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Guantanamo è ancora lì e si moltiplica… in Europa

[Nota: traduzione a cura di Benedetta Monti dall’articolo originale di Javier de Lucas pubblicato su Critical Legal Thinking]

Guantanamo, Camp 6, il luogo di detenzione di massima sicurezza

Uno dei motivi per cui il mandato del Presidente Obama non ha raggiunto le aspettative è stata la sua evidente mancanza di volontà – per dirlo con un eufemismo – di rispettare la promessa di chiudere sei campi che fanno parte della base americana della Baia di Guantanamo. È qui che i prigionieri collegati alla guerra al terrorismo, principalmente ad Al-Qaeda, sono trattenuti dall’inizio dell’intervento americano in Afghanistan, prigionieri che sono soggetti a diversi gradi e tipi di misure coercitive.

Per esempio, nel campo considerato più duro, il Campo 6, con una capienza di 178 prigionieri, gli stessi sono detenuti in celle di acciaio singole e senza finestre per 22 ore al giorno. È risaputo che, negli anni, vari rapporti e testimonianze hanno mostrato che in tutti i questi campi i detenuti considerati – dal punto di vista del diritto internazionale – prigionieri di guerra (sebbene l’America neghi lo stato di prigionieri, e li consideri “soldati nemici illegali”) sono stati torturati e maltrattati. Come hanno sottolineato la Croce Rossa e altre ONG per i diritti umani, questo regime non soltanto è al di là delle zone di confine della legalità internazionale, ma ne costituisce una violazione attiva.

Il primo gruppo di 20 prigionieri è arrivato nella base americana l’11 gennaio del 2002, sotto il mandato del Presidente Bush. All’epoca, la situazione legale predominante era quella di uno stato di guerra, che aveva visto la sospensione delle garanzie dei diritti umani di base con il Patriot Act, secondo i rapporti dell’Associazione Americana per la Tutela dei Diritti dell’Uomo  (American Civil Liberties Union). Al suo culmine, nei campi erano presenti 750 prigionieri, oggi ce ne sono 151. Durante la sua campagna presidenziale, Obama (ma anche McCain) promise che, se fosse stato eletto, avrebbe chiuso i campi. Nel gennaio del 2009, Obama ha ordinato la chiusura del campo di Guantanamo per un anno, ma quello stesso anno e nel 2010, il Congresso ha opposto il veto all’utilizzo di fondi pubblici per il trasferimento dei detenuti da Guantanamo sul territorio americano.

Soltanto un prigioniero di Guantanamo ha avuto un processo civile: Ahmed Ghailani, cittadino della Tanzania, che è stato assolto per 284 delle 285 accuse contro di lui, inclusa l’accusa di terrorismo, ma è stato condannato per cospirazione per la distruzione di proprietà americane tramite esplosivo. Soltanto 67 prigionieri sono stati estradati in 16 nazioni che hanno accettato di riceverli. I molti colpi di scena legali che generano la negazione dei diritti umani di base sono stati esaminati da Richard Wilson, professore della Facoltà di Giurisprudenza di Washington nel suo articolo Defending the Detainees at Guantanamo Bay  [In difesa dei detenuti della Baia di Guantanamo, NdT]. Per chi fosse interessato, una cronologia dettagliata e relativa documentazione  dedicata ai campi di Guantanamo possono essere trovate sul sito web del New York Times  e sul sito del Centro per la Giustizia e il Diritto Internazionale di Washington.

In occasione di questo triste anniversario, ricordiamo alcune delle più recenti pietre miliari di questa vergognosa storia, dal 2013.

Nell’aprile dell’anno scorso, in risposta ad una domanda di un corrispondente della CBS durante una conferenza stampa ufficiale alla Casa Bianca, il Presidente Obama dichiarava che “Guantanamo non è una necessità”, continuando ad affermare la sua intenzione di chiuderlo e deplorando le barriere erette dal Congresso.

In giugno, per la prima volta, è stato pubblicato un elenco di 46 prigionieri (incluso Mahmoud Al Mujahid) che erano stati trattenuti senza accuse, senza processo, con il pretesto di essere considerati troppo pericolosi per essere rilasciati, anche se non sussisteva nessuna prova per portarli a un processo (?!).

In novembre, dopo un’ondata di scioperi della fame tra i prigionieri di Guantanamo, 25 ONG hanno sollecitato Obama a chiudere la struttura . Poco tempo dopo, nello stesso mese, Obama ha affermato di nuovo pubblicamente la sua “decisione” di chiudere i campi e di trasferire i prigionieri negli Stati Uniti e in altre nazioni dopo l’incontro con due inviati speciali del Dipartimento di Stato (Clifford Sloan) e del Pentagono (Paul Lewis).

L’annuncio che i prigionieri potevano essere trasferiti in altre nazioni è particolarmente controverso, in quanto questi trasferimenti – descritti come rimpatri – erano eseguiti contro la volontà dei prigionieri coinvolti (come nel caso di Djamel Ameziane e Belkacem Bensayah, che sono stati trasferiti in Algeria contro la loro volontà il 6 dicembre scorso, e anche altri prigionieri dell’Arabia Saudita e della Somalia rimpatriati in circostanze analoghe). Quello che è peggio, però, è che altri prigionieri sono trasferiti nelle carceri di altre nazioni senza il loro consenso, come nel caso di 3 degli 11 prigionieri cinesi di etnia Uyghur che sono stati mandati in Slovacchia il 10 gennaio. E, ad oggi, il campo esiste ancora.

Tuttavia, l’eventuale chiusura di Guantanamo non metterà fine a questo inferno, e utilizziamo la parola “inferno” perché non si tratta di un limbo, è peggio di una semplice mancanza di controllo sui principi legali di base. Secondo Zachary Katznelson, consigliere senior della NGO Reprive, che ha difeso 30 prigionieri di Guantanamo, gli Stati Uniti stanno trattenendo più di 16.000 individui prigionieri in carceri in tutto il mondo, cioè in Iraq, Afghanistan – nella famigerata prigione di Bagram – e in Turchia.   [Si possono trovare ulteriori informazioni nel libro di conversazioni redatto da Nadim Mahjoub intitolato “The Guantanamo Files: The Stories of 744 Detainees in America’s Illegal Prison”, Pluto Press 2009, che include le testimonianze di Andy Worthington, Moazzam Beg e Zachary Katnelson.]

Campi in Europa. Fonte: Migreurop

Noi in Europa non abbiamo niente di cui vantarci quando parliamo di questa situazione. Con la sola eccezione della Cancelliera Merkel durante la sua prima visita ufficiale negli Stati Uniti, nessun leader europeo (incluso il Presidente Rajoy, di recente) ha condannato questa situazione davanti a un’autorità americana. Oltre a contribuire a questa vergogna (e sicuramente non soltanto tramite omissione), anche l’Unione Europea ha le sue Guantanamo, perché quando si tratta di ignorare i diritti umani e gli obblighi legislativi internazionali, Guantanamo è  facilmente paragonabile ai 400 centri di detenzione di immigrati che sono in funzione nei 28 Stati membri, nelle nazioni candidate, in nazioni che usufruiscono del vantaggio della politica degli Stati vicini e in nazioni che prettamente e semplicemente fanno affari su una tale miseria. Questa situazione è stata ampiamente riportata e documentata da Migreurop, l’ONG più importante in Europa in termini di asilo e politica sull’immigrazione. Migreurop è stata creata alla fine del 2000, durante il Social Forum Europeo di Firenze, come rete europea che condanna “l’Europa dei campi”, espressione utilizzata intenzionalmente per sottolineare l’analogia con le terribili esperienze dei campi di concentramento, come i campi di Argelés, impossibili da cancellare dai ricordi dei repubblicani spagnoli.

Negli ultimi decenni, Migreurop ha sviluppato e attuato progetti di ricerca, iniziative sociali a livello locale e proposte costruttive in questo ambito. Alcuni esempi includono la campagna del 2011 Open Access Now, in cui si richiama alla trasparenza e all’accesso ai centri di detenzione di immigrati in Europa, e il progetto sulla mappatura dinamica dei centri detentivi di immigrati, collegato al progetto AntiAtlas of Borders. Il lavoro di questa ONG è culminato nell’iniziativa Close the Camps, [Chiudete i Campi, NdT], che è stata lanciata nel 2011 e presentata nel dicembre 2013 nel contesto della Campagna Europea contro la Detenzione Amministrativa degli Immigrati, facente parte delle Alternative Europee  (Area di Migrazione EA/Programma di Detenzione EA). L’iniziativa accosta le analisi delle proposte costruttive, come l’intenzione di redigere una mappa dei 393 campi – conosciuti come centros de internamiento – nel linguaggio legale spagnolo. A sua volta questa mappa cerca di sottolineare l’importanza chiave di questi centri come parte di una politica di guerra vera e propria all’immigrazione (a questo riguardo, vedi il Manifesto simbolico di Migreurop). I circa 400 campi risiedono nei 28 Stati membri europei, nelle nazioni candidate, in quelle che fanno parte della Politica europea di vicinato (ENP) e in altre nazioni che partecipano a queste politiche. Chiudiamo questi campi di detenzione per gli immigrati. Chiudiamo Guantanamo e campi simili nel 2014. Stavolta non abbiamo scuse.

 

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