[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Nando Sigona su openDemocracy.
Quanto valgono le vite umane? Quante persone dovranno morire ancora prima che l’Europa intervenga? Purtroppo queste non sono domande retoriche. Dall’inizio del 2015 più di 1500 persone, nel viaggio dal nord Africa verso le coste dell’Italia, sono annegate o scomparse nelle acque del Mediterraneo. Molti europei si stanno chiedendo per quanto tempo ancora l’Europa potrà continuare a ignorare la tragedia che avviene davanti ai suoi occhi mentre i politici sono intenti a calcolare i costi economici e politici dovuti al salvataggio di vite umane nel mare.
L’Italia sostiene che la sua operazione di ricerca e di salvataggio Mare Nostrum, che in un anno ha salvato 150 000 richiedenti di asilo politico e migranti per un costo di 9 milioni di euro al mese, era insostenibile da mantenere dal punto di vista economico. Successivamente Mare Nostrum è stato adeguatamente sostituito dall’operazione Triton condotta dall’agenzia Frontex.
Questo programma ridotto, che all’inizio era stato concepito per sostenere Mare Nostrum e poi si è ritrovato a sostituirlo, è andato solo a circa 48 chilometri al largo dalle coste europee e il suo costo è stato quasi di un terzo dell’operazione precedente. I funzionari dell’Unione Europea hanno affermato che Triton potrebbe permettere risultati migliori in termini di qualità-prezzo -ma, sfortunatamente, il servizio offerto è rapportato a ciò che si paga. Triton sicuramente è più piccolo per le dimensioni e ha un mandato più limitato ovvero quello di sorvegliare e monitorare le frontiere marittime europee e anche le acque internazionali piuttosto che eseguire operazioni di ricerca e di salvataggio. Ma con tutte le vittime che ci sono state già quest’anno, ora può essere messa in dubbio anche la sostenibilità politica di Triton?
L’ultima tragedia è già abbastanza per poter scatenare un senso di indignazione da parte di tutta l’Unione Europea volta a creare il sostegno politico necessario per una nuova operazione di ricerca e di salvataggio simile a Mare Nostrum. Infatti una tale operazione dovrebbe vedere un vero e proprio coinvolgimento dell’UE e dei suoi Stati Membri – non solo dell’Italia, della Lettonia, di Malta, dell’Islanda e di qualche altro paese.
Dov’é la risposta dell’UE?
L’UE dispone di notevoli risorse, tuttavia finora gli Stati Membri non sono riusciti a concordare una strategia comune per rispondere alle traversate illegali nel Mediterraneo che stanno trasformando il mare in un cimitero di massa. La risposta del premier italiano Matteo Renzi – di chiedere una riunione di emergenza del Consiglio Europeo, che ha avuto luogo lo scorso giovedì – è già un inizio. Tuttavia rimane da capire se questa volta Renzi riesca a mobilitare il sostegno delle grandi figure europee.
In particolare deve superare l’ultimo silenzio impressionante della Francia, il timido sostegno della Germania e l’evidente opposizione della Gran Bretagna. I vari tentativi precedenti sono falliti, tuttavia ora Renzi può contare sul sostegno di Federica Mogherini, l’Alto Rappresentante dell’UE per la Politica Estera del suo governo. Quest’anno il bilancio delle vittime che sono annegate è 30 volte superiore rispetto al 2014, quando era presente ancora Mare Nostrum, e quindi si prospetta l’arrivo di un’altra operazione migliore che sicuramente salverà vite umane.
Alcuni, come il primo ministro inglese, David Cameron, hanno sostenuto che le operazioni di ricerca e di salvataggio rappresentano per le persone “dei fattori di attrazione” per tentare le traversate, che in fin dei conti causano solo tantissime vittime. Tuttavia sia il livello attuale degli sbarchi dei migranti sia il bilancio delle vittime tra di loro non dimostreranno mai che lui aveva torto e che i flussi migratori hanno varie cause.
Inoltre è anche evidente che le sole operazioni di ricerca e di salvataggio non offriranno una soluzione a lungo termine circa le traversate illegali nel Mediterraneo, poiché non fanno nulla per affrontare le cause alla base dell’immigrazione nella regione. E’ necessaria,dunque, una strategia europea globale.
Le strategie a lungo termine
Come ha recentemente riaffermato la Mogherini, il consolidamento del lungo corridoio che va dalla Libia alla Palestina, alla Siria, all’Afghanistan fino all’Iraq dovrebbe rappresentare la priorità di una tale strategia. Tuttavia la situazione del Corno d’Africa , in seguito alla guerra nella Repubblica Democratica del Congo che dura da un decennio e alle violenti rivolte in Nigeria e nel Mali, contribuisce anche ai grandi movimenti della popolazione che accrescono i flussi attraverso tutto il Mediterraneo.
Per iniziare l’UE dovrebbe concentrarsi sulla Libia, paese in cui la fine del regime tirannico di Muammar Gheddafi ha lasciato un vuoto di potere. La Francia (allora sotto il governo di Nicolas Sarkozy ) e la Gran Bretagna di Cameron erano così tanto desiderosi di condurre una campagna militare internazionale per spodestare Gheddafi che ora sono restii nell’affrontare le conseguenze del loro attacco. In Libia le guerre civili hanno dilaniato le comunità e devastato l’economia, lasciando così ampie opportunità ai trafficanti di esseri umani. Risulta alquanto improbabile un cambiamento in tempi brevi e per questo in futuro i barconi continueranno a partire dalle coste della Libia.
Dal punto di vista dell’UE, questo può dimostrarsi più efficace nel breve periodo per i vicini della Libia relativamente più stabili, come la Tunisia e l’Egitto, che potrebbero aiutare a sorvegliare le coste del Nord Africa e fermare i barconi – e forse, così, la proposta dell’UE di gestire i centri di accoglienza per migranti e richiedenti di asilo potrebbe essere provata in questi paesi. Allora questi centri potrebbero essere impiegati per selezionare i barconi dei migranti fermati, permettendo solo a coloro che hanno dei validi motivi di asilo (più dell’80% di questi erano stati salvati durante l’operazione Mare Nostrum ) di farli insediare in uno dei paesi della Comunità Europea.
Opportunità di lavoro
I centri di accoglienza potrebbero operare anche come centri di lavoro, in cui verranno messi a disposizione opportunità di assunzioni per i migranti in Europa attraverso iniziative finanziate dall’UE nella regione. Una soluzione del genere per alcuni faciliterebbe la mobilità regolare tuttavia è difficile immaginare che questo potrebbe offrire una soluzione per molti altri, poiché ciò presuppone una conoscenza statica del mercato del lavoro e la disponibilità dei datori di lavoro a essere sottoposti a più controlli. Questo inevitabilmente ridurrebbe le opportunità di sfruttamento di lavoro clandestino a basso costo.
Qualunque siano le soluzioni messe in atto, è probabile che alcune persone tenterebbero ancora la fortuna affidandosi agli scafisti. In questo modo sarebbe necessaria una seconda linea di controllo più vicina alle coste dell’Europa. Questa dovrebbe essere simile a Mare Nostrum ma sotto la guida concertata dell’UE. Così una volta che i barconi vengono individuati nelle acque dell’Europa o in caso di necessità in quelle internazionali, dovranno essere portati a riva. Tuttavia piuttosto che finire nei centri di accoglienza italiani, i migranti dovrebbero essere portati nei centri gestiti dall’UE negli Stati Membri più vicini forniti di personale nazionale e internazionale.
Questi centri opereranno come ambienti terziari per i migranti. Ciò potrebbe significare salvare vite umane anche non offrendo alcuna garanzia di diritto di soggiorno. Tuttavia piuttosto che prevedere i rimpatri di massa dei migranti – che sono anche molto costosi e difficili da attuare – per l’Europa potrebbe essere più vantaggioso dal punto di vista economico mettere in atto un sistema di permessi di soggiorno temporanei con il diritto di cercare lavoro. In questo modo si potrebbe ridurre l’opposizione politica interna e il fatto di non avere accesso,se non in maniera limitata, agli aiuti sociali.
Anche se tutto ciò non sarà esente dai rischi di sfruttamento, un sistema del genere darebbe l’opportunità alle persone di dimostrare le loro capacità imprenditoriali,la volontà di lavorare e di dare un contributo alle società europee che stanno ormai invecchiando.