The “Voice of the Dangme People” ha lo scopo di tenere unita la comunità e di informare anche chi non parla altro linguaggio che quello locale.
John Larsey è nato ad Ada Foah. A 6 anni ha iniziato ad andare alla scuola, primaria – la Totimekopey D/C – mentre il fratello Buetey frequentava la Junior. Ben presto però, per entrambi, sono cominciate le difficoltà. La politica del Governo di garantire il gratuito accesso alla scuola, all’uniforme obbligatoria e ai pasti, si è scontrata con la mancanza di implementazione della legge in alcune aree. E con la povertà della famiglia dei due bambini. Così alla fine, i due fratelli, prima l’uno poi l’altro, sono stati costretti a lasciare la scuola. Larsey, nonostante il desiderio di studiare si è ritrovato vittima di una sorta di schiavitù da parte dello stesso fratello. Questo genere di problema, così come un vero e proprio traffico di bambini, non è un fenomeno raro ad Ada Foah e nell’intera area est di Dangme.
Quando abbiamo contattato i direttori della scuola questi ci hanno animosamente ribadito che una disposizione legislativa del 2008 “impone” ai ragazzi in età scolare di terminare il ciclo di studi di base che è obbligatorio e gratuito. Il comma 1 di tale legge stabilisce, inoltre, che se un bambino non frequenta la scuola i genitori devono comparire dinanzi alla Commissione del Welfare della locale Assemblea distrettuale che è chiamata a pronunciarsi e prendere provvedimenti sui singoli casi. La norma stabilisce anche che se un genitore non risponde alla convocazione e non si presenta è soggetto a condanna da parte della Corte distrettuale: una multa che aumenta man mano che il “reato” continua.
Il problema è che l’applicazione della legge è stata finora poco controllata e applicata – soprattutto nelle aree più lontane dalla capitale, anche se pare che negli ultimi tempi il Governo abbia fatto una certa pressione ai distretti locali perché fossero implementate le disposizioni rivolte ad evitare la dispersione scolastica e garantire a tutti l’accesso allo studio.
Così – per mancanza di mezzi finanziari e di attenzione da parte degli organi preposti – Larsey ha lasciato la scuola. Non solo, dopo qualche tempo anche il fratello è stato costretto ad abbandonarla. Aveva però un progetto: tentare la fortuna nel settore della pesca, ad Akosombo, ed essere così in grado di aiutare il fratello a finire il ciclo di studi. Queste almeno erano state le intenzioni iniziali. Dopo un po’ Larsey lo ha raggiunto, ma da allora sono trascorsi molti anni. La promessa di finire la scuola è rimasta tale e Larsey si è ritrovato in un certo qual modo schiavo delle circostanze e del fratello. La sua vita per circa 15 anni è consistita nell’andare a pesca dalle 15 alle 20 e poi di nuovo dalle 2 dell’alba fino alle 8 del mattino. Un unico pasto al giorno, intorno alle 9, dopo il primo turno di pesca, è tutto quello che gli spettava.
Nella stagione in cui non era possibile andare a pesca i due ragazzi lavoravano due acri di terra ma a Larsey rimaneva solo cibo a sufficienza per non morire di fame. Una situazione che alla fine, dopo anni, gli ha fatto aprire gli occhi e decidere di tornare a casa per riprovare a tornare a scuola, sogno che non aveva mai abbandonato.
Era talmente tanto tempo che mancava da Ada – e dopotutto era andato via molto piccolo – che ci ha messo del tempo per ritrovare la sua casa dei suoi genitori. Ma la meta successiva è stata la scuola dove ha chiesto di essere iscritto di nuovo. Per imparare, ha detto, non è mai troppo tardi.
Ora John Larsey ha 24 anni ed è in classe quinta. Ci ha confidato che non si vergogna di essere nella stessa classe con i più piccoli e che, anzi, il suo obiettivo è quello di proseguire con il liceo e poi andare all’Università. Sia la madre che il padre del ragazzo sono ormai anziani ed entrambi mancano di mezzi di sostentamento, così Larsey dopo la scuola o nei giorni festivi va a pescare granchi, li vende nelle aree circostanti e con i pochi soldi cerca di acquistare il materiale che gli serve per gli studi.
Qualche giorno fa Larsey è stato ospitato a Radio Ada per raccontare la sua esperienza. In quell’occasione ha incontrato il responsabile della Commissione Nazionale per l’educazione civica (NCCE) nel distretto di Dangme east, Nathaniel Apetorgbor, che ha approfondito con noi e con gli ascoltatori i contenuti del Children’s Act del 1998.
Lo scopo di questo documento, è quello di riformare e consolidare la legge relativa ai bambini, garantirne i diritti e il loro mantenimento da parte dei genitori. La normativa regola inoltre l’adozione e si esprime sulla questione del lavoro minorile e sull’apprendistato (che spesso si trasforma in vero e proprio sfruttamento) . Scopo del Children Act è non solo quello di regolamentare ma anche di incrementare una coscienza civile che veda nel bambino una persona da proteggere e sostenere ed eliminare ogni forma di abuso e violenze nei loro confronti. Tale documento insiste sul diritto allo studio che non dovrebbe essere negato in nessun caso, e stabilisce che l’età minima per l’avviamento al lavoro è 15 anni e 18 per lavori considerati “pericolosi per la salute”.
Il problema rimane quello di controllare che tali principi e norme siano di fatto applicate e non rimangano invece una cartina di tornasole per la comunità internazionale.
Che la storia che abbiamo scelto di raccontare non sia isolata, ce lo ha confermato il rappresentante della Commissione sui diritti umani e la giustizia amministrativa (CHRAJ), Elisabetta Hamon Agyeman.
“Ada è una delle aree del Paese dove sappiamo che viene ampiamente praticato lo sfruttamento dei minori. Per sensibilizzare la comunità su questo problema siamo andati in giro nelle case, nelle scuole e ora qui a Radio Ada. La fortuna di John Larsey è stata capire l’importanza della scuola e scappare da quella situazione che non gli avrebbe dato alcun futuro. Non importa che sia ora un ragazzo adulto e ben oltre l’età per frequentare la scuola primaria. Può essere un esempio per gli altri ragazzi che abbandonano la scuola”. “Non mandare i figli a scuola è illegale – ha concluso la rappresentante della CHRAJ – così come farli lavorare in età scolare. La nostra legge è chiara. Abbiamo saputo di Larsey perché ha deciso di tornare a casa, ma di quanti non sappiamo nulla? Purtroppo questo non è l’unico caso”.