Gli occhi puntati su Tunisi questa settimana. La settimana del World Social Forum. Quattro giorni intensi – 24/28 marzo – in cui il meglio della società civile internazionale si incontra per discutere, pianificare, pensare al futuro. A modelli di futuro. Pensarlo in termini diversi da oggi in cui il terrore e la paura sono padroni in un mondo che non ha più confini. Sono passati molti anni da quel primo meeting a Port Alegre, quando il democratico dibattito delle idee sembrava potesse davvero portare a strategie vincenti contro le multinazionali, l’inquinamento, le politiche neo-liberiste a danno di milioni di cittadini. Gli scenari da allora si sono fatti ancora più pesanti.
L’incontro di Tunisi, a pochi giorni dall’attentato terroristico al museo del Bardo, assume connotazioni epocali. Una vera e propria sfida alla capacità delle forze sociali che hanno radici popolari, di incidere sulla lotta al terrorismo e agli strapoteri economici. Una “crisi della civilizzazione” la si definisce chiaramente, e il contesto e gli obiettivi dell’evento di quest’anno, suonano ancora più incisivi e significativi di quanto fossero in passato.
Perché pace e giustizia sociale sono imperativi categorici per il mondo intero, non per mondi privilegiati.