[Traduzione a cura di Chiara Partiti dell’articolo originale di Dánae Vílchez pubblicato su openDemocracy]
Il Governo nicaraguense ha classificato come “agenti stranieri” numerosi gruppi femministi che forniscono un sostegno cruciale alle donne vulnerabili; tale definizione implica l’impossibilità di continuare ad operare.
Le attiviste hanno sottolineato che, a causa del divieto del Governo, molte attività da loro gestite stanno scomparendo, come la fornitura di servizi per la salute riproduttiva, i rifugi per le sopravvissute ad atti di violenza di genere, i prestiti e la formazione delle donne contadine, solo per citarne alcune.
“È un delirio di controllo assoluto”, sostiene Maria Teresa Blandón, una sociologa e femminista di spicco che coordina uno dei gruppi colpiti, La Corriente. Le autorità “sanno che le organizzazioni femministe sostengono il pensiero critico, la difesa dei diritti umani e la vocazione democratica ”, stando a quanto ha dichiarato a openDemocracy.
Il mese scorso, l’Assemblea Nazionale nicaraguense – controllata dal partito al Governo, il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale – ha posto fine allo status giuridico di 50 organizzazioni sociali, tra cui La Corriente e altri sei gruppi femministi.
Il regime del presidente Daniel Ortega ha messo fuori legge 267 ONG dal 2018, tra cui 40 gruppi femministi al servizio dei più vulnerabili, secondo la Mesoamerican Women Human Rights Defensers Initiative. Molte di queste ONG sono state colpite da una legge del 2020 che ha costretto tutti i gruppi ricettori di fondi provenienti da donatori internazionali a registrarsi come “agente straniero”.
In quell’occasione, La Corriente aveva rifiutato di registrarsi come tale, sostenendo che sarebbe stato contrario al diritto di associazione e alla Costituzione nicaraguense.
“Questa politica mira a spazzare via qualsiasi forma di organizzazione che non sia sotto il controllo dello Stato. Anche se non abbiamo una prospettiva partigiana, ci hanno dichiarato nemico politico mortale” ha comunicato Blandón.
Fin dalla sua fondazione nel 1994, La Corriente ha fornito un’istruzione inclusiva per donne e giovani LGBTQI, gestendo anche progetti di sviluppo. Inoltre, è una delle voci di denuncia principali per la violenza contro le donne e le persone LGBTQI.
Blandón ha aggiunto: “I gruppi femministi, come altre organizzazioni civili, svolgono un servizio che lo Stato non offre, non perché non sia sua responsabilità, ma perché non è tra le sue priorità”.
Con la revoca dello status giuridico, La Corriente e altri gruppi hanno perso i requisiti per il finanziamento internazionale, dovendo così chiudere le loro attività.
Le prospettive per le donne e per la comunità LGBTQI sono buie senza questi gruppi che lavorano per loro conto. In Nicaragua non esiste una protezione legale per le persone LGBTQI e il sessismo e l’omofobia sono dilaganti: nei primi quattro mesi del 2022, il Paese ha registrato 22 femminicidi (71 quelli del 2021).
Nel 2018, vi erano 13 rifugi per donne e bambini vittime di violenze di genere. Ad oggi, solo 3 sono ancora aperti e si ritrovano a operare clandestinamente, in modo da evitare persecuzioni da parte del Governo, stando a quanto affermato da una fonte del Nicaragua Feminist Articulation a openDemocracy.
Danneggiare la salute delle donne
Uno dei primi gruppi femministi a chiudere è stato lo storico Collectivo de Mujeres Matagalpa (CMM), fondato nel 1984 da attiviste di sinistra. Nel 1990 aveva ottenuto lo status giuridico di ONG, con l’obiettivo di lavorare con le donne delle comunità povere nel dipartimento di Matagalpa, una zona di campagna devastata dalla guerra civile finanziata dagli Stati Uniti durante gli anni ’80.
Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), il Nicaragua è uno dei Paesi dell’America Latina che investe meno fondi nella salute pubblica, seguito da Guyana, Honduras, Venezuela e Haiti. Per decenni, il CMM ha fornito servizi di salute riproduttiva e mentale, supporto legale e protezione a più di 10.000 donne all’anno.
“Siamo sempre stati una voce critica contro lo Stato, che ha chiesto politiche pubbliche affinché le donne potessero esercitare i loro diritti in aree in cui lo Stato non fa nulla”, ha detto a openDemocracy un membro del gruppo (che ha chiesto di rimanere anonima per paura di rappresaglie).
Lo status giuridico di CMM è stato revocato lo scorso agosto, ma in realtà la persecuzione a opera dello Stato era già iniziata nell’aprile 2018, quando disordini civili scoppiarono in tutto il Paese e il gruppo prese parte alle proteste anti-governative, poi represse dalle autorità. Secondo la Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani, almeno 325 persone vennero uccise per mano del regime di Ortega che sarebbe quindi responsabile di crimini contro l’umanità.
Tre membri stranieri del CMM sono stati deportati e diversi membri nicaraguensi sono stati costretti all’esilio. Gli attivisti del CMM che vivono ancora nel Paese subiscono molestie e persecuzioni.
“Ci hanno chiamato terroristi, lesbiche; ci hanno accusato di ricevere finanziamenti dagli ‘invasori yankee’, di riciclare il denaro”, ha detto l’attivista rimasta anonima. Da quando Ortega ha preso il potere nel 2006, “il popolo di Matagalpa ha subito una repressione brutale, i contadini sono stati assassinati e noi femministe dovevamo alzare la voce”, ha aggiunto.
L’attivista teme che la chiusura dell’ufficio di CMM e l’interruzione dei progetti danneggino la salute delle donne e permettano la diffusione della violenza di genere: “il Governo pensa di danneggiare coloro che lavorano nelle organizzazioni mentre, invece, sta danneggiando le donne che hanno beneficiato dei progetti per anni”
Donne rurali abbandonate
L’organizzazione delle donne rurali, la CMR – Coordinadora de Mujeres Rurales – è stato uno dei pochi spazi formalmente organizzati per le donne contadine del Nicaragua. Ha fornito prestiti e formazione in agroecologia alle contadine, combattendo inoltre per un possesso più equo dei terreni agricoli.
Con le risorse fornite da organizzazioni umanitarie internazionali, tra cui Oxfam a cui è stato vietato di operare in Nicaragua nel 2021, CMR ha distribuito prestiti alle donne permettendo loro di acquistare appezzamenti di terra o sementi; ha condotto una campagna per la creazione di una legge riguardante un fondo per l’assegnazione di terreni alle donne delle zone rurali (dove, stando all’ultimo censimento agricolo, solo il 20% dei proprietari terrieri sono donne). La legge è stata approvata nel 2007 ma mai attuata dal Governo.
A maggio, con la revoca dello status giuridico al CMR, 600 donne del Nord-Est del Nicaragua si sono ritrovate senza sostegno.
“Con i nostri progetti, le donne possono accedere al credito attraverso le cooperative. Sfortunatamente le banche non concedono prestiti alle donne contadine e, con la chiusura di CMR, non potremo più aiutarle a ottenerli” ha comunicato a openDemocracy María Teresa Fernández, presidente di CMR.
Femministe “nemiche” del Governo
I gruppi per i diritti delle donne del Nicaragua sono in contrasto con Daniel Ortega dal 1998, anno in cui la figliastra Zoilamérica lo accusò di abusi sessuali e le femministe si schierarono con la vittima, chiedendo giustizia. Ortega e la moglie Rosario Murillo iniziarono ad attaccare le femministe, bollandole come assassine finanziate dall’ “impero yankee”.
Ortega, ex comandante della guerriglia di sinistra durante la Rivoluzione Sandinista del 1979, è stato presidente negli anni ’80 e poi rieletto nel 2006. Diventato un capo di Stato sempre più autoritario, è riuscito a sostenere una retorica di sinistra mentre stringeva un’alleanza con i conservatori – sostenendo, per esempio, il divieto totale di aborto in Nicaragua nel 2006.
Blandón di La Corriente, sostenitrice della Rivoluzione Sandinista, pone in evidenza la diffusa cultura “machista” di Ortega e di altri leader sandinisti desiderosi di mantenere i propri privilegi.
“Il matrimonio tra femminismo e sinistra è stato negativo poiché noi (donne) eravamo molto fedeli e i leader della Rivoluzione non volevano ascoltare le nostre proposte” ha dichiarato Blandón, aggiungendo “la rottura era inevitabile, ed è stato solo l’inizio di un conflitto che è andato peggiorando”.
I gruppi femministi non sono i soli a essere colpiti da queste politiche. L’attivismo sociale e per i diritti sta vivendo un cal0 generale in Nicaragua, poiché, stando a un recente rapporto locale, molti altri gruppi hanno interrotto le loro attività per paura.
Senza progetti da gestire né altre opzioni per raccogliere fondi, le attiviste stanno cercando alternative per sostenere il loro lavoro e la loro resistenza. Il CMM continuerà a sostenere gli sforzi della comunità di auto-organizzarsi e a denunciare “le violazioni dei diritti umani e il governo autoritario”, ha riferito un membro a openDemocracy.
“Le donne ci dicono ‘non possono portarci via la nostra conoscenza’”, ha dichiarato Fernández di CMR.
Quanto a Blandón, dice che La Corriente sopravviverà come gruppo, poiché “il femminismo non dipende dai fondi o da uno spazio fisico”. “Il nostro lavoro continuerà perché non possono toglierci il diritto di pensare e costruire un coscienza critica”, ha affermato.