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La schiavitù nel XXI secolo nel Rapporto Europol

Con il crollo del muro di Berlino l’Europa si è allargata a Est modificando l’assetto geopolitico del continente e sviluppando una sorta di neo-colonialismo economico che ha favorito la nascita di traffici illegali e ha prodotto un flusso migratorio verso Ovest dove la criminalità organizzata si è inserita senza grossi problemi, grazie a quella capacità di adattamento e metamorfosi che le permette di interagire velocemente con i cambiamenti.
In questo scenario Sergio Paoli ha costruito un racconto di un realismo che lascia senza fiato. Un canovaccio di miseria, ingenuità e spietatezza. Un pugno nello stomaco. Niente tranne la pioggia fotografa quel mondo e dà un nome, un volto a «…queste persone che vengono da noi e finiscono sulla strada…» in un processo di mercificazione inesorabile di fronte al quale anche i giusti a volte si fermano, ma «…la giustizia si costruisce tutti i giorni con le piccole azioni che ognuno di noi fa» spiega l’autore.

Il fenomeno viene analizzato nel Rapporto 2011 di Europol sulla tratta di esseri umani in Europa che propone una panoramica del problema partendo dall’architettura di un business redditizio gestito da professionisti del mestiere. Una supply chain progettata in base alla domanda e all’offerta con tanto di centri logistici, 5 per l’esattezza. La relazione riporta che un’indagine sul traffico di bambini Rom verso gli Stati europei ha quantificato le aspettative di guadagno dei trafficanti nell’ordine di 20-30.000 euro ogni tre/quattro mesi se i bambini vengono utilizzati al massimo. Nella zona di provenienza del gruppo di trafficanti, in Romania, dove il reddito medio mensile si aggira intorno a 400 euro, sono sorte abitazioni che non costano meno di 100.000 euro. È chiaro che il crimine rende.

Ma anche dentro i nostri confini nazionali esiste una realtà invisibile, sommersa, un sistema che ingoia vite umane, cittadini di serie B. Risale a qualche anno fa l’operazione Terra Promessa condotta dai Carabinieri nel foggiano dove un’organizzazione criminale transnazionale gestiva un traffico di polacchi reclutati in patria con il miraggio di un lavoro stagionale e ridotti in schiavitù una volta arrivati in Italia. Le indagini sono partite dalla denuncia di tre studenti «…che di notte scappano, raggiungono il consolato polacco a Bari e sporgono denuncia… i tre studenti non sono abituati, come gli altri dannati della terra arruolalati dal caporalato, a sopportare e a tacere sugli imbrogli, le mazze di ferro, i ricatti, le sparizioni e le morti anomale di cui non si trova mai il colpevole» racconta Vox Clamantis.

“E’ uno scenario complesso dove vi sono elementi fondamentali dai quali non si può prescindere” spiega Teresa Albano, responsabile dei progetti antitratta presso l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), dove segue le questioni di migranti vulnerabili, vale a dire quelle persone il cui progetto migratorio non si è svolto secondo le aspettative e i progetti iniziali e le cui condizioni sono di fragilità o a rischio di marginalità, come nel caso di vittime di tratta, minori stranieri non accompagnati (msna), migranti sfruttati, lavoratori/trici domestici.
“Il 1989 rappresenta uno spartiacque importante così come la creazione del WTO nel 1994 che ha consacrato la cosiddetta globalizzazione, dando un’accelerazione significativa ai processi di liberalizzazione dei mercati produttivi e finanziari mondiali” prosegue Albano “la scomparsa delle Super Potenze ha avuto come conseguenze immediate: 1. uno smantellamento progressivo dei sistemi di welfare non solo nei paesi a economia controllata ma anche nei paesi che facevano parte del cosiddetto blocco capitalista-democratico; 2. un restringimento delle politiche di sostegno alle economie dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo che al tempo erano allineati con l’uno o l’altro blocco, mettendo quelle economie già fragili alla mercé degli umori dei mercati globali finanziari in un contesto di crescente interdipendenza economica, sociale e culturale. Questo processo ha avuto, e continua ad avere, importanti ripercussioni sulla mobilità umana”, un meccanismo che, spiega ancora la responsabile OIM “…lungi dal creare un benessere più diffuso ha generato sempre maggiori disequilibri e disuguaglianze, a livello internazionale, tra Stati, e a livello nazionale, tra le fasce della popolazione, erodendo progressivamente le capacità degli Stati di rispondere alle sfide ormai divenute globali”.

Le misure adottare per contrastare l’immigrazione irregolare di fatto hanno ridotto i canali legali di ingresso alimentando i flussi irregolari ed è piuttosto difficile risalire a cifre esatte del fenomeno. “Benché a livello mondiale la percentuale totale di migranti non sia cambiata negli ultimi vent’anni – attestandosi sul 3% della popolazione mondiale – in termini assoluti è aumentato il numero delle persone in movimento. Tuttavia ciò che impressiona è la percentuale crescente di migranti irregolari che, privi di tutele, diventano vulnerabili a sfruttamento, abuso, violenza. In ogni caso, un’ampia sottoclasse di manodopera a buon mercato e senza diritti: questo è il vero affare”.
Dunque un esercito di nuovi poveri che vanno a rimpolpare le schiere di braccianti reclutati da gruppi dediti alla tratta delle persone.

Ma Teresa Albano che con questa realtà si confronta ogni giorno ci tiene a chiarire che “da un punto di vista fenomenologico si può affermare che la tratta di persone di per sé non esiste. La tratta emerge quando si rendono visibili le forme di sfruttamento ad essa connesse. Tuttavia è necessario avere gli occhi per osservare questo fenomeno che si sovrappone solo parzialmente alla migrazione irregolare, colpendo anche coloro che migrano regolarmente e che si trovano nel nostro Paese legalmente, come i cittadini comunitari che, in virtù del principio di libera circolazione e di stabilimento nell’UE, possono spostarsi e risiedere con una serie di obblighi molto meno stringenti di quelli che devono essere rispettati da un cittadino extra UE. La tratta si nasconde nelle case, quando le lavoratrici domestiche, le badanti, le baby sitter, non vengono messe in regola non solo con il permesso di soggiorno, per gli/le stranieri/e, ma anche con le norme relative al contratto, per i cittadini comunitari; la tratta si nasconde nei campi, nelle fabbriche, negli allevamenti, nei servizi commerciali quando il caporalato costringe la manodopera ad accettare condizioni di lavoro, spesso para-schiavistico, che nessun altro accetterebbe. Tuttavia i servizi sociali che in Italia si sono occupati di tratta di persone fin dal 1998, sono stati quelli che si occupavano di tossicodipendenza e prostituzione di strada. Essendo stato quello l’osservatorio principale, e non quello sul lavoro, l’impressione che ne è derivata è che la tratta fosse legata alla prostituzione, cosa che ha generato un’infinità di malintesi rispetto al fenomeno”.

Il commercio della merce-persona fondato essenzialmente su una domanda e un’offerta praticamente inesauribili, difficile da contrastare. “Normative ben concepite a livello nazionale e comunitario non mancano” afferma Albano “benché esistano margini di miglioramento. Tuttavia non è nel quadro normativo che va cercata una risposta. A livello operativo, la sfida sta nello smantellare preconcetti legati alla tratta di persone, che impediscono di comprenderne la vera natura e di affrontarla con risposte opportune. A livello politico, sarebbe necessario un cambiamento culturale rispetto al fenomeno della migrazione. Il recente rapporto globale sulle migrazioni dell’OIM in effetti ha analizzato il modo in cui il tema della migrazione viene comunicato. La conclusione che se ne trae è che la migrazione raramente viene trattata nella sua realtà mentre la demagogia prende il posto del pensiero politico”.

Luoghi comuni, percorsi mentali precostituiti o radicati, la strumentalizzazione del fenomeno cavalcato da più parti hanno contribuito a creare nell’opinione pubblica l’idea dell’immigrato come individuo pericoloso. Come si crea, adesso, una cultura che riporti la centralità dei diritti umani nel dibattito e nel sistema?
“Forse può sembrare un po’ drastico, ma la risposta sta nella modifica dei modelli di sviluppo e di vita. La crisi attuale, nella sua drammaticità, imporrà di trovare nuovi modelli di sviluppo e stili di vita alternativi al consumismo sfrenato che ha caratterizzato questi anni di turbocapitalismo finanziario” conclude Teresa Albano.

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo risale al 1948, sessantacinque anni dopo la schiavitù esiste ancora.

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