21 Novembre 2024

Femminicidi, una donna in Messico mappa e ricostruisce i casi

[Traduzione a cura di Elena Intra dall’articolo originale di Bérengère Sim pubblicato su OpenDemocracy]

Ogni volta che María Salguero, 40 anni, ha un momento per sé stessa, passa in rassegna i suoi Google Alert e le notizie locali in Messico per cercare segnalazioni riguardanti femminicidi.

Questo insolito “passatempo” è iniziato nel 2016 quando Salguero, attivista per i diritti umani e ingegnere geofisico di formazione, ha deciso di costruire una mappa per rintracciare i casi di femminicidio e colmare così le lacune lasciate dai dati ufficiali.

Il femminicidio è l’uccisione deliberata di una donna o di una ragazza per motivi basati sul genere. UN Women, l’organizzazione per la parità di genere delle Nazioni Unite, sottolinea che questi omicidi legati al genere possono seguire altri atti violenti tra i quali l’abuso domestico, e descrive il contesto in America Latina come caratterizzato da “un’alta tolleranza” nei confronti di tali attacchi, definiti “normalizzati”.

In un caffè nel centro di Città del Messico all’inizio di quest’anno, Salguero mi ha raccontato che “aveva già lavorato a una mappa di persone scomparse [in Messico]“, riferendosi alle decine di migliaia di donne, uomini e bambini scomparsi nel Paese che si ritiene siano stati rapiti e probabilmente torturati o uccisi. Nel 2018, i dati del Governo hanno contato oltre 37.000 “desaparecidos”.

Mentre stava lavorando a questa mappa – racconta – “aveva notato che c’erano sempre più articoli su donne che venivano uccise“. Nello stesso periodo inoltre, alcuni suoi amici giornalisti le avevano riferito di avere difficoltà a quantificare e rintracciare il numero di femminicidi.

Costruire un database non è poi così difficile, nemmeno georeferenziare, ho detto loro… Ne inizio uno mio“, ha spiegato la donna. Negli ultimi due anni, il suo lavoro ha avuto un impatto significativo. Ad esempio, i media messicani hanno citato i suoi dati, ed è stata invitata negli Stati di Quintana Roo, Michoacán e Zacatecas per presentare i risultati del suo lavoro ai Governi locali.

Recentemente El Universal, uno dei più importanti quotidiani nazionali messicani, ha descritto il progetto di Salguero come “una fonte importante di consultazione in contrasto con le cifre ufficiali, che cercano di minimizzare il problema degli omicidi basati sul genere”.

Progetti come questi, basati sull’aggregazione di notizie, sono “così importanti“, ha aggiunto Carolina Torreblanca, direttrice dell’analisi dei dati presso il gruppo della società civile Data Cívica, a Città del Messico, perché “forniscono un contesto attorno al femminicidio che i dati ufficiali invece non danno“.

Salguero mi ha mostrato la  sua mappa contrassegnata da codici a colore, le informazioni che raccoglie e come classifica i casi. Passando il mouse su diverse città e regioni del Messico si visualizzano cerchi rossi di varie dimensioni che indicano quanti casi di femminicidio sono stati registrati.

La mappa di María Salguero. Screenshot del 18 dicembre 2018

Quando aggiorna la mappa, aggiunge il maggior numero di dettagli possibile. Ove possibile, collega i casi sulla mappa a profili comprendenti i nomi delle vittime (se disponibili), la loro età, il modo in cui sono state uccise e da chi. Include anche collegamenti ad articoli dei media locali.

Quando questa informazione è disponibile, descrive anche la scena del crimine (dove è stato trovato il corpo della vittima) e se il femminicidio ha lasciato bambini orfani.

Finora Salguero ha registrato e mappato oltre 6.000 casi di femminicidio a partire dal 2011. In 27 casi, le autorità non sono state in grado di stabilire l’identità della donna, mentre in 70 casi, la vittima era una trans.

In uno dei casi caricati sulla mappa, il 18 luglio 2018 è stato trovato il corpo di una donna che galleggiava in un serbatoio di acqua nello Stato di Guanajuato, nel Messico centrale. La donna di 30 anni, identificata nei resoconti dei media solo dal nome di battesimo, María Guadalupe, era stata colpita con arma da fuoco e trovata da un pastore che aveva allertato la polizia.

I vari filtri che Salguero ha creato per classificare i casi sulla sua mappa riflettono le realtà oscure del femminicidio in Messico e l’impunità in generale. Sotto la categoria “status della persona che ha commesso il femminicidio”, ha registrato condanne in soli 128 casi. All’inizio di dicembre 2018, più di 4.000 assassini sono stati indicati come fuggitivi.

Mappa dei resposanbili di femminicidi registrati come fuggitivi. Screenshot del 18 dicembre 2018

A ottobre, i messicani sono rimasti scioccati di fronte alla notizia di una coppia che ha ammesso di aver assassinato più di 20 donne a Ecatepec, un sobborgo a Nord-Est di Città del Messico (il comune più pericoloso per le donne nel Paese). Questo caso ha catapultato di nuovo il tema del femminicidio sotto i riflettori nazionali, con la stampa locale che ha soprannominato i colpevoli “i mostri di Ecatepec“.

I pochi dati internazionali che esistono sui femminicidi suggeriscono che sono dilaganti in America Latina e nei Caraibi, con la regione che conta 14 dei 25 Paesi con i tassi più alti stimati di questi omicidi.

Secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite pubblicati lo scorso novembre, si ritiene che ogni giorno in Messico in media vengano uccise nove donne.

Il Codice Penale messicano fa specifico riferimento ai femminicidi, definendo il crimine come quello “che priva una donna della sua vita per ragioni di genere“, tra le prove figurano i segni di violenza sessuale, lesioni “degradanti” e precedenti di violenza a casa, al lavoro o a scuola.

Ma ci sono lacune significative nei dati ufficiali su questi omicidi legati al genere e le informazioni raccolte da Salguero evidenziano proprio queste carenze.

Mi ha fatto un esempio: Quéretaro, uno Stato conservatore nel Messico centrale, registra uno dei più bassi tassi di femminicidio nel Paese secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica. Quest’anno, in quella regione non è stato registrato ufficialmente nessun femminicidio – mentre Salguero ha trovato e registrato almeno cinque casi.

Torreblanca, direttrice dell’analisi dei dati di Data Cívica, ha recentemente pubblicato un articolo su come viene contato e analizzato il femminicidio in Messico avvertendo sulla necessità di riconoscere i problemi legati ai dati che circolano.

I dati prodotti da progetti come quelli di Salguero, che si basano su notizie, non riflettono il numero esatto di femminicidi, ma piuttosto “la probabilità che un femminicidio venga riportato sulla stampa“, mi ha spiegato Torreblanca. E questo può dipendere da molti fattori, ad esempio: dove si è verificato il crimine, se la donna è indigena oppure se è bianca di classe medio alta.

Nel frattempo, ha aggiunto, anche i dati ufficiali delle autorità sui casi che vengono considerati femminicidi vengono prodotti in modo “opaco.

Ciò che è considerato un femminicidio differisce tra i vari Stati ed è cambiato nel tempo. Ciò che le autorità consideravano un femminicidio nel 2015 potrebbe non essere lo stesso di quello che considerano nel 2018. “Ciò rende difficile misurare quanto il fenomeno si sia evoluto utilizzando dati ufficiali“, ha spiegato.

“Aveva solo 11 anni”. Basta femminicidi. Foto Cuartoscuro

Molti casi perseguitano María Salguero. Per esempio quello dell’undicenne Valeria che, l’8 giugno 2017 non è scesa dall’autobus alla fermata dove suo padre la stava aspettando, in una strada di Nezahualcóyotl, a Est di Città del Messico.

Di solito prendeva Valeria da scuola e tornavano a casa insieme in bici. Quel giorno però pioveva e l’hanno mandata in autobus con le istruzioni precise su quando scendere. Il suo corpo è stato trovato il giorno successivo nel sedile del passeggero dell’autobus. Era stata aggredita sessualmente e poi uccisa.

Salguero rabbrividisce nel ricordare il caso di Valeria. “Le ragazze sono così vulnerabili“, ha detto. Leggere di questo femminicidio “è stato molto inquietante“.

Lavorare su un tema così violento è difficile, continua Salguero, aggiungendo che quando le cose diventano troppo insopportabili, salta in sella alla sua bicicletta e attraversa la città.”Mi aiuta a non impazzire“, ammette.

Elena Intra

Laureata in Lingue e successivamente in Giurisprudenza, lavora come traduttrice freelance da dieci anni. Appassionata in particolare di diritti delle donne e tematiche ambientali, spera attraverso il suo lavoro di aiutare a diffondere conoscenza su questi argomenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *