Messico: forza, paure e ribellioni dietro il movimento #MeToo
[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Deborah Shaw pubblicato su The Conversation]
La campagna globale #MeToo sembrava essere passata inosservata in Messico, almeno fino a poco tempo fa. Il Paese era stato teatro di altre campagne, come quella dall’hashtag #MiPrimerAcoso [“LaMiaPrimaViolenza”], o di altri singoli casi come le accuse di stupro mosse dall’attrice Karla Souza contro un regista messicano anonimo. Ma questi episodi, invece di risultare in veri e propri movimenti, hanno dato vita a mormorii culturali non capaci di raggiungere le dimensioni della campagna #MeToo diffusasi in Francia, in Italia e persino nel mondo arabo attraverso il grido di altri hashtag di denuncia simili, come #BalanceTonPorc, #QuellaVoltaChe, #AnaKaman, e #MeTooIndia.
Ciò non significa che le molestie, gli abusi e, in generale, la violenza contro le donne in Messico siano meno gravi. Come dimostrano infatti i risultati di un recente sondaggio condotto dal collettivo Periodistas Unidas Mexicanas [Giornaliste Messicane Unite], la violenza sessuale sul posto di lavoro è un fenomeno diffuso in tutto il Paese. L’indagine ha rivelato che su 392 giornaliste, il 73% è stata vittima di abusi sessuali e nel 63% dei casi l’aggressore era il collega maschio.
La precedente incapacità di costituire anche in Messico un movimento simile al #MeToo era in gran parte dovuta alla paura delle accusatrici di ritorsione da parte degli aggressori, in un Paese che tende a proteggere questi ultimi a discapito delle vittime. Il direttore editoriale di El Economista, Luis Miguel González, attribuisce questa inerzia alle preoccupazioni in materia di costi finanziari, danni alla reputazione oppure indifferenza per la sofferenza delle vittime. Eppure, di recente, la situazione è cambiata radicalmente con un’ondata di campagne via Twitter in tutti i settori culturali.
La campagna messicana #MeToo è iniziata lo scorso 21 marzo con il tweet della commentatrice politica Ana G. González (@anag-g) che accusava un noto giornalista di aver aggredito fisicamente “una lunga lista di donne”. Il tweet è stato presto seguito dall’apertura di un account @MeTooEscritoresMexicanos (#MeToo scrittori messicani), sostenuto dai due slogan “No estás sola” (Non sei sola) e “Yo te creo” (Io ti credo).
Ciò ha dato il via a una diffusione di account dall’hashtag #MeToo in diversi settori del mondo professionale come cinema, letteratura, giornalismo, università, sport, musica, teatro, diritto e politica e alla creazione di un movimento di donne, impiegate nell’industria editoriale, che attraverso l’hashtag #MujeresJuntasMarabunta hanno fatto appello ad azioni più specifiche per la parità dei diritti.
Ora il Messico trattiene il respiro mentre continuano a emergere altri tweet con nuove accuse nei confronti di uomini potenti e qualcuno ci ha già rimesso il posto di lavoro. Il direttore operativo dell’importante quotidiano di Città del Messico, Reforma, è stato licenziato in seguito ad accuse di violenza sessuale. Tre giornalisti impiegati ai notiziari locali Chilango e Máspormás sono stati sospesi mentre sono in corso le indagini.
Accuse anonime
Il Paese aveva chiaramente bisogno di un proprio movimento #MeToo, ma per farlo doveva trovare un modo per proteggere le donne. A rendere unico il fenomeno messicano è proprio il lavoro di questi account anonimi, e specifici di un settore, che offrono protezione alle vittime. Ad esempio, nell’account di #MeTooEscritoresMexicanos, si legge: “Se hai paura di identificare il tuo aggressore, inviaci un messaggio anonimo con la tua storia e il suo nome.”
Tale anonimato ha permesso alle donne di parlare apertamente, proteggendo al tempo stesso la propria identità. Ma la mancanza di controlli giudiziari e il fatto di proteggere la figura dell’accusatore (e non dell’accusato) hanno sollevato critiche.
Le critiche sono aumentate ancora di più dopo episodi come il suicidio del musicista rock messicano Armando Vega Gil avvenuto lo scorso 1 aprile. Una donna l’aveva accusato in un post anonimo di aver abusato sessualmente di lei quando aveva tredici anni. Prima di suicidarsi, in una lettera d’addio, l’artista ha scritto che un atto simile doveva essere interpretato come una dichiarazione della propria innocenza prima che la vita di suo figlio fosse macchiata per sempre.
Squilibrio di poteri
A questo proposito, l’account Twitter MeTooHombres (in inglese @MeTooMenPower, account ora sospeso) esprime tutta la preoccupazione di alcuni uomini circa le potenziali conseguenze negative causate da questo flusso di denunce anonime. L’amministratore dell’account, sotto il nome di Dante, si è scagliato contro l’anonimato del movimento messicano #MeToo criticando la mentalità da linciaggio che caratterizza queste campagne sui social network.
Sebbene nel tweet appuntato in cima al feed si legga che non si tratta di un sito contro le donne, quanto di uno spazio per gli uomini, l’uso della parola “potere” nel nome del profilo ci suggerisce che per alcuni non è altro che una guerra di genere. L’affermazione di tali concetti tradizionalisti sulla mascolinità metterà sicuramente a disagio tante donne alla ricerca di cambiamenti culturali.
Le donne si stanno rivolgendo a Twitter per denunciare i propri aggressori proprio a causa dell’incapacità da parte del sistema legale e di altre istituzioni di offrire loro protezione e giustizia. In una mia intervista, ad esempio, la celebre critica cinematografica Fernanda Solórzano ha riassunto così questo dibattito:
La mancanza di un sistema legale che possa affrontare con efficienza e con giudizio le accuse di aggressione e violenza ha fatto sì, da un lato, che questi forum di accuse anonime fossero gli unici spazi per le donne in cui trovare sostegno da parte di una comunità. Dall’altro, l’anonimato ha spaccato in due una società che dovrebbe impegnarsi collettivamente per far fronte ai suoi problemi educativi e sociali profondamente radicati.
Nonostante gli svantaggi caratteristici delle campagne anonime su Twitter, il movimento messicano #MeToo sta scuotendo, in tutte le sue molteplici forme, la vita culturale nel Paese. Alle donne e alle ragazze è stato dato uno spazio per potersi esprimere liberamente, e così sarà più probabile che i singoli uomini controlleranno il proprio comportamento (dal sessismo quotidiano fino alle aggressioni violente e agli stupri). È così che cambiano le culture nell’era digitale.