Accordo Italia-Libia

Libertà di stampa, come informare è diventato un “crimine”

Un tempo, erano i corrispondenti di guerra a correre i maggiori rischi per la propria incolumità. Oggi, per un giornalista è sufficiente occuparsi di “certe” tematiche – quali: politica, corruzione, movimenti di protesta – per ritrovarsi, in qualche modo, silenziato da Governi e attori non-statali. Questi usano una serie di metodi – di cui l’omicidio rappresenta l’extrema ratio – per generare il cosiddetto “chilling effect” sulla libertà di stampa. Viene così inficiato il pluralismo informativo, il diritto di cronaca e quello del cittadino a essere informato.

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Centri di detenzione in Libia, dove la vita vale meno di niente

Vendute come merci, costrette ai lavori forzati, picchiate e lasciate morire: questa è la sorte che spetta alle persone in cerca di fortuna in Europa e avvistate dalla Guardia Costiera libica. La loro destinazione sono gli ormai noti centri di detenzione del Paese nordafricano, finanziati anche dall’Italia grazie al controverso Memorandum d’intesa del 2017. Qui si incrociano storie di negazione assoluta della dignità e dei diritti umani, giustificata dall’ipocrita lotta all’immigrazione clandestina e ai traffici di esseri umani.

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Espellere per fronteggiare l’immigrazione, accordi sui rimpatri

Il numero di migranti e rifugiati che rischiano la vita per raggiungere l’Europa in cerca di protezione internazionale continua a crescere. Intanto, il Governo italiano con l’appoggio dell’Unione Europea continua a stabilire accordi politici con i Governi dei Paesi di provenienza o di transito – primo fra tutti quello con la Libia – nel tentativo di fronteggiare quella che il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg ha definito “la più grande crisi di migranti e rifugiati in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale”. E la parola chiave delle ultime politiche italiane sulla migrazione è ora espulsione.

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CIE e accordi con la Libia, il déjà-vu della politica migratoria

Il piano immigrazione promosso dal ministro Minniti e avallato dal governo Gentiloni si focalizza sul controllo frontaliero e su una stretta riguardo ai rimpatri. Di fatto, nei provvedimenti echeggiano politiche passate che hanno già dimostrato di essere fallimentari e lesive dei diritti umani. Il Memorandum firmato con il governo libico demanda la tutela del diritto d’asilo ad un Paese minato da una profonda crisi interna che, per altro, non riconosce la Convenzione di Ginevra. L’avvocato Guido Savio dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione commenta per Voci Globali le nuove politiche.

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Quegli sporchi finanziamenti europei per fermare le migrazioni

I recenti accordi bilaterali promossi dall’Unione Europea con Turchia, Afghanistan e alcuni Paesi del Corno d’Africa vanno a configurare un approccio alla cooperazione e ai fenomeni migratori fondato sulla sicurezza. La priorità dei Governi europei sembra essere l’esternalizzazione delle frontiere, demandando a regimi autocratici, Paesi instabili e polizie altrui la gestione dei confini. In particolare, attraverso il “Processo di Khartoum”, regimi in aperta violazione dei diritti umani si trasformano in interlocutori credibili e alleati per tenere richiedenti asilo e profughi lontani dai confini dell’Europa. Gli fa eco il “Migration Compact” italiano.

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