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Libano, dall’esplosione di Beirut rafforzato lo Stato di polizia

A un anno dallo scoppio delle proteste il Paese vive un momento di profonda crisi. E ancora una volta la sua corrotta classe politica crede che per risolvere i problemi che attanagliano la Nazione ci sia un unico modo: reprimere il dissenso e la libertà di espressione. Secondo alcuni esperti, dietro questa forma di repressione si cela il rafforzamento di uno Stato autoritario. Nonostante tutto, continuare a sostenere il diritto alla libertà, ma anche la chiara separazione e indipendenza dei poteri, resta l’unica strada verso il cambiamento.

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Libano, “ci ribelliamo contro corruzione, tasse e malgoverno”

Il Paese dei cedri è ormai da mesi teatro di una forte agitazione popolare. Oltre 1 milione di persone è sceso ripetutamente in piazza per protestare contro il rincaro di una serie di tasse. Il rafforzamento dell’austerity interviene nell’ambito di un contesto economico già di per sé molto fragile. Intanto, il 19 dicembre, Hassan Diab è stato incaricato di formare un nuovo Governo tecnico. Decisione che ha suscitato un’ulteriore ondata di malcontento. La nostra intervista a Nizar Hassan, giornalista, ricercatore, cofondatore del movimento politico LiHaqqi e attivista per i diritti umani.

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Libano in fermento. E un film sul calcio narra storie dei rifugiati

Le proteste, partite il 17 ottobre in Libano, continuano senza l’avvio di consultazioni per la creazione di un nuovo Governo, dopo le dimissioni del primo ministro Saad Hariri il 29 ottobre scorso. A creare malcontento è una situazione economica molto difficile, esacerbata dall’introduzione di una tassa sulle chiamate VoIP, e una rabbia diretta ad una intera classe politica ritenuta responsabile dei dissesti del Paese. Il documentarista Stefano Fogliata è da pochi giorni tornato da Beirut, sua città adottiva, e ci racconta sensazioni e pensieri dalla piazza.

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