[Traduzione a cura di Davide Galati, dall’articolo originale di Christian Henderson pubblicato su openDemocracy]
La guerra condotta da Israele a Gaza è parsa persino più intensa delle offensive lanciate negli ultimi anni. L’esercito israeliano ha distrutto interi quartieri in tempi brevissimi e ha inflitto terribili perdite tra i civili palestinesi colpendo indiscriminatamente. I residenti a Gaza sono intrappolati in una piccola striscia di terra nella quale mancano spazi dove rifugiarsi e la destra israeliana sta adottando un registro che appare sempre più genocida .
Alcuni osservatori di ispirazione liberale hanno tuttavia condotto un confronto tra gli eventi di Gaza e la guerra civile in Siria in base al quale affermano che Israele ha subito ingiuste critiche in Occidente. Sostengono che, in confronto a un conflitto che ha ucciso almeno 150.000 persone in Siria, la guerra a Gaza risulta insignificante, e che l’occupazione della terra palestinese è una questione minore rispetto alla ferocia prolungata di altri conflitti in corso in tutto il mondo.
Questa argomentazione si basa però su una presunta equivalenza la cui falsità può essere facilmente dimostrata. Israele è uno stretto alleato dell’Occidente; la Siria non lo è. Israele è un Paese che fu creato come risultato del dominio coloniale del Regno Unito e successivamente rafforzato dagli Stati Uniti attraverso il trasferimento annuale di miliardi di dollari di aiuti. La Siria si è posta in opposizione all’Occidente per decenni, una difficile relazione che ha talvolta portato alla rottura dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti. A differenza di Israele non riceve alcun aiuto occidentale.
In risposta alla gestione violenta della rivoluzione siriana, una rivolta che è in seguito mutata in una guerra civile, i Paesi occidentali hanno imposto ulteriori sanzioni a Damasco. Gli ambasciatori siriani sono stati espulsi dagli Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone, Germania, Spagna, Francia, Italia e Regno Unito. L’anno scorso, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia hanno sfiorato l’intervento militare al fine di rimuovere il presidente siriano Bashar al-Assad.
Al contrario, nel corso delle ultime tre guerre condotte a Gaza e dell’attacco al Libano nel 2006, conflitti che hanno ucciso più di 4.000 Palestinesi e Libanesi, gli ambasciatori israeliani sono rimasti nelle capitali occidentali. Non è stata imposta alcuna sanzione e gli Stati Uniti continuano a trasferire circa 8,5 milioni dollari al giorno in aiuti, sostegno che alcune stime suggeriscono ammontare a un totale di 233,7 miliardi di dollari negli ultimi sessant’anni. Il valore totale delle vendite di armi britanniche a Israele è pari a 7,9 miliardi di sterline e negli ultimi anni il Regno Unito ha continuato a fornire armi a Israele, nonostante la possibilità del loro utilizzo in attacchi contro i civili a Gaza.
Attraverso questi canali, l’Occidente conserva molte leve attraverso cui condurre pressioni su Israele per porre fine alla violenza. La prossimità di Israele alla politica occidentale ci rende responsabili delle sue azioni, ma nessuna di queste leve è stata sfruttata. Quanto velocemente Israele fermerebbe le sue offensive e la sua occupazione e colonizzazione della terra palestinese, se gli Stati Uniti minacciassero davvero di interrompere gli aiuti. L’espulsione degli ambasciatori, o sanzioni condotte secondo le linee del Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) sono altri mezzi attraverso cui fare pressione. Un boicottaggio potrebbe offrire mosse anche più robuste se gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali dovessero ricorrere a misure più severe, il che potrebbe essere necessario per Israele, Stato che detiene un record nell’ignorare la gran parte delle risoluzioni ONU.
In Siria, è difficile immaginare quali altre leve possano essere usate, a meno di un intervento militare diretto o una più forte pressione su Iran e Russia, i principali protettori di Assad. L’intervento militare è una strategia ad alto rischio e, visti i disastri in Iraq e Afghanistan, l’occupazione da parte di Stati Uniti e Regno Unito non garantiscono un miglioramento del benessere e dei diritti umani dei civili. Inoltre i tentativi di coercizione di Russia e Iran da parte dell’Occidente sono stati finora inefficaci, come indica la recente crisi in Ucraina.
Non facciamo questo confronto al fine di giustificare la politica occidentale in Siria. Le nostre riflessioni sono piuttosto destinate a respingere le accuse che le 100.000 persone che hanno marciato a Londra contro la guerra a Gaza il 26 luglio scorso siano colpevoli di ignorare ipocritamente la guerra siriana, o peggio ancora, di tenere una sorta di sinistra agenda antisemita. Piuttosto, la loro indignazione è giustificata dalla posizione supina del governo britannico. Il ministro degli Esteri Philip Hammond è determinato a distorcere la realtà dell’offensiva israeliana in un conflitto composto da due lati uguali, attribuendo più colpa a Hamas, un’organizzazione che utilizza razzi fatti in casa, di Israele, uno Stato che sta utilizzando alcuni degli armamenti più tecnologicamente avanzati del mondo sui campi profughi in una delle aree più densamente popolate del pianeta.
Al di là di alcune timide critiche, abbiamo assistito a una totale inerzia nei confronti di Israele da parte degli altri Stati occidentali. Affermazioni in malafede sostengono che anche gli Stati Uniti non siano in grado di controllare il difficile partner Israele, ma ciò sfida il senso comune e potrebbe rappresentare una più solida tesi se fosse sostenuta da esempi storici di misure statunitensi per disciplinare Israele, le quali non esistono.
Nelle ultime settimane gli aggiornamenti sui social media dalla Siria e da Gaza sono diventati quasi indistinguibili. Entrambi contengono immagini e video raccapriccianti di civili uccisi o mutilati dai bombardamenti aerei ed entrambi espongono espressioni di frustrazione e rabbia della gente comune. Tuttavia, a differenza della questione siriana, gli Stati occidentali possono adottare misure relativamente semplici per porre fine alla guerra a Gaza. Per il bene delle persone di Gaza abbiamo la responsabilità di fare appello al nostro governo per l’avvio delle stesse misure adottate contro Damasco.