Si celebra oggi la Giornata internazionale contro la tratta di esseri umani, a ricordare a ogni Stato, ogni comunità, ogni persona che sul XXI secolo dell’umanità resta aperto il mercato delle schiavitù: per le strade del mondo, milioni di invisibili ma in bella vista incatenati agli affaristi di carne umana e ridotti a mercanzia in vendita al peggiore degli offerenti.
“La tratta di persone [..] è una delle più eclatanti violazioni dei diritti umani che le Nazioni Unite oggi devono affrontare. È diffusa e in crescita. È radicata nelle condizioni sociali ed economiche dei Paesi da cui provengono le vittime [..] e guidata da una crudele indifferenza verso la sofferenza umana da parte di coloro che sfruttano i servizi che le vittime sono costrette a fornire. Il destino di queste persone vulnerabili nel mondo è un affronto alla dignità umana”.
Era l’inverno del 2000 quando Kofi Annan, allora Segretario Generale Onu, parlava così all’Assemblea riunita in occasione della Conferenza di Palermo, che si è fatta pietra miliare nella lotta a quel business infame nelle mani del crimine organizzato, anche transnazionale, capace di diminuire le persone a strumento di rendita. Una dichiarazione che risale ormai 21 anni fa, ma che per la drammatica attualità di ogni sua singola parola potrebbe esser stata rilasciata ieri.
Raccolte ai margini e intrappolate nella rete di un fenomeno criminale dalle maglie tanto strette da farsi catena intrisa spesso di sangue e sempre di spregio per la vita e la dignità, si stima – al ribasso – che siano ad oggi almeno 40 milioni le vittime di tratta nel mondo. 50 mila – rivela il Rapporto Globale 2020 sul Traffico di Persone pubblicato lo scorso febbraio dall’Ufficio Onu per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) – gli schiavi individuati in 148 Paesi soltanto nel 2018.
I traffici “più affollati” restano quelli a scopo di sfruttamento della prostituzione e altre forme di sfruttamento sessuale, con il 90% delle vittime donne o bambine. Al secondo posto nella classifica dei viaggi direzione schiavitù c’è lo sfruttamento lavorativo (principalmente in agricoltura, edilizia, pesca, miniere e lavoro domestico), a coinvolgere, per lo più e sempre di più, uomini e bambini. Attività criminali forzate, accattonaggio, matrimoni forzati, e prelievo di organi, le altre destinazioni.
Le prede favorite sono in primo luogo quanti vivono in uno stato di debolezza sociale e materiale. Le donne, prima degli altri. Ma anche i migranti in transito e senza documenti, abbandonati – lo documenta, tra gli altri, la nuova inchiesta UNODC Abusati e ignorati – per mare e per terra in balìa degli schiavisti e dei loro brutali metodi di coercizione fisica e psicologica. Triplicato e in costante aumento negli ultimi 15 anni, il numero dei minori trafficati.
A livello globale, è bambino – in prevalenza di genere femminile e sfruttato nel mercato del sesso – oltre uno schiavo su tre (rapporto che sale a uno su due nei Paesi a basso reddito – Africa sub-sahariana e occidentale, Asia meridionale, America centrale e Caraibi); e una vittima su venti non ha ancora compiuto gli otto anni. L’Europa occidentale e meridionale sono le regioni del mondo che registrano il numero più alto di casi accertati; mentre è l’Italia il Paese con il più alto numero di sospettati per tratta di esseri umani, con oltre 4 mila persone coinvolte, a cui però non corrisponde un numero analogo di procedimenti penali.
A denunciarlo l’edizione 2021 del rapporto Piccoli schiavi invisibili di Save The Children, divulgato pochi giorni fa in occasione proprio di questa Giornata. Il report mette a fuoco per la prima volta il dramma dei figli delle donne vittime di tratta, nati spesso dagli abusi subiti dalle madri e cresciuti nell’isolamento, nella violenza, e anch’essi nello sfruttamento. Raddoppiati tra il 2016 e il 2020 i casi di vittime o ex vittime (principalmente giovani nigeriane) con figli presi in carico dal sistema anti-tratta soltanto in Italia, con un incremento ulteriore nei primi 6 mesi di quest’anno.
“Si tratta di bambini spesso figli di ragazze sole, anche giovanissime, che sono state ingannate, vendute, rapite, e che hanno subìto torture e stupri, anche di gruppo, nelle tappe di un viaggio orrendo per raggiungere l’Europa. Una violenza che continua in Italia, subìta per poter sopravvivere, perché ancora schiave dei loro trafficanti o per ripagare un debito di viaggio quasi inestinguibile, ora in una condizione di vulnerabilità economica ancora maggiore a causa della pandemia” – ha spiegato Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “I loro figli sono due volte vittime dello sfruttamento, hanno vissuto le violenze perpetrate sulla loro mamma e possono aver subito o subire a loro volta violenza, sono spesso minacciati o trattenuti dagli sfruttatori come arma di ricatto per mantenere le madri in trappola, e rischiano così di crescere in una rete chiusa di abusi e violenze”.
Gli effetti della pandemia da COVID 19 sulla tratta di persone – citiamo il titolo dell’ultima indagine UNODC sul tema – sono devastanti. La crisi economica e sociale abbattutasi sul mondo intero è l’Eden per i trafficanti che delle vulnerabilità hanno saputo fare profitto.
E i traffici adesso corrono online, soprattutto quelli a scopo di sfruttamento sessuale: la tecnologia si fa parte essenziale dei più moderni modelli di impresa sulle vite sfruttate, con i social media e le piattaforme Internet a facilitare il reclutamento e a render sempre più violento e lucroso il controllo e il commercio delle vittime, che non sono mai state tanto invisibili ai servizi di identificazione e protezione.
Per i bambini, il pericolo è maggiore: basti pensare che in tempo di lockdown si è registrata una crescita esponenziale nella domanda di materiali pedo-pornografici online e nella darknet, fino al 30% in alcuni Stati dell’Unione secondo la Commissione Europea e i profili dell’Europol.
Sono 142 milioni in più dell’anno precedente i bambini e gli adolescenti spinti in povertà dalla pandemia nel 2020 – rivela ancora l’analisi curata da Save the Children – e le prospettive per il prossimo futuro sono tutt’altro che incoraggianti: 10 milioni rischiano di non tornare a scuola e di ritrovarsi così esposti a sfruttamento, abusi, gravidanze e matrimoni precoci. Ed entro la fine del prossimo anno, altri 8,9 milioni di minori (oltre la metà dei quali nella fascia tra i 5 e gli 11 anni) potrebbero finire inghiottiti dalle reti dello sfruttamento lavorativo.
Una realtà che, seppur diffusa e integrata nelle grandi e piccole strutture economiche e sociali del pianeta intero, rimane quasi del tutto sommersa e produce un giro d’affari per le organizzazioni criminali che – conta l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) – ruota intorno ai 150 miliardi di dollari annui, a fronte di un rischio irrisorio, con i sistemi di protezione delle vittime che restano carenti e l’accesso alla giustizia per i sopravvissuti che è quasi un miraggio.
Razzismo, xenofobia, e discriminazione di genere trainano la tratta ed il suo proliferare nell’impunità pressoché assoluta, denuncia Siobhán Mullally, Relatrice speciale Onu sulla tratta di persone, in particolare donne e bambini.
Un sistema complesso di disumanizzazione, che si origina dalla miseria, si sviluppa nell’asservimento e prospera nella connivenza della collettività. “Sulla tratta delle persone, parliamo spesso dei trafficanti che intascano il denaro, più raramente ci soffermiamo su clienti e consumatori che lo alimentano” ha detto Valiant Richey, Rappresentante Speciale contro la tratta degli esseri umani dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OSCE), a commento dell’ultima Conferenza internazionale per fronteggiare il commercio e lo sfruttamento delle persone. “Bisogna discutere della domanda che genera sfruttamento. [..] Tutti abbiamo un ruolo da svolgere: cittadini, Governi, imprese. Tutti rischiamo di incoraggiare il traffico quando acquistiamo, consapevolmente o meno, servizi prodotti da vittime di tratta. Esercitando il nostro potere di acquisto, come consumatori, abbiamo il potere di agire contro la tratta”.
Intorno a noi ci sono milioni di vite imprigionate in una quotidianità estremamente violenta e abusante, fatta di contrabbandieri di corpi e di prigionieri senza scelta e senza voce costretti, a suon di botte, privazioni e paura, a diventare moderni schiavi sui cigli delle nostre strade, sui ponteggi dei nostri cantieri, nei filari dei nostri campi, tra i corridoi delle nostri uffici e delle nostre fabbriche. Intorno a noi che, quando non quella della compiacenza, abbiamo sicuramente la colpa imperdonabile dell’indifferenza.
Joy, giovane nigeriana sopravvissuta a quel cammino fino all’inferno dei marciapiedi italiani che era iniziato con l’inganno della promessa di un lavoro giocata sulla disperazione di chi ha fame, la tratta e la lotta per uscirne la racconta così: “Mi avevano rubato tutto. Il nome, la dignità, il corpo, l’anima, la libertà, il futuro. Ero una delle migliaia di schiave, vittime della tratta, che vivono e muoiono nei sotterranei della Storia.”
La sua è la storia di tutte le donne, gli uomini, i bambini che i faccendieri di esseri umani comprano e vendono come fossero articoli di scarto. Storia di sevizie e umiliazioni, di esseri umani annullati e posseduti come non avessero identità né vita. Storia di schiavi e di padroni, nel “mondo libero” del 2021.