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La Carta di Lampedusa, per un’accoglienza dignitosa

Lampedusa – sono parole del sindaco Giusi Nicolinideve trasformarsi in quel modello che già è. Non più una frontiera militarizzata, ma un luogo che possa dimostrare a tutte le Lampeduse del mondo come potrebbero essere: la porta di ingresso per un’accoglienza dignitosa in cui anche i diritti degli abitanti siano rispettati”.

La dichiarazione del primo cittadino dell’isola più tristemente alla ribalta della cronaca in fatto di immigrazione è piena di fiducia. Perché l’occasione del suo intervento è un “patto costituente” partito dal basso – chiamato Carta di Lampedusa  – siglato dopo una tre giorni di intenso lavoro (31 gennaio-2 febbraio 2014), che ha visto protagoniste molte associazioni nazionali e internazionali, con l’obiettivo di mettere nero su bianco alcuni punti fondamentali per disegnare nuove modalità di inclusione e riaffermazione della libertà di ciascuno di spostarsi e “abitare nel mondo“. Unendo tutti i sottoscrittori “nell’impegno di affermare, praticare e difendere i principi in essa contenuti“.

La mia casa è dove sono” – titolo del bel romanzo della scrittrice Igiaba Scego – sembra riassumere bene lo spirito di questo documento (il cui testo è integralmente consultabile on line) impegnato a segnare la direzione di marcia di molte “buone pratiche” per gestire al meglio i flussi migratori e segnalare – punto su punto – gli obiettivi da raggiungere per garantire a tutti il diritto di poter scegliere di partire, come di restare.

Fra i punti del testo della Carta, lanciata dal progetto di Comunicazione indipendente Melting Pot Europa – che già durante le settimane che hanno preceduto l’appuntamento aveva redatto con open source DokuWiki di Wikipedia una prima bozza consultabile e liberamente modificabile – si trova la necessità  “dell’immediata abolizione di tutte le operazioni legate alla militarizzazione dei territori e alla gestione dei dispositivi di controllo dei confini, sia militari che civili, incluso l’addestramento militare ai respingimenti e al controllo della mobilità delle persone in territorio internazionale. […] C’è necessità della completa riconversione delle risorse sino ad oggi investite e stanziate in tal campo per assicurare percorsi di arrivo garantito delle persone che migrano per necessità, nonché per scopi sociali rivolti a tutte e tutti”.

Vi si legge, inoltre, della necessità di “abolire il sistema Eurosur appositamente concepito per implementare i meccanismi di controllo atti a impedire l’accesso dei e delle migranti nei territori degli stati dell’Unione europea; l’agenzia europea Frontex, appositamente concepita per contrastare l’arrivo delle e dei migranti nei territori degli stati dell’Unione europea, e le sue missioni attualmente in corso; tutte le operazioni dell’Unione europea e dei suoi stati membri, sia che si svolgano in zone di confine (come l’operazione italiana Mare Nostrum iniziata nel 2013) sia che prevedano l’intervento in stati non membri dell’Unione europea (come l’operazione Eubam avviata in Libia nel 2013); tutti i sistemi di controllo, comunicazione e gli apparati bellici (sistemi elettronici e satellitari, radar, droni, sistemi di controllo biometrico, mezzi aeronavali) volti al controllo delle migrazioni e/o alla militarizzazione dei territori con scopi di guerra e affermazione degli interessi economici dominanti; tutte le barriere materiali, con particolare riferimento ai muri e alle barriere fisiche che attorniano l’Unione europea e che si espandono nei territori degli stati confinanti con il fine di impedire la libertà di movimento”.

Nel documento si sottolinea, infine, la necessità di abrogare il Regolamento di Dublino, perché chi chiede protezione internazionale deve avere la possibilità di scegliere il Paese in cui poter vivere; la necessità di puntare su una “attività di accoglienza diffusa, decentrata e fondata sulla valorizzazione dei percorsi personali, promuovendo esperienze di accoglienza auto-gestionaria e auto-organizzata, anche al fine di evitare il formarsi di monopoli speculativi sull’accoglienza e la separazione dell’accoglienza dalla sua dimensione sociale“; la necessità di applicare lo ius soli in tutta Europa, come principio per l’assegnazione della cittadinanza.

 

 

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