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LGBTI, in Africa app e siti di appuntamenti usati per ricattare

Molestie, minacce, violenze fisiche. E ora anche le estorsioni online. I gay in Africa si trovano spesso ad affrontare una realtà ostile segnata da una cultura in cui sposarsi e procreare non è solo una scelta privata ma un segnale di aderenza alle norme e all’esigenza di rimanere in recinti ritenuti conformi alla società.

Nonostante questo, negli ultimi anni il dibattito si è allargato lasciando spazio a libertà di pensiero e di comportamenti che se non accettati sono almeno tollerati – o persino ignorati. Forse un modo per negare la presenza del “diverso”. Ma sono proprio i tabù rispetto agli omosessuali e la loro condanna a permettere che si stiano comunque allargando le modalità di abuso.

Internet e le app stanno mostrando quanto i gay siano vulnerabili ad azioni criminali che stentano però ad essere fermate. Difficile, infatti, denunciare o aspettarsi che le forze dell’ordine intervengano a soccorso. Anzi, sono spesso proprio loro ad abusare dei gay, a scopo “ludico” o anche per far soldi.

È questo, per fare un esempio, che ha spinto la comunità gay nigeriana a dar vita ad un “diario” per tenere memoria di queste situazioni. Si chiama Kito Diaries, un blog nato nel 2014, e dove nella sezione Kito Alerts si raccontano esperienze e storie personali di violenze e abusi. Ne è nata anche una campagna che ha un approccio molto pratico, fatto di numeri di telefono di emergenza e di consigli su come gestire i social e gli appuntamenti “al buio”.

Attivisti LGBTI in Botswana, foto tratta da Kito Diaries

Se da un lato le piattaforme online stanno aiutando i gay ad uscire allo scoperto e stanno agevolando incontri e scambi di esperienze, prima più difficili, dall’altro si stanno moltiplicando i casi di utilizzo di questi sistemi per raggirare, ricattare ed estorcere denaro.

Qualche anno fa due organizzazioni che si occupano di diritti umani – Tactical Technology Collective e Frontline Defenders – hanno creato, e messo online, una serie di guide per la comunità LGBTI africana. Lo scopo: favorire la sicurezza digitale di singole persone e attivisti che potessero essere controllati e fatti oggetto di persecuzioni per la loro inclinazione sessuale e le loro attività a favore dei diritti degli omosessuali.

Ma è naturalmente impossibile comunicare sempre nell’anonimato e stare attenti a ogni passo. Così le piattaforme di incontri LGBTQ possono trasformarsi in trappole. Tra i siti più noti di questo genere (la maggior parte consente di scaricare l’app sullo smartphone) citiamo Grindr e – più specifiche nell’area africana – Boyahoy (utilizzata soprattutto in Nigeria ed Egitto) o Planet Romeo (più popolare in Kenya).

È proprio frequentando questi siti o app che ci si può ritrovare nei guai. In Nigeria, nota per le frodi on line, prendere di mira un appartenente alla comunità LGBTI, è ormai esercizio comune. Se prima erano soprattutto le donne – soprattutto quelle occidentali –  ad essere oggetto delle cosiddette romance scam, ora sembrano i gay i più vulnerabili.

Lo ha raccontato recentemente  una breve inchiesta di African Arguments che si sofferma sulla Nigeria citando casi di estorsioni (in cambio del silenzio) e abusi. Agli appuntamenti, fissati su siti di incontro, capita che si faccia  trovare più di una persona, una gang, pronta a bastonare il malcapitato o magari a fotografarlo in atteggiamenti incontrovertibili per usare poi le prove in cambio di denaro. L’articolo cita anche un lavoro di The Initiative for Equal Rights che pubblica 286 casi di abusi documentati nel 2018 solo in Nigeria. Di questi, 70 sono ricatti. In massima parte crimini premeditati e partiti da un contatto su siti di meet up.

Dell’aumento di questa tendenza al ricatto, incrementata con i social e le app, aveva parlato qualche anno fa anche Eric Gitari, a capo della Commissione nazionale per i diritti umani dei gay e delle lesbiche in Kenya. E sempre dal Kenya AfroQueer Podcast racconta la vita, gli ostacoli, le lotte della comunità LGBTI in Africa e nella diaspora. Non mancano, appunto, gli episodi di racket che spesso formano spirali da cui non sembra esserci via d’uscita.

Più della metà dei Paesi dell’Africa sub-sahariana hanno leggi che criminalizzano i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso e alcuni mantengono la pena di morte, soprattutto quelli che si rifanno alla sharia: Mauritania, Sudan, Nord della Nigeria anche se non viene applicata da tempo. E sebbene ci siano Paesi dove l’omosessualità risulta legale sulla carta, la riprovazione sociale rimane spesso così forte da far capire che non basta rimuovere le norme e le punizioni per modificare atteggiamenti e modi di pensare.

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