lo stesso Zeid, dopo altre accuse di abusi nei confronti dei contingenti di pace delle Nazioni Unite, nel 2004 viene nominato Consigliere del Segretario Generale delle Nazioni Unite sullo Sfruttamento e Abuso Sessuale da parte del personale peacekeeping dell’ONU. Nel 2005 presenta un rapporto, su questo fenomeno che si rivela ampiamente diffuso e tollerato, fornendo una strategia che gli esperti avevano definito “rivoluzionaria”. Ma la rivoluzione non è avvenuta. Anzi. Ricordiamo che è stato lo stesso Zeid a chiedere a Kompass di dimettersi e ordinare un’indagine su di lui, dopo che questi aveva cercato di smuovere le acque che l’ONU ha cercato di tenere ferme. In più dopo che la vergogna è diventata pubblica ed è stato quasi costretto a far rientrare Kompass al suo lavoro non si è scusato, ma si è giustificato affermando che è “deplorevole che il peso della responsabilità è stato quasi interamente scaricato sull’ONU“. Incredibile.
Dopo tanta doppiezza, speriamo che il clamore suscitato si risolva facendo pagare i criminali. Non solo i diretti interessati, ma anche gli alti livelli dell’ONU che, per negligenza o altri motivi, hanno permesso che tutto ciò restasse nell’ombra. Ma la vera speranza è che ci sia un’effettiva, radicale e severa riforma nelle procedure su questi casi. Affinché non ci siano altre vittime. Affinché non si debba assistere all’ennesimo polverone che per l’ennesima volta lasci tutto esattamente come prima.
Varie organizzazioni hanno chiesto all’ONU di chiarire quali provvedimenti sono stati presi in risposta a quanto accaduto nella Repubblica Centrafricana.
Intanto, AIDS-Free World, che segue questi casi, ha lanciato la campagna di emergenza “Code Blue” per una “tolleranza zero” contro il personale militare e civile coinvolto nei ripugnanti abusi sessuali e affinché la loro immunità venga rimossa.