19 Aprile 2024

Africa, la Francia parla di giustizia decoloniale ma fa i suoi interessi

[Traduzione a cura di Gaia Resta dell’articolo originale di Jo Adetunji pubblicato su The Conversation]

Opération Barkhane, truppe francesi tra la popolazione del Sud del Sahel. Da Wikimedia Commons in CC BY-SA 4.0

A fine luglio 2022 il presidente francese Emmanuel Macron ha concluso il giro di visite di Stato in Camerun, Benin e Guinea-Bissau, mentre dal 25 al 27 agosto si è recato in Algeria.

A prima vista, la scelta dei Paesi risulta difficile da comprendere: le tre ex colonie francesi (Camerun, Benin e Algeria) e l’ex colonia portoghese, la Guinea-Bissau, sembrano molto diverse tra loro.

Tuttavia, considerate nel loro insieme, le visite di Macron creano una narrazione secondo la quale la Francia sta cercando di riparare ai crimini coloniali del passato mentre, allo stesso tempo, cerca di mantenere quell’influenza guadagnata proprio grazie al colonialismo.

I due temi sono emersi anche durante il New France Africa Summit svoltosi a ottobre 2021 a Montpellier. In quell’occasione, Macron ha promesso investimenti nelle startup tecnologiche africane come strategia per aumentare l’influenza del commercio privato francese, promuovendo contemporaneamente il report dello studioso Achille Mbembe sul nuovo rapporto tra Francia e Africa.

Macron ha avuto un’altra occasione per mettere in mostra il suo buon rapporto con i leader africani nell’ambito dello European Union-African Union Summit di febbraio 2022; riunione ospitata da Macron stesso – era il turno della Francia alla presidenza dell’Unione Europea – e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

La volontà di fare ammenda è stata esibita durante ciascuna delle recenti visite. Durante una conferenza stampa con il presidente del Camerun Paul Biya, Macron ha dichiarato che gli archivi della Francia sul governo coloniale nel Paese sarebbero stati “completamente” aperti. Ha detto di sperare che gli storici di entrambi i Paesi collaborino per indagare sui “momenti più dolorosi”.

In Benin il presidente francese ha accompagnato il suo omologo, Patrice Talon, a visitare la mostra dedicata al tesoro reale di Abomey – un tesoro trafugato dalla Francia 139 anni fa e restituito a novembre del 2021. Invece, in Guinea-Bissau ha annunciato l’apertura di una scuola francese e l’avvio di un programma di scambio in ambito sportivo, in linea con il maggiore risalto da lui conferito alla diplomazia culturale. È evidente come, durante tutte e tre le visite, sia stata affermata più o meno velatamente la volontà di rinsaldare l’influenza francese.

Inoltre, ora che la presenza delle truppe francesi in Mali è stata diminuita, Parigi sta cercando nuove opzioni militari che spera di trovare nei Paesi visitati da Macron. In Benin, il presidente ha parlato di sicurezza, così come ad Yaoundé ha riaffermato l’impegno della Francia per la sicurezza del Continente. E, non a caso, in Guinea-Bissau ha dichiarato che la Francia dovrebbe “contribuire alla lotta contro il terrorismo in tutta la regione”.

Ritengo che Macron stia sfruttando la maggiore richiesta di decolonizzazione delle società africane come copertura per esercitare il suo potere di influenza sul Continente.

Correggere il passato coloniale

Il concetto di giustizia decoloniale è stato utilizzato di recente da altre ex potenze coloniali per rispolverare la loro immagine in Africa. Com’è noto, a giugno 2022 il Belgio ha restituito un dente di Patrice Lumumba, il primo Primo Ministro democraticamente eletto del Congo, 61 anni dopo averne consentito l’assassinio.

Correggere il passato coloniale è diventato un modo popolare per i Governi del Nord globale di attuare la diplomazia in Africa. In passato, si invocavano rapporti rinnovati e l’oblio per il passato. Ora, invece, i capi di Stato mostrano apertamente la loro volontà di affrontare i crimini dell’epoca. Per esempio, il segretario di Stato degli USA, Antony Blinken, ha parlato della necessità di diventare “partner di pari livello” e di prendere atto di “generazioni di africani il cui destino è stato determinato dalle potenze coloniali“.

Penso che questa sia un’astuzia per ribaltare la narrazione solitamente portata avanti da Russia e Cina, secondo cui i loro Governi non hanno mai colonizzato il Continente, già lanciata negli anni Sessanta quando Zhou Enlai e Leonid Brezhnev visitarono l’Africa.

In questo suo audace tentativo di rovesciare la suddetta narrazione, Macron si è spinto al punto di bollare la Russia come “una delle ultime potenze coloniali imperiali” per via dell’invasione dell’Ucraina.

Tutte queste dichiarazioni rientrano nella cinica versione che Macron ha della decolonizzazione, per cui si cerca di rimediare al passato mentre, contemporaneamente, si ostacola con continue ingerenze il processo decoloniale.

Africa, un interesse rinnovato

Ciò che distingue la Francia dagli Stati Uniti e dal Belgio è il tentativo da parte dell’Eliseo di compensare la riduzione dei militari in Mali.

Nel 2013, la Francia era intervenuta militarmente nel Nord del Mali, con il supporto del Belgio e della Svezia per l’addestramento dei soldati, con l’obiettivo di respingere i miliziani islamici dal Sahel. Ora, le truppe francesi che lasciano il Paese vengono sostituite dai mercenari russi, il cosidetto Wagner Group.

La logica da Guerra Fredda che è stata apposta a questo viaggio di Stato, comunque, è fin troppo semplicistica. Sottovaluta le politiche regionali dell’Africa occidentale, dove la Comunità Economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest (ECOWAS) ha ritenuto di intervenire, sempre con maggiore frequenza, contro i colpi di Stato che hanno afflitto la Regione: in Mali ad agosto 2020 e maggio 2021, in Guinea a settembre 2021, in Burkina Faso a gennaio 2022, il tentato colpo di Stato in Guinea-Bissau a febbraio 2022.

Sono proprio i colpi di Stato in Africa occidentale, piuttosto che l’intervento in Ucraina, a spiegare la visita di Macron in Guinea-Bissau, Paese che ha assunto la presidenza di turno dell’ECOWAS a luglio. Di recente l’organizzazione ha revocato le sanzioni emesse in seguito al colpo di Stato in Mali, quando la giunta ha promesso che le elezioni si sarebbero svolte a febbraio 2024.

L’ECOWAS, inoltre, ha raggiunto un accordo con la giunta militare del Burkina Faso per programmare la transizione verso la democrazia, stabilita per luglio del 2024.

Con la promessa, da una parte, di maggiori investimenti culturali e, dall’altra, di armi per la Guinea-Bissau, Macron sta in realtà intromettendosi nell’organizzazione della Regione. E ciò sta avvenendo nonostante la Francia affermi di aver “sempre rispettato” la posizione dell’ECOWAS riguardo gli affari della zona. Si tratta quindi di uno stratagemma dell’Eliseo per coprire tutta l’Africa occidentale – e proteggere i suoi interessi – senza doversi impegnare in singoli viaggi diplomatici nelle capitali dei vari Stati.

Mantenere l’attenzione sull’Ucraina e sulla missione di Lavrov era nell’interesse del presidente francese, il quale ha opportunamente posto domande sul perché i Paesi africani non abbiano ricevuto armi facilmente come l’Ucraina. In questo modo l’invio di armi è stato presentato come qualcosa di positivo, invece di una politica disastrosa che non funziona quasi mai.

Come sempre, saranno i comuni cittadini a pagare il prezzo di tutto ciò perché si ritroveranno a vivere in società sempre più pesantemente armate. Le rivolte nel Nord del Mali nel 2013, che ora Macron sta cercando di gestire tramite l’ECOWAS, sono state la conseguenza dell’intervento militare del 2011 da parte della Francia e dei suoi alleati in Libia, e della successiva deposizione del leader libico Muammar Gheddafi.

Tale situazione potrebbe bloccare questi Paesi per anni, precludendo la possibilità di rientrare tra le economie dei “leoni africani” (Etiopia, Ghana, Kenya, Mozambico, Nigeria, Sudafrica) – Stati evitati da Macron nel suo giro di visite.

Gaia Resta

Traduttrice, editor e sottotitolista dall'inglese e dallo spagnolo in ambito culturale, in particolare il cinema e il teatro. L'interesse per un'analisi critica dell'attualità e per i diritti umani l'ha avvicinata al giornalismo di approfondimento e partecipativo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *