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Ghana, il patriarcato impera: poche donne su cattedre universitarie

Da un rapporto dell’UNESCO è emerso che globalmente gli uomini sono maggiormente presenti nell’ambito dell’istruzione terziaria. I dati dimostrano che meno di 2 accademici senior su 5 e meno del 30% dei ricercatori mondiali sono donne. Il Ghana, seppure abbia compiuto progressi nel campo della parità di genere e dell’inclusione, non lo ha fatto nel settore dell’istruzione superiore. La questione risiede principalmente nell’esistenza di idee radicate che evocano stereotipi di genere limitanti per le donne. Per cambiare rotta sono necessarie politiche trasparenti che incidano sul cambiamento di visione.

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Genere e omosessualità, in Africa leggi e culture contro i diritti

Nel continente africano, la criminalizzazione dell’omosessualità risale all’epoca della colonizzazione con l’adozione delle “leggi anti-sodomia”. Ancora oggi, tali leggi non sono state abolite, bensì utilizzate dalle élite africane per interessi politici e religiosi. Si afferma che l’omosessualità non abbia mai fatto parte della cultura africana, nonostante studi antropologi sostengono l’esistenza delle relazioni omosessuali già nell’Africa pre-coloniale. Il mondo della cultura, soprattutto l’ambito cinematografico, sta dando il suo contributo per portare a galla il tema e combattere la discriminazione.

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La nuova India, femminilità e conflitto identitario e religioso

Il nazionalismo indù – attraverso l’ideologia Hindutva – sta plasmando un Paese sempre più orientato alla rigorosa classificazione religiosa e di genere della società indiana. In questa visione radicale dello Stato, tutto, dalla politica alla vita quotidiana, prende spunto da una concezione fortemente maschilista, dove la donna è relegata alla sottomissione o alla militanza in nome della difesa del puro nazionalismo. Le conseguenze pericolose sono la marginalizzazione delle minoranze, come i musulmani, e la cancellazione delle libertà, soprattutto per le donne.

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Sfumature di bianco: razza, genere e schiavitù nei Caraibi

Durante l’era coloniale bianchi e neri erano categorizzati secondo linee di genere, molte di queste persistono ancora oggi. Ci si appellava alle differenze razziali per giustificare la deportazione e la schiavizzazione forzata, attraverso la tratta transatlantica degli schiavi, di quelli che alla fine risultarono circa tredici milioni di africani Questo sistema non solo ha comportato l’impiego di un’iconografia razzista, ma ha al pari richiesto una riflessione su cosa significasse essere bianco. In questo contesto la valorizzazione del bianco ha proceduto di pari passo con la discriminazione del nero.

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