Villa Francia è uno dei luoghi della memoria combattiva e resistente di Santiago del Cile. I rinnovati murales sparsi nell’ampia area degli isolati non sono solo testimonianza del ricordo vivo in nome dei numerosi caduti della resistenza e militanza contro la dittatura di Pinochet, durante le cruente repressioni armate da parte delle forze militari e della Dina. Esse rappresentano un richiamo attuale a non cedere al sistema dell’emarginazione e dell’ingiustizia sociale, che non retrocede neppure in tempi di apparente democrazia.
La Giornata del giovane combattente ricorre ogni anno il 29 marzo, data dell’assassinio sulle vie di Villa Francia di Rafael e Eduardo Vergara Toledo nel 1985, durante una retata armata delle forze militari dei Carabinieri.
Il ricordo dei due giovani fratelli non muore, in un settore dove la delinquenza è lo stigma preferito dai piani del Governo che, sistematicamente, rivendica motivi di sicurezza sociale per emarginare e reprimere con la forza. Un Governo che afferma la retorica della paura e la criminalizzazione per applicare politiche di sicurezza interna che aumentano un clima di diffidenza sia a livello mediatico che all’interno delle fragili relazioni sociali del settore.
Il 5 novembre, mangiando insieme sulla strada e rifacendo un murale collettivo su un palazzo, in un’atmosfera di condivisione comunitaria e di forte impegno politico e morale, si sono ricordati altri due giovani militanti colpiti a Temuco, città dove da sempre le ingiustizie sociali e legali nei confronti delle minoranze di origine mapuche si sono attuate praticamente all’oscuro delle reti mediatiche nazionali. La responsabilità di questa azioni è stata il più delle volte attribuita alle Forze Speciali dei Carabinieri.
In quella città nel 1988 vennero assassinati una giovane rappresentante universitaria, Aracely Romo, e Pablo Vergara Toledo, fratello di Eduardo e Rafael, entrambi militanti del Movimiento Izquierdista Revolucionario. Il loro impegno ha lasciato un’impronta indelebile sulle giovani generazioni del quartiere che cercano di trovare una strada contro le imperanti pratiche del neoliberismo.
Giovani che cercano di dare un senso alla propria vita lavorando come possono, organizzando incontri sociali e raccolte fondi, dove non mancano le attività culturali, i film e i libri. Ma la necessità principale è quella di tornare ad avere una direzione e un’azione politiche comuni che rappresentino i loro interessi reali. La comunità sembra condividere radici profonde negli ideali di rivoluzione e di cambiamento contro tutte le difficoltà che propongono una società di consumo e un governo violento che pensa solo al lucro, ottenuto con i peggiori mezzi e spinge la bilancia verso l’arricchimento di pochi e l’impoverimento vertiginoso di molti. Dinamica che è stata messa in evidenza durante l’attuale governo Piñera, ma non contrastata neppure durante i governi della Concertazione negli ultimi 30 anni dopo la fine della dittatura.
Qui si protesta, si fanno barricate, ma soprattutto c’è chi riflette sullo sfondo di una politica negazionista e autoritaria sull’illegalità e la politica repressiva che mette in atto strategie di emarginazione urbana, di controllo e di punizione sociale sui più deboli e invisibili. Chi abita qui e cerca di lavorare per la democrazia, organizza attività di sostegno per la difesa dei diritti dei detenuti politici.
Negli ultimi mesi soggetti ad arresti e detenzioni sono stati anche studenti che avevano preso parte a manifestazioni autorizzate e minoranze etniche da sempre perseguitate e messe in carcere solo per avere rivendicato i propri diritti abitativi e culturali.
Chi abita a Villa Francia con la coscienza e l’esperienza del passato domanda solo ciò che è dovuto in uno Stato di diritto che invece spesso dimentica che non si è più sotto assedio. E si reclama per l’illegalità dei giudizi che sciolgono i colpevoli di assassinio oppure per l’impunità delle forze dell’ordine (i carabinieri esecutori dei fatti) che vengono giudicati dalla Procura militare, grazie alla legge antiterrorismo ereditata dalla dittatura di Pinochet. La stessa legge che, se applicata sui delitti comuni, aggrava le pene per danni materiali o manifestazioni di dissenso in maniera esponenziale.
A peggiorare le cose, come fa notare Wladimir, ventiseienne nativo del luogo, c’è la – pasta base, una droga derivata da fondi di cocaina che annichilisce la vita di molti giovani.
Due madri, simbolo della lotta continua che non si ferma davanti al dolore e all’oblio, sono Mónica Quezada, madre di Matías Catrileo Quezada, e Luisa Toledo, la madre dei Vergara Toledo.
Luisa Toledo ha 74 anni, lo sguardo è commovente quanto la forza interiore che trasmette nelle sue parole: Io sono con voi, detenuti politici. Oggi c’è lavoro per tutti: bambini, giovani e adulti, come diceva Rafael, sulle strade, nelle piazze e nelle marce.
Matías Catrileo, invece, era un giovane studente di Agronomia di origine mapuche, che è stato assassinato con vari colpi di mitra dal carabiniere Walter Ramírez nel 2008, a soli 22 anni, mentre partecipava all’occupazione nelle vicinanze del latifondo di Santa Margherita, a Vilcún, nel sud del Cile, uno dei latifondi espropriati ai mapuche dallo Stato, dove erano insediati, e lo sono tuttora, Forze Speciali dei Carabinieri. In questi territori, dove si registrano costanti e gravosi atti di violenza e attacchi personali persino nei confronti dei minori, prevale la legge dell’omissione di colpe e della repressione armata, malgrado gli innumerevoli scioperi della fame e i richiami agli enti che si occupano di diritti umani.
Per capire meglio le ragioni del perchè ora in Cile l’accesso a un dialogo sia così sbarrato, nonostante le spinte rivendicative del movimento studentesco unito alla CUT [sindacato dei lavoratori] e agli ordini dei professori e dei lavoratori del settore della Salute Pubblica, che parlano di diritti per tutti, di cambiamenti radicali nelle politiche di educazione ma soprattutto di un cambio profondo nel sistema neoliberista, bisogna conoscere le intollerabili prevaricazioni quotidiane di potere che continua ad attuare il governo. Lo fa attraverso la connivenza dello Stato e lo sfoggio di violenza contro minoranze, studenti, giornalisti e contro chiunque pensi di intervenire o esprimere un parere diverso, strumentalizzando bene invece, gli interventi di violenza urbana che, oltre agli attestati casi di infiltrazione di forze dell’ordine, possono essere letti come una reazione contro l’odio strutturato e irrazionale esercitato regolarmente contro i cittadini.
I cosiddetti “incappucciati”, “delinquenti” e “antisociali” sono spesso giovani espropriati dei diritti di uguaglianza davanti alla legge, esclusi dall’educazione e dal progresso sociale.
Per non parlare degli interessi economici che stanno alla base delle stesse scelte politiche e giudiziarie.