Sono ancora una volta i Paesi dell’Africa subsahariana quelli in cui la fame rimane un problema molto serio per milioni di persone. “Allarmante” o “estremamente allarmante” sono le categorie usate dal Global Hunger Index 2011 per indicare le situazioni più gravi, e in queste categorie rientrano Paesi come il Burundi, il Ciad, la Repubblica Democratica del Congo, l’Eritrea. Quest’anno il Rapporto, pubblicato dall’International Food Policy Research Institute, apre solo piccoli spiragli. Anche perché la comparazione è riferita al 1990 e quindi si spera che passi in avanti ne siano stati fatti da allora a livello di interventi strutturali. I punteggi più alti di GHI si registrano in Asia meridionale e Africa subsahariana, ma l’Asia meridionale aveva ridotto in modo sostanziale il suo punteggio di GHI tra il 1990 e il 1996.
Dal 1990 al 2011, 15 paesi sono riusciti a ridurre i loro punteggi del 50% o più. Diciannove paesi sono usciti dalla due categorie peggiori segnati sulla cartina in rosso e arancio e i progressi più evidenti in termini assoluti si sono registrati in Angola, Bangladesh, Etiopia, Mozambico, Nicaragua, Niger e Vietnam. Tra i Paesi in cui la situazione della fame è peggiorata, il deterioramento più grave si è registrato nella Repubblica Democratica del Congo. Qui il punteggio di GHI è aumentato del 63% circa, a causa dei conflitti e dell’instabilità politica. Va anche detto – come si legge nella presentazione e sintesi del Rapporto – che il GHI 2011 non riflette gli effetti della crisi dei prezzi alimentari del 2010-11 né della carestia nel Corno d’Africa di quest’anno.
Ma a cosa è dovuta una situazione che il documento registra comunque come “grave”? Gli analisti provano a spiegarlo così: “Negli ultimi anni i mercati alimentari mondiali sono stati caratterizzati da un aumento dei prezzi e della volatilità. Questa situazione ha gravi implicazioni per le persone povere e affamate, che hanno limitate capacità di adeguarsi alle impennate dei prezzi e ai cambiamenti rapidi”.
Tre le ragioni principali alla base dell’aumento e la volatilità dei prezzi: la crescita dell’uso di colture alimentari per i biocarburanti; eventi meteorologici estremi e cambiamenti climatici; e aumento del volume di scambi dei futures (contratti a termine) delle materie prime.
Questi fattori – si legge ancora nell’analisi – sono esacerbati dall’alta concentrazione dei mercati di esportazione, che ha determinato una dipendenza degli importatori mondiali di alimenti di base da pochi paesi, da un livello storicamente basso di riserve di grano e dalla mancanza di informazioni puntuali sul sistema alimentare mondiale che potrebbero aiutare a prevenire reazioni eccessive a fronte di modesti cambiamenti della domanda e dell’offerta”.
La volatilità e, quindi, l’aumento incontrollato dei prezzi, ha determinato un crollo del potere d’acquisto da parte di fasce di popolazione già toccate dalla povertà e comunque ha inciso su tutte le famiglie. Non solo, per la necessità di far comunque fronte alle esigenze primarie ci si rivolge sempre più a prodotti di basso costo e di dubbia provenienza. Cosa che genera ulteriori problemi legati alla salute e alla malnutrizione. Va notato che – come si legge in questa scheda – nei Paesi ad un alto tasso di mortalità infantile corrisponde anche il GHI è più alto e preoccupante.
In maniera più che mai ovvia il Rapporto conclude:
È importante affrontare le cause della volatilità dei prezzi alimentari rivedendo le politiche sui biocarburanti, regolando l’attività finanziaria nei mercati alimentari e adattandosi ai cambiamenti climatici mitigandone gli effetti. È inoltre di vitale importanza costituire riserve alimentari e condividere informazioni sui mercati alimentari.
Per accrescere la capacità di resistere ai cambiamenti dei prezzi alimentari, è fondamentale rafforzare i sistemi di protezione sociale, migliorare la preparazione alle emergenze, investire nell’agricoltura sostenibile su piccola scala, migliorare le opportunità di sostentamento per la popolazione povera sia rurale che urbana, e potenziare l’offerta di servizi di base come l’istruzione, la sanità e i servizi igienico-sanitari.
Purtroppo non c’è da essere ottimisti per il futuro se, come dice Hunger Alliance UK “Si prevede che i prezzi del cibo nel prossimo futuro rimarranno alti e volatili e a pagarne le conseguenze saranno i più poveri”
Qui, il Rapporto completo.