jihadismo

La Turchia neo-ottomana e autoritaria di Erdoğan verso le elezioni

A un mese dall’attentato che ha sconvolto la città di Istanbul, messo in seria difficoltà dall’inflazione e dalla crisi economica, il Paese si prepara a rinnovare le massime cariche dello stato nell’estate 2023. Oltre all’economia, sulla situazione interna pesano le spinte illiberali che da anni colpiscono la società civile e la stampa. In più, le operazioni militari nel Nord della Siria e in Iraq non accennano a fermarsi. Per la prima volta dopo vent’anni l’AKP sembra in difficoltà e ciò potrebbe aprire uno spiraglio per i partiti dell’opposizione.

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Africa, Summit dell’UA su diritti umani, conflitti e colpi di Stato

Tra le notizie di questo mese: in Nicaragua, il regime di Ortega ha messo al bando altre 50 ONG. Dall’inizio dell’anno ne sono state chiuse ben 144. La Grande barriera corallina australiana corre il rischio di estinzione. La Corte greca di Samos ha assolto un profugo afghano per la morte del figlio su una barca per migranti. Un gruppo di deputati statunitensi ha chiesto l’avvio di un’indagine sulla morte di Shireen Abu Akleh – giornalista palestinese-americana di Al Jazeera. Il Commisario ONU per i diritti umani Bachelet si è recata, per la prima volta, nella regione cinese dello Xinjiang.

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Brasile, cambio di passo per la tutela dei 10.000 disabili “internati”

Il Paese latinoamericano adotta una risoluzione mirante alla progressiva de-istituzionalizzazione delle persone con disabilità. L’Extinction Rebellion Scotland (ERS) – movimento ambientalista scozzese –protesta ancora contro l’inquinamento nucleare. Intanto, il Libano nega il diritto allo studio agli studenti rifugiati siriani. Rischiano di non poter sostenere gli esami di licenza elementare e media a causa della burocrazia. Burkina Faso e Costa d’Avorio avviano una collaborazione anti-jihadista. Mentre, partono i colloqui internazionali per un trattato globale contro il “cybercrime”.

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Terrorismo e Medioriente, la violenza non è la risposta

Gli attacchi terroristici di Parigi, ultimi dopo una serie di attacchi in Tunisia, Turchia, Iraq, Libano e Russia hanno trasferito in Europa quelle stragi e carneficine che in Siria e altrove sono all’ordine del giorno. Mentre tutto il mondo piange insieme ai cittadini di Parigi che hanno perso i loro cari, i politici si affrettano a impegnarsi in una reazione impulsiva proclamando il mantra “si deve fare qualcosa”. Ma mai come dopo questi attentati l’azione militare appare non più sufficiente: occorre riflettere e adottare una diversa visione.

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