proteste Iran

Capelli come arma di ribellione e affermazione. Gesto di sorellanza

Il caso di Mahsa Amini, arrestata lo scorso settembre con l’accusa di aver violato la legge che obbliga le donne a coprirsi i capelli, e poi uccisa, ha infiammato le proteste in Iran e scosso il mondo. Donne di vari Paesi e culture hanno condiviso immagini e video di loro stesse che si tagliano i capelli per dimostrare sostegno. Più in generale, la scelta su come acconciarsi o tagliarsi i capelli è un atto quotidiano con cui milioni di donne rivendicano la propria identità, cercano di inserirsi, lottano per i propri diritti o si attengono a norme rispetto a cui, troppo spesso, non hanno voce in capitolo.

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Iran, la lunga lista di diritti e libertà soppressi con violenza

La repressione del dissenso nel Paese sta diventando sempre più radicale e diffusa. L’anno appena trascorso si è chiuso con il triste bilancio di 7.000 persone arrestate solo per aver manifestato contro politiche economiche inefficaci, povertà, diritti umani negati. L’uso della violenza per fermare scioperi e dimostrazioni di piazza è diventato sistematico, traducendosi in frustate, arresti arbitrari, maltrattamenti, torture in carcere. Ad essere colpiti sono stati – e continuano ad essere – lavoratori, attivisti, avvocati, giornalisti, donne che osano opporsi alle restrizioni.

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