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Khartoum, in una biblioteca all’aperto i libri negati da al-Bashir

Monday Charles, 8, plays inside her new school, Queen's Nursery and Primary School, located inside the Weapons Free Zone to the East of the United Nations Mission in South Sudan (UNMISS) base in Juba on Monday, Feb. 5, 2018. Many of the children have been out of school since July 2016 when clashes erupted between government and opposition forces in Juba. The school will officially begin holding classes on Tuesday with 51 registered students.

Tra i polverosi scaffali delle librerie di Khartoum si aggirano dei fantasmi silenziosi.
Sono i fantasmi dei libri proibiti del Sudan, quelli che avrebbero voluto sussurrare al suo popolo delle atrocità del Darfur, ma anche raccontare le grandi rivoluzioni avvenute nel mondo e le falle del governo sudanese. Sono i fantasmi di tutti quei libri che durante la dittatura di al-Bashir non sono mai stati messi in circolazione, e che non hanno mai raggiunto le case della gente.

Una scuola in Darfur. Immagine ripresa da Flickr/Albert González Farran in licenza CC

Era solo lo scorso ottobre quando “Their Story is My Story, Women and Religion”, scritto dalla femminista Nahid El Hasan, venne confiscato nel bel mezzo della Fiera Internazionale del Libro di Khartoum.
Sono tanti i viaggiatori che negli anni, arrivando all’aeroporto della capitale sudanese, si sono visti sottoporre a stretti controlli da parte del personale di sicurezza, che come squali affamati ricercavano nei loro bagagli qualsiasi traccia di libro proibito.
Omar al-Bashir voleva un popolo ignorante e disinformato: come molti altri dittatori, aveva capito che un Governo può controllare quasi tutto – tranne le idee. E se non può controllare le idee, può almeno controllare ciò che le genera: i libri, il sistema educativo, Internet.

Secondo un rapporto di Freedom on the Net del 2018, non solo la crescente crisi economica degli ultimi anni ha reso l’accesso a Internet sempre più costoso, ma il Governo ha anche cercato di controllarne i contenuti, bloccando la diffusione di notizie scomode e promuovendo la circolazione di notizie false. Molti dei giornalisti e degli attivisti coinvolti nell’organizzazione di proteste su Facebook e Whatsapp sono stati interrogati ed arrestati.

Dall’altra parte, la storia del sistema scolastico sotto al-Bashir è quello di una nave che affonda e fa acqua da tutte le parti, con un’istruzione che si proclama gratuita, ma in cui ai genitori, che di solito vivono in condizioni di estrema povertà, è poi richiesto di farsi carico dei costi di libri, tasse di iscrizione, esami ed uniformi scolastiche. Spesso c’è difficoltà a dare ai figli persino un po’ di cibo per colazione, e i bambini finiscono con l’andare a scuola molto affamati. Ed è così che le famiglie si ritrovano davanti a due strade: non mandare i figli a scuola, oppure scegliere quali figli mandare e quali no. Inevitabilmente, i prediletti sono sempre i maschi, essendo in Sudan credenza diffusa che la donna debba aspirare solo ad occuparsi delle faccende di casa.

Secondo un rapporto dell’UNICEF, infatti, il 49% delle figlie femmine non ha avuto accesso nemmeno alle scuole elementari. Il risultato è un Paese in cui troppe donne si ritrovano imprigionate all’interno della propria realtà domestica, incapaci di leggere o scrivere.

Una donna in Sudan porta le sue coperte sulla testa. Immagine ripresa da Flickr/Albert González Farran in licenza CC

Ma la risposta del popolo è arrivata forte e chiara.
Non solo dal dicembre scorso gruppi di ribelli, spesso guidati da donne, hanno iniziato a servirsi delle VPN e a creare gruppi su Facebook e Whatsapp per coordinare le rivolte. Non solo il popolo è riuscito in pochi giorni a spodestare ben due tiranni, ispirando il mondo intero: prima il dittatore che li controllava da quasi trent’anni, e poi ancora il capo militare Ibn Auf che si è proposto per guidare il Sudan durante questa fase di transizione. A lui il popolo sudanese ha risposto di farsi da parte, accusandolo di essere della stessa pasta di al-Bashir. E non è finita qui. Oggi tra le strade di Khartoum è stata rimessa in circolo una nuova e potente arma per combattere, un’arma infallibile: quella della conoscenza.

Tra la folla di gente scesa a protestare tra le strade di Khartoum c’è anche Abdirahman Moalim.
Moalim lavora alla Modern Kabo Library da quattordici anni, e nel mese di aprile ha capito di poter fare qualcosa per la sua gente. “Ho notato che tra i ragazzi scesi scesi in piazza ci sono tantissimi giovani, e ho visto che cercano sempre informazioni sui loro cellulari. Così ho pensato: potrei dargli dei libri, cosicché possano leggere e protestare allo stesso tempo.”

Una scuola elementare nel Darfur. Immagine ripresa da Flickr/Albert González Farran in licenza CC

Ed è così che Moalim ha creato una vera e propria biblioteca a cielo aperto tra le strade di Khartoum, dove migliaia di libri proibiti giacciono indisturbati sull’asfalto, aspettando solo che qualcuno li legga – gli stessi libri che durante il regime di al-Bashir erano introvabili. Moalim si è improvvisato bibliotecario, rimanendo sul posto anche fino a mezzanotte.

“Sono qui a leggere da tre ore e non so per quanto altro tempo rimarrò”, ha dichiarato un insegnante di ventisette anni, tenendo in mano una preziosissima copia di Long Walk to Freedom, di Nelson Mandela.
Ho comprato un libro sul conflitto del Darfur. Lo cercavo da così tanti anni. Quando l’ho visto, ho detto a Moalim che non sarei andato via senza quel libro”, ha detto un uomo vicino alla biblioteca.

Omar al-Bashir voleva un popolo ignorante e disinformato – ma i libri sull’asfalto di Khartoum cambiano le carte in tavola. Il popolo sudanese oggi sta tornando a nutrirsi della linfa vitale che per tanti anni gli è stata negata: il diritto di imparare, educarsi, pensare.

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