[Nota: traduzione a cura di Benedetta Monti dall’articolo originale pubblicato su Pambazuka News – Pan-African Voices for Freedom and Justice e redatto da Alliance for Food Sovereignty in Africa]
L’Alleanza per la Sovranità Alimentare in Africa (AFSA) esprime grande preoccupazione per un progetto di legge elaborato con il favore dell’Organizzazione Regionale Africana per la Proprietà Intellettuale (ARIPO).
Si tratta di una legge per la protezione dei diritti dei produttori di piante definito “Disegno di Legge di Politica Regionale e Quadro Legislativo per la Protezione delle Varietà Vegetali”.
L’ARIPO sta cercando l’approvazione da parte dei suoi Stati membri per arrivare all’adozione di questo quadro legislativo, possibilmente durante il prossimo incontro del Consiglio Amministrativo e Consiglio dei Ministri dell’Organizzazione che avrà luogo dal 25 al 29 novembre 2013 a Kampala, in Uganda. Gli Stati membri dell’ARIPO sono: Botswana, Gambia, Ghana, Kenia, Lesotho, Liberia, Malawi, Mozambico, Namibia, Ruanda, Sierra Leone, Sudan, Swaziland, Tanzania, Uganda, Zambia e Zimbabwe.
BENEFICI PER LE MULTINAZIONALI PRODUTTRICI DI SEMENTI
Il quadro legislativo in questione fa parte di un’iniziativa più ampia per conciliare le leggi sulle sementi a livello economico dell’area e per garantire un commercio diretto e facilitato delle varietà di sementi selezionate a beneficio delle multinazionali produttrici. E’ mirato a semplificare la trasformazione dell’agricoltura in Africa, da un sistema basato sui piccoli coltivatori ad una “rivoluzione verde”/agricoltura industriale intrinsecamente ingiusta, antiquata e insostenibile. Questo quadro legislativo rappresenta anche un meccanismo inteso a costringere gli Stati africani ad unirsi all’UPOV del 1991 ( Unione Internazionale per la Protezione delle Nuove Varietà Vegetali), un sistema legale restrittivo e inflessibile che riconosce i diritti di proprietà intellettuale ai produttori commerciali e insidia i diritti dei coltivatori.
I nuovi regolamenti dell’ARIPO, nel caso fossero approvati, renderebbero illegali per i coltivatori la pratica antica di utilizzare, condividere e vendere liberamente le sementi, elemento di propagazione delle piante. Una pratica che sostiene il 90% dei sistemi agricoli dei piccoli proprietari terrieri nell’Africa Sub-Sahariana.
L’UPOV DEL 1991 PORTERÀ AMPI GUADAGNI ALLE MULTINAZIONALI
L’apparente fondamento logico del quadro legislativo emanato dal Segretariato dell’ARIPO – braccio operativo dell’UPOV 1991 – è la necessità di un sistema regionale PVP (Protezione delle Varietà delle Piante) per promuovere la Ricerca e lo Sviluppo di nuove varierà di piante e di varietà a prestazione elevata che dovrebbero aumentare la produttività agricola, migliorare il reddito e garantire la sicurezza alimentare in Africa. Queste affermazioni sono basate interamente su quanto dichiarato dall’UPOV, da entità straniere come l’Ufficio Statunitense dei Brevetti e dei Marchi di Fabbrica (USPTO), dall’Ufficio Comunitario delle Varietà Vegetali (CPVO) e dall’Industria delle Sementi (l’AFSTA – Associazione Africana per il Commercio delle Sementi – la GNIS – Associazione Nazionale Francese per le Sementi e delle Piante – e la CIOPORA – Associazione Mondiale dei Produttori di Nuove Varietà di Specie Ornamentali e Fruttifere). Tutte entità, queste, che hanno investito interessi nel promuovere l’UPOV 1991. Le associazioni per le sementi rappresentano in sostanza le potenti aziende che trarranno ampi guadagni dall’attuazione dell’UPOV 1991 negli stati membri dell’ARIPO.
L’UPOV NON MIGLIORERÀ I GUADAGNI DERIVATI DALL’AGRICOLTURA
Non esiste alcuna prova che la presenza di un sistema PVP basato sull’UPOV 1991 favorisca lo sviluppo di nuove varietà vegetali in aree in cui non esiste mercato, una situazione comune a molti Stati membri dell’ARIPO. Non esiste nemmeno una prova pratica a supporto dell’idea che l’UPOV 1991 migliorerà i guadagni e la sicurezza alimentare. Contrariamente, la sua adozione molto probabilmente aumenterà l’importazione delle sementi, ridurrà l’attività produttiva a livello nazionale, faciliterà un monopolio delle sementi locali da parte di aziende straniere e distruggerà i sistemi di coltivazione tradizionali.
I contadini, le organizzazioni di coltivatori e altri membri della società civile sono stati esclusi dal procedimento che ha portato all’elaborazione di tale quadro legislativo, mentre sono state consultate l’industria e le associazioni ad essa collegate, come la CIOPORA, l’AFSTA, la GNIS, l’USPTO, il Segretariato dell’UPOV e il CPVO.
Le organizzazioni della società civile e i rappresentanti dei gruppi composti dai piccoli coltivatori – membri dell’AFSA – hanno presentato una critica dettagliata delle regolamentazioni della proposta di legge, invocando il rifiuto del quadro legislativo da parte degli stati membri dell’ARIPO e il supporto per lo sviluppo di leggi sulle sementi che riconoscano il vasto contributo dei coltivatori in quanto produttori, sostenendo e promuovendo le pratiche consuete dei piccoli coltivatori di riutilizzare le sementi.
Tuttavia nessuno si è ancora occupato delle nostre preoccupazioni, come già abbiamo fatto notare durante i recenti dibattiti sul tema nell’incontro a Linongwe, nel Malawi, il 22 e 23 luglio scorsi.
SINTESI DELLE MAGGIORI PROBLEMATICHE
1. La normativa proposta è basata sull’UPOV del 1991, che ha un regime giuridico restrittivo e inflessibile. L’UPOV 1991 è stato emanato dai Paesi industrializzati in risposta alla comparsa di coltivatori commerciali su larga scala e alla produzione di piante. Esso è incentrato unicamente sulla promozione e la protezione dei produttori industriali di sementi che sviluppano varietà vegetali/sementi geneticamente omogenee adatte ad un’agricoltura su vasta scala. L’UPOV 1991 è completamente insostenibile per l’agricoltura africana e non rispecchia né risponde nemmeno lontanamente ai sistemi agricoli e alle condizioni predominanti nel continente. Vale la pena notare che 12 Stati membri dell’ARIPO su 18 rientrano nei Paesi Meno Sviluppati (LCD) – vale a dire sono tra i Paesi più poveri al mondo. Paradossalmente, questi Paesi attualmente non hanno alcun obbligo internazionale di fornire una qualsiasi protezione per le varietà vegetali, figuriamoci un obbligo basato sull’UPOV 1991!
2. Il quadro legislativo proposto facilita i sistemi agricoli di tipo industriale e le monoculture, è incline alla protezione dei diritti della proprietà intellettuale dei produttori commerciali di sementi. Ha come scopo la sostituzione delle varietà vegetali tradizionali con varietà commerciali omogenee e l’aumento della dipendenza dei piccoli proprietari terrieri sulla varietà di sementi commerciale. Questo sistema mira all’imposizione, a tutti i coltivatori, di acquistare sementi per ogni stagione di semina o a pagare royalties al produttore in caso di un riutilizzo di sementi tenuti in vita e conservati. Inoltre è richiesto ai coltivatori di pagare i costosi materiali adoperati nella produzione (per esempio i fertilizzanti), dato che il rendimento di queste varietà vegetali commerciali protette spesso è collegato ad essi, quindi in questo modo si creano circoli viziosi di debito e dipendenza.
Un tale sistema avrà come risultato il degrado della diversità dei raccolti e la diminuzione della capacità di recupero da minacce come le epidemie, le malattie e il cambiamento climatico. Altra conseguenza sarà l’indebitamento dei coltivatori a causa della presenza di redditi variabili (dato che i ricavi dipenderebbero dalle stagioni). Inoltre, queste varietà commerciali ad alta produzione saranno probabilmente meno adatte agli ambienti agro-ecologici specifici in cui lavorano i coltivatori e per i quali le varietà di raccolto tradizionali adattate localmente sono di gran lunga più appropriate.
3. I coltivatori in Africa dipendono maggiormente dalla pratica del seed saving (cioè conservare i semi di piante, fiori, erbe etc., da utilizzare di anno in anno), dagli scambi tra parenti e vicini, dai baratti con altri coltivatori o dai mercati locali. La loro dipendenza da fonti di sementi non ufficiali è indipendente sia dal fatto che coltivino varietà vegetali locali sia moderne. I motivi per questo includono: un accesso inadeguato ai mercati, i canali di mercato sfavorevoli per i coltivatori che vivono in aree remote, un accesso limitato alle risorse finanziarie o al credito per acquistare le sementi, un sistema ufficiale incapace di fornire un accesso tempestivo e adeguato alle sementi di qualità delle varietà migliorate e alle varietà vegetali adatte alle specifiche condizioni locali.
Il quadro legislativo dell’ARIPO ha le seguenti implicazioni per l’esercizio dei diritti dei coltivatori:
- Ai coltivatori che utilizzano una varietà vegetale protetta non sarà permesso il libero scambio o la vendita di sementi conservati.
- Ai coltivatori è permesso utilizzare i sementi conservati solamente per i fini di propagazione sui propri appezzamenti; i coltivatori saranno soggetti al pagamento delle royalty al produttore. Questa eccezione limitata è applicabile solo a una serie di raccolti che sarà specificata dal Consiglio Amministrativo dell’ARIPO.
- Tale eccezione non potrà essere applicata a alberi da frutto, piante ornamentali, vegetali o alberi da bosco.
- Ci sono ulteriori requisiti per questa eccezione limitata, come per esempio l’obbligo per i coltivatori di fornire informazioni ai produttori, le cui condizioni saranno elaborate nelle regolamentazioni del quadro legislativo dell’ARIPO.
Tutto questo è fortemente in contrasto con il ruolo storico che hanno avuto i Governi africani nel difendere la salvaguardia e il rafforzamento dei diritti dei coltivatori nelle varie sedi internazionali. Molti membri dell’ARIPO sono anche Parti nel Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura (ITPGRFA), nel quale si afferma che “i diritti riconosciuti dal Trattato per salvaguardare, utilizzare, scambiare e vendere sementi e altro materiale di propagazione, e di partecipare al processo decisionale a riguardo e alla condivisione giusta ed equa dei benefici derivati dall’utilizzo di risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, sono fondamentali sia per l’attuazione dei Diritti dei Coltivatori, sia per la loro promozione a livello nazionale ed internazionale.” Il trattato richiede anche alle parti contraenti di prendersi la responsabilità di attuare i Diritti dei Contadini e di “prendere provvedimenti per proteggerli e promuoverli”.
4. Il disegno di legge mina i diritti sovrani degli Stati membri attraverso un sistema di approvazione PVP centralizzato che sostituirà il diritto nazionale. È stato previsto che l’ufficio dell’ARIPO avrà la piena autorità di concessione e amministrazione dei diritti dei produttori nell’interesse degli Stati firmatari del trattato (p. es. decidere se concedere protezione, emettere licenze obbligatorie, annullare o cancellare il Diritto dei Produttori di Piante – PBR – etc.) per le varietà vegetali protette attraverso il sistema regionale. Questo approccio nega totalmente agli individui membri dell’ARIPO di prendere qualsiasi decisione riguardo alle varietà vegetali, decisioni che sono la vera essenza dello sviluppo socio-economico nazionale e delle strategie per ridurre la povertà
5. Il disegno di legge favorisce la “biopirateria”, poiché non è richiesto che ci sia un produttore che renda nota l’origine del materiale genetico utilizzato per lo sviluppo della varietà vegetale che la legge vorrebbe proteggere; non fornisce nemmeno un meccanismo per il consenso firmato antecedente, per la condivisione dell’accesso e dei benefici. Senza questi elementi, il disegno di legge istituisce una base per i produttori commerciali – la maggior parte dei quali sarà probabilmente costituita da entità estere – per utilizzare genoplasma locale per lo sviluppo di varietà che allora saranno esclusivamente assegnate a tali produttori attraverso un sistema PVP stabilito dal quadro legislativo regionale. Il Protocollo proposto quindi faciliterà probabilmente la “biopirateria” piuttosto che ostacolarla. È inaccettabile il fatto che mentre le nazioni africane si battono per provvedimenti sulla “divulgazione dell’origine” e meccanismi per la condivisione dei vantaggi della Proprietà Intellettuale attraverso accordi stipulati nei vari fori internazionali ( Organizzazione Mondiale del Commercio – WTO – Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale – WIPO – ), sia proprio l’ARIPO – un’organizzazione regionale africana – a ignorare esplicitamente tali meccanismi.
6. Continuiamo a ripetere il nostro appello agli Stati membri dell’ARIPO per il rifiuto del quadro legislativo e l’astensione dall’UPOV 1991. Chiediamo ai donatori di cessare di sostenere tali regolamentazioni, che minacciano la nostra sovranità nazionale e il nostro spazio politico. Richiediamo urgentemente un procedimento pubblico e trasparente, che coinvolga i piccoli coltivatori soprattutto riguardo alla discussione di leggi sulle sementi appropriate per l’Africa, in cui l’obbligo di proteggere la biodiversità, i diritti dei coltivatori e una produzione ecologica sia rafforzato come obbiettivo primario.